E’ una bella mattina dell’ultimo sabato di aprile. A Livorno sono i giorni del 25° Trofeo Accademia Navale (Tan). Sulla passerella del Pamadica, ormeggiato al Molo Mediceo, ci viene incontro un ragazzo che indossa un giubbetto rosso con la scritta Istituto nautico San Giorgio Genova. Ci conduce a bordo, mentre l’armatore sbuca in pozzetto e ci fa visitare subito la sua barca.
Nata nel 1990 dalla matita di Carlo Sciarrelli, possiede una splendida coperta in tek e misura 15 metri di lunghezza con un albero di 18 metri a una sola crocetta. Carlo de Thierry, primo e unico proprietario insieme alla sua famiglia, ne va orgoglioso. Lui è un personaggio d’altri tempi, un nobiluomo con il gusto del bello, l’istinto del lupo di mare e la passione per trasmissione il sapere.
Come testimonia il fatto che la sua barca, vincitrice nella sua classe di entrambe le tappe della Tall Ships’ Races Med 2007, è una di quelle (tra le private) che ospita i ragazzi che vogliano fare attività sotto l’egida di Sta-Italia, ovvero la divisione di Sail Training Association che nel nostro Paese è nata nel 1996, senza scopo di lucro, presso lo Yacht Club Italiano, che ne suddivide l’onore e l’onere con la Marina militare italiana. Come suo presidente, Matteo Bruzzo, che fa imbarcare 300 ragazzi all’anno, ribadisce il ruolo principale di questa istituzione: “l’educazione e l’approccio al mare di giovani tra i 16 e i 25 anni, seguiti da armatori dotati di capacità formative in senso ampio”. Le parole chiave sono: divertimento, challenge, avventura, teamwork e amicizia, che si concretizzano nell’acquisire il gusto del mare e del navigare, nel “sentire il gruppo”, il vivere e lavorare insieme.
Uno spirito che si respira profondamente anche sul Pamadica, dove sono imbarcati per qualche giorno quattro allievi del Nautico genovese: Danilo Sacco, il più giovane e curioso; i due cugini originari di Capo Verde, Cruz Flor Amador Danielson Rui e Ramarize Flor Gomez, che tra loro parlano anche portoghese; e infine Simone Pernigotti. Carlo de Thierry li mette all’opera, non appena arrivano Luca Ciomei, presidente dell’AI- DE (Associazione italiana derive d’epoca), sua moglie Laura e il loro amico Giorgio Campora, temporanei ospiti dalla Liguria. Alle 10.30 circa molliamo gli ormeggi in un trionfo di blu, sopra e sotto di noi. Il vento ci assiste: la randa e il genoa ben presto si gonfiano e ci portano fino a nove nodi. Lasciamo il porto danzando, mentre anche i due alberi Raireva e Amore mio si esibiscono ad andature sostenute, per la gioia del nostro obiettivo fotografico. Ricordiamo che i loro rispettivi armatori, gli architetti Matteo Picchio e Lino Tirelli, prestano la loro opera di volontariato a STA-I e hanno allievi alle manovre.
All’appello del gruppo genovese di barche impegnate in tale attività oggi manca soltanto Pandora, che non può uscire in mare. Ci dispiace non ammirare, nello splendore dei suoi 350 metri quadrati di superficie velica, la goletta a gabbiole vincitrice di classe (B) e assoluta delle Tall Ships’ Races Med 2007. Marco De Amici vive su questa replica impostata nel 1991 da Andrey Ahkmeton, un progettista di San Pietroburgo affasci nato dalle unità che solcavano il Baltico alla fine del Settecento. Definendosi un “cane salato”, ci racconta che ai giovani imbarcati lui e il suo secondo, Luca Buffo, parlano di marineria tradizionale, di sea- manship, e fanno vedere Capitani corag-giosi, “in controtendenza con la mentalità corrente, che esalta piuttosto il mondo delle regate delle grandi barche”. Ma torniamo al Pamadica, che veleggia sbandato e veloce, con le onde che bagnano la coperta, intorno al Palinuro. Il profumo del mare e la visione delle vele bianche – in competizione lungo la costa – e persino delle navi mercantili – strisce scure di metallo alla fonda – sono piacevoli. Timoniamo anche noi, provando sensazioni di morbidezza, di delicatezza, di classicità: tre ore scorrono veloci. A terra, poi, visitiamo il villaggio del Tan con i suoi stand, andiamo a trovare gli amici della nave scuola della Marina militare (accompagnati dall’aiutante di bordo, Silvio Carella), scopriamo il mondo delle derive di legno, ci lasciamo introdurre ai progetti di Old Wings per il ripristino di idrovolanti storici, come il Piaggio 136 del 1950.
Il giorno dopo è un altro giorno: il vento è calato e fa freddo. De Thierry non aveva scherzato con la storia della sveglia alle 4 per fare ritorno a Genova. In effetti, alle 4.30 partiamo nel buio e, senza fare rumore, scivoliamo sull’acqua. I ragazzi indossano le cerate colorate. Danilo fa il primo turno di un’ora e mezza al timone, poi tocca a Gomez e quindi a Cruz. Alle 6.36 il sole sorge e getta i suoi raggi sulla barca. Sembriamo gli unici esseri viventi al mondo. Dopo punte a quattro nodi di velocità, rallentiamo fino a due nodi e Carlo decide di procedere a motore. Il fondale è poco profondo. I ragazzi ogni ora fanno il punto nave. A volte commettono errori di logica, altre volte di ingenuità dovuta a poca esperienza, ma hanno un’età “interessante”. In questi frangenti, Carlo riceve conferma che la sua funzione di appassionato del mare e la sua più grande soddisfazione siano quelle di “offrire ai giovani un senso di comando e di guida, che li aiuti a maturare in un ambiente diverso dalla loro quotidianità”. Il tè caldo ci dona nuovamente la parola. Alle 9, dopo aver fatto gasolio nel porto di Viareggio, prendiamo anche noi il timone e traguardiamo l’isola del Tino. Procediamo a vela e a motore. Abbiamo “vento sul naso”.
Alle 12.15 siamo al traverso dell’isola Palmaria. Il tempo è coperto e il freddo è quasi fastidioso. Carlo insegna a tutti a fare l’impiombatura a una cima. Non è per niente facile, e lui continua a ripetere di usare “garbo”. Occorrono forbici, nastri adesivi, accendini, fili cerati e un po’ di pazienza. Capiamo l’ammiraglio Aldo Gallo, che coordina gli scambi di imbarchi con ragazzi anche stranieri su barche private, quando dichiara che l’attività della Sta-I non è tanto scuola di vela, quanto “scuola di vita, che richiede attenzione agli altri (le persone) e a ciò che ci circonda (la barca) in un ambiente non comodo”. Appena riusciamo a prendere il vento, raggiungiamo un’andatura di sette nodi. Vediamo Punta Mesco intorno alle 13.30. All’altezza di Camogli, Carlo organizza le manovre per togliere il genoa e poi la randa. La barca, intanto, viene rassettata perfettamente per l’arrivo all’ormeggio dello Yacht Club Italiano, che avviene alle 19.30 di domenica. Wladimiro Iozzi, il preside (illuminato) delI’Istituto Nautico San Giorgio, una scuola in controtendenza con i suoi 940 iscritti, sottolinea il rapporto molto forte che ha stretto con la Sta-I. Gli allievi vengono mandati in mare anche durante l’anno scolastico: ci sono le varie proposte coordinate da Matteo Bruzzo, dalle “settimane azzurre” a bordo del Pandora all’opportunità di navigare sulle navi scuola della Marina Militare, il Vespucci e il Palinuro; gli imbarchi estivi su navi straniere e l’eventuale partecipazione alle Tall Ships’ Races. Questa esperienza “fa crescere i ragazzi e sviluppa in loro abilità trasversali, molto più che le tradizionali lezioni in aula”, sostiene ancora Iozzi, “e, se poi riusciamo a salvare giovani limitati o bulletti di periferia, lo dobbiamo anche e proprio all’attività della Sta-I”. Sicuramente, in base alla nostra esperienza sul campo, ha ragione. Dopo tutto, come si legge a bordo del Pamadica: “Nobody’s perfect – except the Captain”. Info: tel. 010 2543652; fax 010 2516168; info@sta-italia.it
pubblicato il 30 Giugno 2012 da admin | in | tag: Aldo Gallo, Carlo de Thierry, Istituto nautico San Giorgio Genova, Marina militare italiana, Matteo Bruzzo, Palinuro, Pamadica, Sail Training Association, Sta-Italia, Vespucci, Wladimiro Iozzi, Yacht Club Italiano | commenti: 0