Ci sono molti modi per vedere New York. Dall’alto dei suoi grattacieli, certo. O negli scorci infiniti delle sue strade a scacchiera. Nel contrasto tra edifici di differenti epoche. Nel riflesso delle facciate a specchio e nello specchiarsi nelle vetrine della Quinta strada. Nell’affascinante polmone verde di Central Park e negli angosciosi recessi del Bronx. Raramente si considera però New York per quello che è: una città sull’acqua. Manhattan è un’isola. La skyline più celebre della città è quella ripresa dall’Oceano. E poi vorrà dire pure qualcosa la Statua della Libertà affacciata a oriente sull’infinita linea dell’orizzonte Ma è come se la Grande Mela non volesse dare a vedere di saperlo, di accorgersene. «A ben guardare», dice Cristina Borgogna, che di mestiere fa la fotografa,
«è come se la vita di tutti in città, a partire dal milione e mezzo di persone che vivono proprio a Manhattan, fosse implosa verso terra, senza più girarsi a guardare, e a godere, delle sue rive e di quella che è ancora, anche se sembra improprio dirlo, la sua costa».
Non è forse un caso allora che persino il New York Yacht Club, uno dei circoli più esclusivi d’America, abbia sede lontano tanto dall’acqua dolce dell’Hudson quanto da quella salata del mare, e abbia posto la sua sede sulla Quarantaquattresima, tra la Quinta e la Sesta. Eppure il modo migliore per vedere New York tutta intera è quello di salire sulle barche della Circle Line, la società di navigazione che dal 1945, utilizzando sovente ancora naviglio residuo dell’ultima guerra, svela ai visitatori di tutto il mondo questa particolare visione della città, fatta di ponti e di isole minori, di banchine portuali e di luoghi che legano la sua storia al mare. Se la Statua della Libertà è il simbolo per eccellenza dell’intera nazione, è Ellis Island il punto che con più intensità ne testimonia intere pagine di storia.
Qui, dal 1892 al 1954, gli immigrati in arrivo da tutto il mondo, in gran parte italiani, hanno messo per la prima volta piede a terra sul suolo americano, sono stati identificati, visitati, smistati. È su questo lembo di terra circondato dall’acqua, all’interno dei grandi hangar oggi divenuti museo, che venti milioni di persone sono giunte in cerca di una nuova vita, di un futuro diverso. È qui che il sogno della libertà ha incrociato, per realizzarsi, un sistema di accoglienza rigoroso, duro, a volte avvilente ma certamente efficace. È stata in fondo la gente passata per decenni da Ellis Island quella che con la propria energia, capacità e coraggio ha contribuito in modo determinante a costruire tutto ciò che da questa minuscola isola è oggi possibile ammirare. Mentre la nave procede il suo tour, ecco sfilare alcuni di questi simboli. Il Chrysler Building, per esempio: 319 metri di grattacielo dallo stile inconfondibile realizzati nel 1930, un anno dopo il venerdì nero di Wall Street: una sfida alla crisi che aveva messo in ginocchio il Paese. Ed ecco l’Empire State Building, lo Yankee Stadium, la Columbia University, il Palazzo delle Nazioni Unite.
A bordo delle navi della Circle Line si passa sotto le grandi strutture del Brooklyn Bridge, del Manhattan Bridge, del Williamsburg Bridge. In tutto sono sette i grandi ponti sotto cui si transita. Il più famoso per gli italiani (e per tutti gli appassionati della maratona di New York, che proprio da qui prende il via ogni anno) è quello di Verrazzano. Con i suoi due pilastri da 27mila tonnellate l’uno e la campata unica di 1.298 metri che collega Fort Hamilton, a Brooklin, con Fort Wodsworth, in Staten Island, quest’opera elegantissima mantenne dal 1964 (anno dell’inaugurazione) al 1981 il primato del ponte sospeso più lungo del mondo.Si incrociano navi da crociera, yacht usciti dai marina affacciati lungo le rive dell’Hudson, mercantili, cargo, vedette veloci della Polizia fluviale. Marcano la loro presenza soprattutto le Tugboats, i potenti rimorchiatori (raggiungono anche i 25mila cavalli di potenza) che trainano, spingono, orientano in rada le grandi navi e le chiatte. Si incrociano anche canoe, dinghy, barchini da pesca. Lungo il fiume le immagini dei vecchi dock si alternano ad angoli nascosti popolati da relitti abbandonati, alberi di velieri d’epoca esaltano il contrasto con palazzi avveniristici. New York non tradisce, neanche da questo punto di vista di acque e di correnti, di maree e di mobili riflessi, la sua natura di città sorprendente, indefinibile, continuamente da scoprire e troppo complessa per essere davvero conosciuta.
Testo di Andrea Spino, foto di Cristina Borgogna, pubblicato sul numero 46 di Arte Navale. Su gentile concessione della rivista Arte Navale. È fatto divieto per chiunque di riprodurre da mareonline.it qualsiasi immagine se non previa autorizzazione direttamente espressa dall’autore delle immagini al quale spettano tutte le facoltà accordate dalla legge sul diritto d’autore, quali i diritti di utilizzazione economica e quelli morali.
pubblicato il 17 Febbraio 2015 da admin | in | commenti: 0