Il progetto di unire la parte europea di Istanbul con la sponda asiatica tramite una linea metropolitana ha dato il via a scavi che hanno riportato alla luce importanti reperti archeologici di interesse navale. Il ritrovamento più sensazionale è avvenuto durante la costruzione della nuova stazione di Aksaray sulla linea che collega Yenikapi con il cosiddetto Marmaray, il tunnel che passando sotto il Bosforo unisce i due continenti. Gli scavi, iniziati nel novembre 2004, hanno svelato, quando nessuno se l’aspettava, il sito dell’antico porto di Teodosio che fu uno dei più grandi e più attivi di Costantinopoli
fino al settimo secolo, fino a quando cioè gli Arabi conquistarono l’Egitto (636). L’imperatore Teodosio (379-395) fece infatti costruire questo porto come scalo commerciale e come centro di stoccaggio delle merci e delle derrate che arrivavano da tutto il Mediterraneo e principalmente come deposito del grano che giungeva via nave da Alessandria.
La perdita dell’Egitto provocò una drastica diminuzione dei traffici commerciali marittimi e il porto andò progressivamente perdendo importanza, pur rimanendo attivo fino al XIV secolo. Già nel XV secolo i viaggiatori che arrivarono a Costantinopoli descrissero l’area del porto come un giardino per la coltivazione della verdura, l’orto di Langa, e tale rimase fino ad oggi, quando gli scavi della linea metropolitana che collega Marmaray a Yenikapi hanno fatto riemergere dal fango l’antico Portus Theodosiacus con decine di barche e migliaia di oggetti della vita di ogni giorno. Com’è noto, Costantinopoli fu la capitale dell’Impero Romano d’Oriente e la città più grande e più ricca di tutta l’area mediterranea. Era stata fondata nel 667 a.C. da coloni greci di Megara che le dettero il nome di Byzantion (Bisanzio) in onore del loro re e grazie alla felice posizione geografica, tra il Mar Nero e l’Egeo, lungo le linee marittime che collegavano Asia ed Europa e l’Eurasia con il Mediterraneo, divenne ben presto uno dei più ricchi centri di commercio. Sotto il dominio romano accrebbe ancor più la sua importanza e Costantino il Grande ne fece la sua capitale, rifondandola come “Nova Roma” (11 maggio 330). In onore dell’imperatore assunse il nome di Costantinopoli, nome che mantenne fino al 1930, quando fu abolito da Atatürk, fondatore e primo presidente della Repubblica Turca, in favore di Istanbul.
Il porto teodosiano fu ricavato con la costruzione di una barriera che si estendeva da est verso ovest a sud di una baia naturale. I ritrovamenti archeologici hanno confermato quanto già si sapeva dalla storia e cioè che dopo il settimo secolo le attività commerciali di questo porto diminuirono progressivamente e diminuirono anche i lavori di manutenzione delle strutture portuali, fino a che gli agenti naturali e le alluvioni del fiume Lykos, finirono con il sommergere il sito nella sabbia e nel fango. Un residuo di attività portuale proseguì comunque fino al 1420 per l’attracco e il ricovero di barche di piccole dimensioni. Gli scavi, che hanno messo in luce anche tratti di mura costantiniane, hanno rivelato la presenza nel porto di ben 24 imbarcazioni affondate, sulle quali stanno lavorando gli archeologi. Numerosissimi sono anche gli oggetti ritrovati che offrono indicazioni sia sul livello della tecnologia navale sia sulla vita quotidiana di marinai e pescatori durante i tempi dell’impero romano. Molte anche le indicazioni sul genere dei commerci in età romana e bizantina. A parte le solite anfore, sono state trovate monete coniate ad Amorion durante il regno dell’imperatore Geta (209-212 d.C.).
La gamma dei prodotti commerciati era veramente ampia: spezie, avorio e gioielli dall’India e dalla Persia, sete dalla Cina, frumento e cotone dall’Egitto, marmo di Marmara, legno delle montagne del Ponto; inoltre oro, argento, prodotti di pelle, pellicce, miele, cera d’api, caviale, vino, pesce e oggetti di metalli vari. La maggior parte dei prodotti giunse al porto come materia prima. Tra gli oggetti ritrovati durante gli scavi prevalgono quelli in uso nella vita lavorativa di un porto: ancore di ferro e di pietra, pesi di piombo e di terracotta, reti da pesca, aghi di bronzo per la riparazione delle vele, trapani ancora oggi funzionanti, serrature, anfore per il trasporto di olio di oliva e di vino e molto altro. Il gran numero di ancore di pietra dipendeva probabilmente dall’alto costo del ferro. L’Istituto di Archeologia Navale e la Scuola di Conservazione e Restauro dell’Università di Istanbul stanno lavorando su queste 24 barche: si tratta del più grande cantiere archeologico di tutta la Turchia.
Testo e foto di Hannes Shick, pubblicato sul numero 46 di Arte Navale. Su gentile concessione della rivista Arte Navale. È fatto divieto per chiunque di riprodurre da mareonline.it qualsiasi immagine se non previa autorizzazione direttamente espressa dall’autore delle immagini al quale spettano tutte le facoltà accordate dalla legge sul diritto d’autore, quali i diritti di utilizzazione economica e quelli morali.
pubblicato il 24 Febbraio 2015 da admin | in Musei nel mondo, Storie | tag: Costantinopoli, Lykos, Portus Theodosiacus | commenti: 0