Quando si pensa alle ragioni della formidabile potenza economica e militare dell’impero romano, di solito se ne attribuisce il merito all’immensa rete stradale e all’invincibile forza del suo esercito. Perfino la cinematografia ci ha messo lo zampino: dai peplum degli anni Cinquanta al più recente Il gladiatore, il simbolo della supremazia romana è la legione, massimo modello antico di efficienza bellica. In effetti, agli albori della propria storia, Roma basò la sua strategia di potere sull’esercito e sul programmatico espansionismo a discapito dei vicini popoli italici. Ben presto, tuttavia, la nascente potenza si trovò a dover fare i conti con
Cartagine, che deteneva il controllo dell’intero Mediterraneo ed era a capo di un fiorente impero commerciale. Lo scontro era inevitabile, ma Roma non possedeva una vera e propria marina e per i commerci via mare si affidava ancora per lo più ai greci e agli etruschi.
All’inizio della Prima guerra punica, divampata nel 264 a.C., i romani si trovarono a mal partito poiché non avevano alcuna esperienza di guerra navale, mentre i cartaginesi, eredi delle tradizioni marinare fenicie e greche, disponevano di un gran numero di vascelli di eccellente qualità. Roma mancava della tecnologia appropriata e quindi dovette allestire in fretta e furia una flotta basandosi sulle unità cartaginesi catturate. Per compensare la mancanza di esperienza, Roma sviluppò una forma di scontro che permetteva di sfruttare le tattiche di combattimento terrestri nelle quali era maestra. Le navi romane furono infatti equipaggiate con uno speciale congegno d’abbordaggio, il Corvo, che agganciava le navi nemiche e permetteva alla fanteria di assaltarle e combattere quasi come sulla terraferma. In breve Roma raggiunse la supremazia anche in campo navale, soprattutto perché non si limitò a copiare i modelli avversari, ma iniziò a progettarne di propri ancora più efficienti. Quando le tecniche di ingaggio, che essenzialmente consistevano nello speronare sul fianco la nave nemica allo scopo di affondarla, vennero apprese, che l’impiego del corvo fu gradualmente abbandonato.
Dopo tre sanguinosissimi conflitti, sconfitta definitivamente Cartagine nel 146 a.C., Roma aveva capito bene la lezione: ai fini della sua egemonia, il primato in terra andava affiancato a quello sul mare. Dotatasi di una flotta militare tecnicamente all’avanguardia e numericamente imponente, di stanza a Miseno, trasformò il Mediterraneo in un proprio esclusivo possedimento, tanto da definirlo Mare Nostrum. La flotta romana (classis) tornò a essere protagonista delle vicende belliche nel I secolo a.C., quando Gneo Pompeo sbaragliò i pirati che infestavano le coste del Mediterraneo orientale e, poi, durante le guerre civili, che portarono all’istituzione dell’Impero da parte di Ottaviano Augusto, turbolenta fase storica culminata con la battaglia navale di Azio. Da quel momento in poi, in assenza di nemici marittimi, il ruolo della marina fu ridotto al semplice pattugliamento, con lo scopo di tutelare i commerci e i trasporti tra la miriade di porti che costellavano le coste del Mediterraneo. Solo ai confini dell’Impero le flotte romane continuarono a essere impiegate in guerra, per lo più come supporto per ulteriori conquiste territoriali, come nel caso delle campagne in Britannia e in Germania.
Le navi da battaglia romane, più lunghe e snelle di quelle da trasporto dette onerarie, si muovevano a remi per raggiungere maggiore velocità e rapidità di manovra; solo alcuni tipi erano dotati anche di vele e venivano impiegate per la navigazione di trasferimento da un porto all’altro. Erano più larghe dell’usuale e pescavano poco, in modo da consentire, negli sbarchi in terra nemica, di avvicinarsi molto alla riva. A poppa era situata la cabina del comandante e dei suoi aiutanti, mentre alle sue spalle si levava una torretta più alta della prua, che fungeva da coffa e da postazione di tiro per gli arcieri. Questa struttura veniva di solito installata solo prima della battaglia e la sua colorazione indicava a quale flotta o reparto appartenesse la nave. Sul ponte erano sistemate diverse armi da lancio, come baliste e onagri. Per impedire alle onde più alte di penetrare nello scafo, le scalmiere, ossia i fori di uscita dei remi, erano protette da manicotti di cuoio ingrassato. Sebbene il modello oggi più ricordato sia la trireme, così detta perché disponeva di tre file di rematori, la flotta romana annoverava tipi diversi di imbarcazioni, ognuna con compiti specifici e di dimensioni molto variabili. Vi erano dunque la bireme, la quadrireme, la quinquireme, la esareme (usata come nave ammiraglia, per trasportare lo stato maggiore della flotta), l’enorme deceris o decireme, di cui in verità poco è noto. Tra le navi ausiliarie figuravano le onerarie adibite alla logistica, le celoci per assicurare i collegamenti, le actuarie per il trasporto truppe, le ippagoghe per il trasporto dei cavalli e le speculatorie, piccole, snelle e assai veloci, per le esplorazioni anche fluviali.
Indicativamente, una trireme misurava 40 metri di lunghezza, 6 di larghezza e la sua stazza era compresa tra le 240 e le 250 tonnellate. L’equipaggio era di circa 200 uomini, per lo più rematori, mentre solo una trentina di essi costituivano il manipolo di assaltatori preposti all’arrembaggio; gli ufficiali e i sottoufficiali ammontavano a una quindicina. I marinai della flotta romana provenivano da ogni angolo dell’Impero; i loro comandanti ne conoscevano le qualità anche a seconda della provenienza e li impiegavano di conseguenza. Pare che i libici sapessero combattere in condizioni molto disagiate, i germani eccellessero nel corpo a corpo, i bitini fossero molto abili nella manovra delle vele. Equipaggi multirazziali per l’impero più cosmopolita della storia, retto non col terrore, ma con la disciplina e il diritto.
Testo di Fabio Bourbon, pubblicato sul numero 82 di Arte Navale. Su gentile concessione della rivista Arte Navale. Le immagini sono pubblicate su gentile concessione della rivista Arte Navale. E’ fatto divieto per chiunque di riprodurre da mareonline.it qualsiasi immagine se non previa autorizzazione direttamente espressa dall’autore delle immagini al quale spettano tutte le facoltà accordate dalla legge sul diritto d’autore, quali i diritti di utilizzazione economica e quelli morali.
pubblicato il 12 Ottobre 2014 da admin | in Storie | tag: Cartagine, corvo, Guerre puniche, navi romane, Roma, trireme | commenti: 0