Oggi i vichinghi sono in genere ricordati per le loro razzie, che portarono il terrore nell’Europa cristiana tra l’VIII e il IX secolo, quando erano semplicemente noti come Uomini del Nord. Riuniti in clan familiari, abitavano i fiordi della Norvegia, della Svezia e della Danimarca, da dove lanciavano le loro fulminee incursioni, sempre più micidiali tanto che, nel 885, settecento navi risalirono la Senna e cinsero d’assedio Parigi. Tuttavia i Vichinghi erano, oltre che ottimi navigatori e guerrieri, anche coltivatori e allevatori, ma soprattutto abili mercanti, a tal punto che dopo il IX secolo le incursioni dei primordi si trasformarono via via in assidue rotte commerciali, in stabili basi mercantili e in floride colonie. L’espansione vichinga si diramò in tutte le direzioni, lungo rotte acquatiche che arrivarono fino alla Russia e al Mar Caspio, al Bosforo, alla remota Bagdad e in Persia. Sono però i loro spostamenti nel Grande Nord a costituirne le imprese più leggendarie e, oggettivamente, degne d’ammirazione.
Un’antica saga, l’Islendingabok, narra che alcuni vichinghi sbarcarono in Islanda nell’861; la chiamarono Island, la Terra del ghiaccio,
e ben presto vi si insediarono, sfruttando gli approdi naturali lungo le coste; nei decenni successivi numerosi gruppi familiari si trasferirono dalla Norvegia alla nuova terra, iniziandone una massiccia colonizzazione che, malauguratamente, a lungo termine portò alla completa deforestazione dell’isola. Nel 980 circa un turbolento capoclan locale, il celebre Eirik il Rosso, venne esiliato con l’accusa di omicidio: assieme alla famiglia, ai propri schiavi e a un manipolo di fedelissimi fece rotta verso nord-ovest, ove si diceva vi fosse una grande terra inesplorata.
Eirik e i suoi sbarcarono in Groenlandia, presto chiamata Grønland (Terra Verde). All’epoca, in effetti, doveva apparire ben diversa da oggi.Favoriti dal generale innalzamento delle temperature del cosiddetto periodo caldo medievale, gli immigrati islandesi colonizzarono in breve la punta meridionale dell’immensa isola, fondandovi alcune città costiere. La nuova terra era vastissima e per sfruttarne appieno le risorse Eirik giunse a dividere il territorio in due parti: la colonia occidentale (Vestribyggd) e quella orientale (Eystribyggd). Nell’entroterra dei fiordi i coloni disponevano di ampi pascoli per il bestiame e di campi per i cereali, ma l’economia locale si basava soprattutto sul commercio di merci preziose come i denti di narvalo e di tricheco, le pelli di foca e le pellicce d’orso, scambiate con manufatti metallici, grano, legname e sale provenienti dalla madrepatria. L’antico testo del Landanamabok parla di traffici intensi e regolari, nonostante le frequenti burrasche e le nebbie ostinate, e riferisce di distanze coperte in tempi sorprendentemente brevi: sette giorni dalla Norvegia all’Islanda orientale, due giorni e due notti dall’Islanda occidentale alle coste groenlandesi più vicine, dodici giorni dalla città norvegese di Bergen a Capo Farewell, propaggine meridionale della Groenlandia. In effetti, pochi anni fa i membri di un progetto sperimentale danese, il Viking Ship Sea Stallion, dimostrarono che le navi vichinghe possedevano eccezionali qualità nautiche. La Sea Stallion (Havhingsten) é la perfetta replica di una delle imbarcazioni scoperte nel 1962 nei pressi di Roskilde, in Danimarca, oggi esposte nel locale museo.
Per la precisione, è la riproduzione della nave nota come Skuldelev-2, che le indagini archeologiche hanno provato esser stata costruita in Irlanda attorno al 1042: lunga 30 metri e larga 3,80, dotata di un pescaggio di un metro e costruita in legno di quercia, era spinta da una grande vela quadrata oppure da 60 paia di remi. Raggiungeva una velocità media di 8 nodi e una massima di 17. Nel 2007 la Sea Stallion navigò a scopo dimostrativo da Roskilde alle coste della Norvegia in 36 ore, coprendo ben 240 miglia nautiche; in altri 10 giorni raggiunse Dublino, in Irlanda. L’anno successivo, partì dal porto irlandese di Wicklow con 56 membri di equipaggio e, dopo aver sfidato onde alte oltre tre metri, raggiunse la Manica e la rada di Portsmouth due giorni più tardi. Quindi ritornò a Roskilde. L’esperimento si rivelò un pieno successo, sebbene assai stancante per gli ardimentosi volontari. Gli antichi vichinghi evidentemente erano dotati di maggior resistenza fisica e di una coraggiosa spavalderia che oggi suscitano ammirazione. Non deve quindi stupire se nel 985, ben quattro secoli prima di Colombo, fu proprio un vichingo il primo europeo a metter piede nel Nuovo Mondo.
Si trattava di Leif Eirikson, figlio di Eirik il Rosso, che, per procurarsi del legname, aveva deciso di verificare il resoconto di un giovane, tal Bjorn, il quale, appena ventenne, era partito dall’Islanda per raggiungere la famiglia e la nuova colonia fondata da Eirik; incappato in una fitta nebbia e trascinato da una forte corrente (oggi nota come Corrente della Groenlandia orientale), era stato spinto molto a ovest e infine aveva avvistato una costa collinosa, coperta da foreste. Era un lembo della futura America, ma Bjorn aveva continuato a veleggiare verso nord, fino ad avvistare una seconda terra più pianeggiante e verde, e infine una terza, coperta dai ghiacci: dal Labrador l’intrepido ragazzo era risalito fino alla Terra di Baffin, da dove un vento provvidenziale lo aveva infine spinto verso la Groenlandia. Leif organizzò quindi una spedizione e seguì al contrario la rotta fatta da Bjorn: sbarcò dapprima su un’isola ostile che chiamò Helluland (Terra Piatta, oggi Terra di Baffin), quindi su una costa sabbiosa che battezzò Markland (Terra della Foresta, oggi Labrador) e infine su un’isola verdeggiante che, per la presenza di viti selvatiche, gli suggerì il nome di Vinland, (ossia Terra del Vino, oggi Terranova). Qui costruì una casa, la prima abitazione europea nelle Americhe. Leif e i suoi tornarono poi in Groenlandia, carichi di legname, di vitigni e di speranze. In breve tempo furono organizzate altre spedizioni, tutte descritte nella Eirik Saga Rauda (la Saga di Erik il Rosso) e nella Groenlendiga Saga (la Saga Groenlandese). Qui si narra, tra l’altro, del drammatico incontro con gli autoctoni del Labrador, probabilmente indiani Algonghini, che ben presto si trasformò in una serie di estenuanti scontri, con perdite da entrambe le parti.
Il numero degli insediamenti tuttavia aumentava, e per un attimo parve che la conquista vichinga del Nuovo Mondo fosse iniziata; tuttavia, l’ostilità dei nativi, la difficoltà di approvvigionamento e la saltuarietà dei contatti con i porti groenlandesi (oltre a probabili conflitti interni), portarono nel volgere di qualche anno al fallimento dell’impresa. Numerose evidenze, archeologiche, documentali e letterarie, hanno ormai confermato la presenza in terra americana dei vichinghi, che si stabilirono in più punti approdi e insediamenti commerciali: quello più noto e studiato si trova a L’Anse aux Meadows, nella parte più settentrionale di Terranova, oggi territorio canadese. Il sito venne scoperto nel 1965 e classificato come Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco nel 1978. Campagne archeologiche durate diversi anni hanno riportato alla luce abitazioni, oggetti e utensili; la colonia era composta da almeno otto lunghe case (dotate di diversi ambienti interni), una chiesa, un’officina dotata di fucina, una segheria e un’area dedicata alla riparazione delle navi. A poca distanza dall’area archeologica è stata ricostruita una fedele replica del villaggio, dove studiosi e volontari sperimentano il probabile modo di vita di un millennio fa, le antiche tecniche costruttive, l’alimentazione e ogni altro aspetto dell’esistenza quotidiana. La presenza vichinga in Groenlandia durò invece cinquecento anni circa, sebbene con alterne fortune; tuttavia, il fatto che nei primi anni del XII secolo Papa Pasquale II avesse nominato il primo vescovo del Grønland, dimostra che la comunità vichinga era numericamente cospicua e basata su un’economia abbastanza florida.
A Hvalsey, nella cosiddetta Colonia Orientale oggi non distante dal villaggio di Qaqortoq, si possono visitare le rovine meglio conservate di tutta l’isola, tra cui spiccano la chiesa in muratura e due grandi edifici anch’essi di pietra. Purtroppo, a partire dal 1350 circa le temperature medie presero a diminuire, fino a un abbassamento medio di oltre quattro gradi in circa ottant’anni: il rapido calo delle temperature innescò una serie di eventi negativi, come l’accorciamento della stagione agricola, la carenza di foraggio per il bestiame e, probabilmente, l’inagibilità degli approdi nella brutta stagione. Alla fine, l’intera comunità vichinga, che doveva assommare a circa 10mila persone, decise di abbandonare per sempre quella terra divenuta tanto ostile. Fu un esodo pacifico e ben pianificato, tant’è vero che gli archeologi hanno trovato pochi reperti nei vari siti: per lo più vasellame e utensili rotti o ormai consumati, oppure oggetti troppo ingombranti, come le panche fatte con le ossa di balena. I dati archeologici e documentali disponibili indicano che alcuni insediamenti occidentali resistettero fino alla metà del XIV secolo, mentre quelli orientali scomparvero agli inizi del XV. L’ultima notizia scritta riguarda un matrimonio celebrato nella chiesa di Hvalsey nel 1408, mentre l’ultimo dei vichinghi di Groenlandia fu visto morire dai marinai europei nel 1540, solo e stremato da una vita condotta in una terra ormai raffreddatasi ed estrema. Fu la fine di un’epopea straordinaria, che meriterebbe di essere studiata più a fondo e, soprattutto, di essere finalmente riportata sui libri di scuola, con buona pace di Cristoforo Colombo.
Testo di Fabio Bourbon pubblicato sul numero 72 di Arte Navale. Su gentile concessione della rivista Arte Navale. Le immagini della Collezione privata George Matthews sono pubblicate su gentile concessione della rivista Arte Navale. E’ fatto divieto per chiunque di riprodurre da mareonline.it qualsiasi immagine se non previa autorizzazione direttamente espressa dall’autore delle immagini al quale spettano tutte le facoltà accordate dalla legge sul diritto d’autore, quali i diritti di utilizzazione economica e quelli morali.
pubblicato il 2 Febbraio 2015 da admin | in Personaggi, Storie | tag: Groenlandia, Leif Eirikson, L’Anse aux Meadows, Sea Stallion | commenti: 0