“Questo è l’albergo dove ci fermiamo, Jackson. Il colonnello indicò il simpatico palazzo a tre piani, piccolo, color rosa, a strapiombo sul Canale. In passato era una dépandance del Grand Hôtel; ma ora era un hôtel in proprio, e un hôtel molto buono. Probabilmente era l’albergo migliore se non si aveva voglia di essere adulati o seccati o snobbati in una città di grandi alberghi, e al colonnello piaceva molto”. Il colonnello era Richard Cantwell, protagonista del romanzo Across the River and into the Trees (Di là dal fiume e tra gli alberi) che Ernest Hemingway scrisse nel 1949. Era il suo “Romanzo di Venezia”, una città che Hemingway aveva conosciuto e amato fin da quando, appena diciottenne, si era arruolato come volontario nell’esercito americano, riuscendo a farsi mandare sul fronte del Piave. In Italia tornò anche dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale insieme a Mary Welsh, la sua quarta moglie. Vi si fermò diversi mesi, tra il 1948 e il 1949, soggiornando tra Cortina e Venezia. A Cortina sciava, in Laguna andava a Torcello a caccia di anatre; a Venezia si dedicava agli amici, mangiava e soprattutto beveva: Gordon gin, Champagne e Valpolicella, il suo vino preferito. Il suo quartier generale era l’Hotel Gritti, una seconda casa per come era trattato dal personale di servizio e per come vi si sentiva a proprio agio. Gli veniva servito il pranzo a un tavolo in fondo alla sala del bar, perché l’ambiente era più caldo e intimo quando d’inverno c’era poca gente. Gli amici li riceveva nella sua suite al primo piano, composta da un salotto, una camera da letto e un bagno. Ambienti e abitudini che ritroviamo descritti in “Di là dal fiume”.
Il romanzo, che narra la storia di amore di un uomo in declino, il colonnello Cantwell, con una giovane e sensuale contessina veneziana, pur non essendo una delle opere migliori del grande scrittore americano, ci regala squarci molto efficaci e suggestivi di una Venezia invernale, con i suoi venti gelidi, le acque agitate, le luci tenui. Curiosa e storicamente importante per chi volesse scrivere la storia di Palazzo Gritti, è l’accurata descrizione che viene fatta di alcuni locali. Il corridoio del terzo piano, per esempio, in cui si apriva la camera del colonnello, era largo, alto e spazioso e c’era un tratto lungo e ragguardevole tra le porte delle stanze sul lato del Canal Grande. Naturalmente, osserva Hemingway, siccome l’albergo una volta era un palazzo, non c’erano stanze che non avessero una vista splendida. Il palazzo, pur rimaneggiato e restaurato più volte, conserva eleganti linee gotiche medievali. Di maniera tedesca, lo descriveva il Sansovino nel Seicento, e con forma durabile e soda, diceva, alludendo alla costruzione solida e massiccia.
Fu fatto erigere, probabilmente nella seconda metà del XIV secolo, dal ramo della famiglia Pisani detto “del banco”. La famiglia fu tra le più cospicue di Venezia per ricchezza e nobiltà: la sua appartenenza al patriziato cittadino è registrata dal 1200. I Pisani si divisero in diverse casate, tra cui quella di Santa Maria del Giglio o Santa Maria Zobenigo, come la chiamano i veneziani, nel cui campo sorge il palazzo che oggi porta il nome dei Gritti. Il passaggio di proprietà avvenne nel 1814 nelle mani di Camillo della linea dei Gritti di Santa Maria Formosa. Vale la pena notare che entrambe le famiglie che furono proprietarie del palazzo dettero un doge alla Patria: Alvise i Pisani e Andrea i Gritti. Camillo fece abbellire la sua nuova dimora, affidandone il decoro degli ambienti ai pittori Giuseppe Borsato e Sebastiano Santi, gli stessi che affrescarono il palazzo che ospita il Museo Correr.Verso la metà dell’Ottocento palazzo Pisani-Gritti fu acquistato dalla baronessa Susanna Eyb Vetzlar, che provvide a far effettuare un nuovo restauro. Durante i lavori alla facciata esterna venne alla luce un bassorilievo scolpito nella pietra, raffigurante un leone rampante. Era lo stemma gentilizio dei Pisani ed era coevo alla costruzione del palazzo del XIV secolo. Lo stemma fu fatto trasportare all’interno e fu collocato sulla parete presso l’accesso alla scalinata che porta al primo piano, dove si trova tuttora. La baronessa non badò a spese per impreziosire l’aristocratica dimora.
Gianjacopo Fontana, nella sua opera Cento palazzi di Venezia del 1863, riferisce che i contorni delle porte erano tutti di marmo rosso di Francia e che le stanze erano “… rare produzioni ingemmate del Canaletto, del Bonifazio, di Rembrandt, di Vogt, Mieris, Bruegel, Van Dyck e dei migliori pennelli di scuola fiamminga. E che al terzo piano, a cui si ascende per lunga gradinata a chiocciola, per lo spazioso atrio colonnato, scelta serie rinviensi di quadri…”. Opere di Paolo Veronese, del Giambellino, di Rembrandt e di altri grandi maestri; una collezione, però, che apparteneva al medico particolare della padrona, da lei ospitato nel palazzo con la famiglia. Arte, gusto e raffinatezza sono comunque il filo conduttore di questo storico edificio e dei suoi proprietari. Alla fine dell’Ottocento palazzo Pisani-Gritti, ormai chiamato semplicemente Palazzo Gritti, fu venduto e trasformato in hotel. Fece parte del più grande complesso alberghiero dell’epoca, chiamato Grand Hôtel, composto da tre palazzi collegati tra loro da ponticcioli di legno: erano Palazzo Ferro, Palazzo Fini e, appunto, il Gritti. Nel 1947 il complesso del Grand Hôtel fu smembrato e la Ciga, proprietaria del Gritti, decise di dar vita a un nuovo albergo unendo al palazzo un gruppo di edifici di sua proprietà prospicienti il vasto Campo di Santa Maria del Giglio. Seguirono un accurato lavoro di consolidamento delle fondamenta, trovate, per la cronaca, in pessimo stato, e un restauro degli ambienti interni, che avevano subito nel tempo modificazioni e trasformazioni in grado di deturparne l’originale struttura.
A questa prima fase di restauro seguì il rifacimento delle decorazioni e dell’arredamento degli interni, nonché l’allestimento di quella splendida, ampia e luminosa terrazza sul Canal Grande che, con la vista sul seicentesco santuario della Madonna della Salute, al di là del canale, offre una delle più suggestive e affascinati vedute della città. Ne è uscito un albergo assolutamente unico, lussuoso e confortevole come deve essere un Grand Hotel, ma allo stesso tempo non convenzionale. Per chi entra al Gritti la sensazione non è quella di trovarsi nell’atrio di un albergo, ma in una casa privata, la lussuosa casa di un patrizio veneziano. E se ne rimane affascinati, rapiti in un sogno che ci porta indietro nel tempo, nei secoli passati. I mobili antichi, i quadri d’autore, gli specchi e i lampadari di Murano, le porcellane di Capodimonte. E ogni camera arredata diversamente, anche con stili diversi, esattamente come capita in una casa privata. Era forse questo fascino intimo che faceva sentire perfettamente a suo agio un uomo difficile e irrequieto come Hemingway. È per questo fascino che al Gritti Palace hanno soggiornato re e principi, stelle del cinema e della finanza, artisti e mecenati. Peggy Guggenheim, che frequentava spesso l’Hotel perché vi soggiornavano molti suoi amici, scelse questa sede per festeggiarvi il suo ottantesimo compleanno. Il Gritti come una casa patrizia veneziana. Un fascino senza tempo, senza spazio, senza paragoni.
Testo di Riccarco Magrini e Paolo Bembo pubblicato sul numero 43 di Arte Navale. Su gentile concessione della rivista Arte Navale. Le immagini della Collezione privata George Matthews sono pubblicate su gentile concessione della rivista Arte Navale. E’ fatto divieto per chiunque di riprodurre da mareonline.it qualsiasi immagine se non previa autorizzazione direttamente espressa dall’autore delle immagini al quale spettano tutte le facoltà accordate dalla legge sul diritto d’autore, quali i diritti di utilizzazione economica e quelli morali.
pubblicato il 1 Ottobre 2024 da admin | in Hotel | tag: Di là dal fiume e tra gli alberi, dove dormire a Venezia, Hotel Gritti Palace, hotel più romantici, migliori hotel a Venezia, notti da sogno a Venezia, Peggy Guggenheim, Susanna Eyb Vetzlar |