“Far navigare una nostra imbarcazione nello spazio fino ad approdare sulla Luna? Mai dire mai. E se un giorno dovesse mai diventare possibile mi piacerebbe che a realizzare l’impresa non fosse una ma due barche: le ultime due realizzate con mio padre al timone dell’azienda, nei primi anni del nuovo secolo, due “gemelline” di 10 metri”. Ride divertito, Giacomo Sangermani, all’idea che la storia del cantiere di famiglia, famosissima sulla terra dove i suoi scafi hanno solcato le acque di ogni continente, possano seguire nuove rotte perfino in cielo, fino ad approdare nel mare della Tranquillità. E ride anche spiegando la prima delle due ragioni per cui ha scelto proprio quelle due imbarcazioni: “per contenere le dimensioni, perché nello spazio far navigare scafi troppo grandi suppongo potrebbe diventare impegnativo”, subito seguita dalla seconda motivazione, che in realtà è, per importanza, la prima: “perché quelle due imbarcazioni racchiudono tutto il nostro sapere: salpando dalla maestria della lavorazione del legno per approdare all’utilizzo di nuovi materiali”. Compresi proprio quelli aerospaziali che il cantiere ha utilizzato, fra i primissimi al mondo, acquistandoli dagli stessi fornitori della Nasa, portando una porzione di tecnologia spaziale sui mari del pianeta terra. Difficile immaginare il percorso inverso, portando due esempi di tecnologia terrestre sulla Luna anche se, come prosegue divertito Giacomo Sangermani, “due barche sarebbero perfette su un satellite legato al mare come nessun altro, capace di determinare le maree e con le sue macchie scure visibili a occhio nudo dalla terra che vengono chiamate mari”. Due barche capaci di navigare in cielo viaggiando nel futuro, ma “per portare nello spazio un preziosissimo carico proveniente dal passato: la capacità di lavorare come un tempo le materie prime più belle e preziose, con l’abilità che solo i maestri d’ascia possono possedere. Perché la tecnologia è straordinariamente importante ma la tradizione, l’esperienza lo sono altrettanto. E perché mai come oggi è diventato importantissimo, fondamentale, reimparare a costruire come si faceva una volta”. In un passato che appare lontanissimo come i 130 anni che dividono il presente dal passato dei Cantieri Sangermani, dalla sua nascita.
“Un “varo” a dire la verità di dimensioni minuscole considerato che la primissima barca è nata per essere regalata al figlio appena nato nella bottega di Mulinetti, a Recco, del mio bisnonno Ettore, conosciuto da tutti come Dorin”, come sottolinea Giacomo Sangermani invitato da mareonline.it a “salpare” per un viaggio attraverso la storia di in cantiere diventato leggenda, al punto che le sue imbarcazioni sono state definite le “Rolls Royce” del mare. “Il complimento più bello che potessimo mai ricevere”, come afferma senza alcuna esitazione il rappresentante della quarta generazione chiamata sulla tolda di comando dell’azienda con sede oggi a Lavagna dove il passato e il futuro viaggiano su binari paralleli, in uno straordinario viaggio alla ricerca di scafi che uniscano tradizione e innovazione.
Con un comun denominatore a indicare sempre la rotta: “la passione, la voglia d’imparare, perché non bisogna mai smettere d’imparare, perché l’umiltà è molto importante e indica la rotta migliore per scoprire cose nuove, senza dimenticare quelle “vecchie”. Perché una delle carte vincenti del nostro cantiere è stata proprio la scelta di navigare, in cantiere, puntando all’innovazione ma restando saldamente ancorati ai “piloni” portanti della tradizione” Navigando sempre fra passato e futuro, seguendo “due rotte che spesso non sembrano sempre coincidere ma che quando solcano i mari in parallelo permettono di raggiungere traguardi che, a volte sembravano impossibili….”
Come impossibili sembrano moltissimi capitoli della storia imprenditoriale scritta dalla famiglia Sangermani, con protagoniste generazioni diverse ma “identiche” nella capacità di trasmettere ai figli, ai nipoti il sapere unico che può derivare solo dal sapere unire, come in una formula magica, esperienza, tradizione e innovazione.
Tre ingredienti insostituibili per realizzare una ricetta imprenditoriale vincente testimoniata da una storia lunga 130 anni e “fotografata da tante imbarcazioni: “A partire dalle tre che forse rappresentano maggiormente l’unione della tradizione e dell’innovazione: Luja, yacht a vela di 25 metri progettato da Sparkman e Stephens; WallyGator, barca bellissima con il suo scafo in in cedro rosso coperto in carbonio con un “carico” di nuove soluzioni come la deriva mobile, il tender stivato nel garage di poppa, la distribuzione della coperta e le manovre automatizzate capaci di rendere uno scafo di 25 metri manovrabile da un equipaggio ridottissimo, addirittura da una sola persona; il Quarta Santa Maria, yacht emblema del motto creato da mio padre: avanguardia nella tradizione”. Tre progetti capaci di celebrare un’unione indissolubile quanto felicissima fra uno dei materiali più nobili e affascinanti, il legno, con i materiali moderni kevlar e carbonio, l’esempio della tradizione con l’innovazione al 100 per cento. “Tre prove del fatto che dopo tutti gli esperimenti dei compositi avanzati eravamo arrivati a codificare una costruzione mista legno e fibre esotiche per arrivare a unirne le diverse proprietà, straordinariamente complementari fra loro”.
Luja, WallyGator, Quarta Santa Maria: tre barche entrate di diritto nella storia della nautica mondiale insieme a molte altre il cui ricordo emerge via via che Giacomo Sangermani prosegue la sua navigazione a nel tempo, “salendo a bordo”, per esempio dello “scafo che ha “segnato la svolta” più importante nella storia del cantiere ligure”. Ovvero? “Il Gitana IV, ketch di 27 metri e mezzo realizzato nel 1962 per il barone Edmond de Rothschildt e capace di dominare la regata del Fastnet del 1965, abbassando il record di 11 ore, primato mantenuto addirittura per 15 anni. Un punto di partenza per iniziare a fare barche sempre più importanti per armatori altrettanto celebri”. Una virata verso la notorietà mondiale perché “se è vero che eravamo comunque già conosciuti, quella commessa ha spinto poi altri importanti armatori a contattarci, a venire in cantiere, ad affidarci la realizzazione delle loro nuove imbarcazioni”. Stupiti spesso che quei capolavori d’arte navale potessero essere frutto di un’attività “familiare”, da genitori e figli, da fratelli (partendo da nonno Cesare, “detto il Pippa perché aveva sempre la pipa in bocca”, e da suo fratello Piero, “chiamato il Giacchetta perché aveva sempre una giacchetta di jeans tagliata corta per lavorare”) capaci di avvicendarsi per 130 anni al timone dell’impresa di famiglia senza mai perdere la rotta, anzi tracciandone continuamente di nuove, sempre più affascinanti, sempre più vincenti…. “Essere sempre stati un’azienda familiare è uno straordinario valore aggiunto di cui siamo orgogliosissimi. Perché ci ha permesso di lavorare senza scendere mai a compromessi con nessuno, perché ci ha insegnato a vivere e lavorare in un ambiente famigliare “allargato”, considerando gli operai come parte della famiglia. Nostro padre ci ha sempre detto: “senza loro noi al di là dell’ufficio non siamo niente, possiamo avere le idee più belle del mondo ma se non hai chi le realizza non vai da nessuna parte”. Non ho mai sentito mio padre uscire dall’ufficio e ordinare a qualcuno di fare qualcosa, era sempre “facciamo insieme” e così ci è sempre stato insegnato a relazionarci con i collaboratori”. Un “clima” familiare in cui si sono ritrovati, trovandosi immediatamente a proprio agio, anche personaggi famosissimi, dai grandissimi architetti scelti dagli armatori per disegnare le proprie barche agli armatori stessi….. “Effettivamente il nostro cantiere ha collaborato con alcuni fra gli studi d’architettura navale più celebri al mondo.
Un ricordo indelebile nell’album di famiglia è legato alla visita del grande Olin Stephens, che ad accoglierlo aveva trovato mio nonno e mio padre appena diciannovenne. Mio padre doveva averlo colpito decisamente visto che l’archistar – anche se allora non si diceva così – aveva provato a “rubarlo” alla famiglia per portarlo negli Stati Uniti a lavorare con lui. Ma papà era troppo attaccato alla nostra terra alle origini ed era rimasto in cantiere a lavorare con il papà, lo zio….”. Un ospite illustre, l”archistar antelitteram”, ma ancora più celebri sono stati numerosi clienti approdati in Liguria per “dare un occhio a come procedevano i lavori”.
Personaggi del calibro del barone Edmund Rothschild, di Giorgio Falck, Sergio Pininfarina per cui abbiamo fatto due barche, del commendator Gilera, quello delle moto, della famiglia Boroli proprietaria del Gruppo editoriale De Agostini di Novara. Per loro abbiamo fatto tante barche.
E poi ancora per Gianni Lancia, amministratore delegato dell’omonima casa automobilistica, al quale abbiamo consegnato la più bella barca a motore che abbiamo costruito, e sicuramente la prima aragostiera lobster boat costruita in Europa, poi copiata da tutti. Grandi personaggi, grandi imprenditori ma soprattutto grandi armatori uniti dalla passione per il mare e per il bello. Oltre che da una importante disponibilità economica perché le passioni belle costano, e le barche, così come come le macchine d’epoca, non fanno eccezione.
L’identikit di un armatore cliente di Sangermani? Appassionato di cuore, capace di capire l’anima delle barche, di comprendere che alcune barche sono uniche per quel motivo. Se una persona è romantica capiamo che è il nostro cliente ideale”. Il tempo corre veloce, ma resta spazio per un’ultima domanda. O meglio, per un piccolo gioco: “mareonline.it pronuncia il nome di una vostra barca e Giacomo Sangermani dice la prima cosa che le viene in mente…”. Proposta accolta. Si “salpa”: Chiar di Luna? “La prima barca della Marina militare fatta in cantiere, l’inizio di una storia di una sinergia durata anni con la Marina”. Artica II? “Progettata e costruita espressamente per la Marina Militare, progettata dallo studio Aeromarine che faceva capo all’ingegnere del genio della Marina Laurent Giles, al capitano John H. Illingworth e all’esperto uomo di mare Angus Primrose, tre personaggi unici, ha rappresentato un primo esempio di costruzione mista con strutture interne in alluminio e scafo in legno per l’epoca. Parliamo dei primi anni ’50, di qualcosa davvero molto moderno, tanto per riallacciarsi al discorso dell’innovazione e della tradizione. Un importantissimo esempio della continua evoluzione alla ricerca di soluzioni tecniche innovative.”
Gitana IV? “ La barca senza dubbio più importante da tutti i punti di vista, perché nata da un progetto Sangermani vincitrice della Fastnet race, leggendaria gara fra imbarcazioni d’altura che si disputa al largo delle coste della Gran Bretagna, abbassando di 11 ore ore il record”. Mania? “ La barca di famiglia: io non ho avuto il piacere di navigarci ma la vedo tutti i giorni in ufficio perché ho in ufficio una foto bellissima con mamma e papà che tornano dalla Giraglia. Mio padre l’aveva vinta 1971 ma nonostante il successo il nonno era rimasto deluso e una volta arrivato in porto dopo lo sparo del cannone il nonno lo aveva riproveratio dicendo: “ potevate arrivare prima”.
Una barca del 1969 costruita interamente in mogano e ribattezzata da un giornalista nientemeno che “la Stradivari del mare…”. WallyGator? “Su questa barca mi piace sottolineare un aspetto: da tanti non è conosciuto come un progetto Sangermani perché “attribuito erroneamente al cantiere Wally del signor Luca Bassani. Da studente universitario ho dovuto correggere perfino il professore che facendo vedere una diapositiva del WallyGator l’aveva presentato come il “primo Wally” e io ho dovuto alzare la mano e dire: “no questo è un Sangermani” . Una barca di legno e carbonio costruita con la nostra tecnologia”.
Il gioco prosegue: Guia 2000 e Rolly Go? “Le due barche costruite per Giorgio Falck e, forse, l’esempio più forte dell’applicazione delle tecnologie areonautiche e aereospaziali con l’impiego di materiali che all’epoca si utilizzavano solo nei cieli e non in mare”. Ottovolante? “L’unico catamarano costruito in cantiere, su progetto di Luca Olivari, grande conoscitore di materiali compositi e grande appassionato di mare che doveva fare il giro del mondo….”.
Articolo V? “Si può considerare il termine dell’evoluzione di quegli anni. Dopo aver costruito le barche per Giorgio Falck mio padre decise di costruire una barca per se, per farsi le regate, sintesi delle esperienze precedenti. Venne fuori una barca estremamente leggera ma ugualmente resistente anche se nei progetti avrebbe dovuto “durare” una sola stagione. Nessuno immaginava che usando quei materiali potesse durare, al punto che era stata ribattezzata la “barca Kleenex”, prendendo spunto dalla pubblicità dei famosi fazzoletti di carta usa e getta. E invece ancora oggi naviga.
Uno scafo al quale è legato un aneddoto unico: il piombo del suo bulbo arriva dal Nibbio II, barca del nonno che tanti avevano chiesto d’acquistare ma che lui, piuttosto che venderla, aveva deciso di bruciare. Rimase solo il piombo, che venne fuso e riutilizzato appunto per Articolo V”.
Samani I e Samani II? “Le barche che hanno dato il via al cantiere vero e proprio perché realizzate a Rapallo, nella seconda sede del cantiere. Le prime barche davvero importanti, di 17/18 metri . Per gli anni 30 molto importanti . Barche che hanno dato il via alle costruzioni da crociera piuttosto che solo esclusivamente da regata”. Resta un’ultima barca di cui parlare, un offshore Classe 1 mai entrata in acqua… “Era la fine degli anni 70, nel Cantiere di Lavagna entravano in scena i materiali compositi avanzati, erano i tempi delle resine epossidiche, della fibra di vetro, del nido d’ape d’alluminio, del kevlar, del carbonio, del nomex… Materiali provenienti spesso dall’industria aerospaziale. Era l’era della sperimentazione, del sottovuoto cotto in forno, tecnologia che pochissimi utilizzavano dei materiali acquistati direttamente contattando i fornitori della Nasa perchè erano gli unici che possedevano prodotti aerospaziali. Un’epoca straordinaria che in cantiere viene testimoniata proprio da quello scafo mai andato in mare che abbiamo gelosamente conservato”. Una barca mai andata in mare, mentre altre due potrebbero addirittura solcare il mare della tranquillità…. “Dicono che ogni sogno possa avverarsi. Questo forse lo potranno vedere mio figlio e mio nipote, Cesare di 5 anni e Leone di 4, o forse i loro figli”. Che quel sogno potranno realizzarlo solo a un patto: “guardare al futuro senza mai perdere di vista la storia del passato. Magari tornando a costruire come facevamo una volta, dimostrando al mercato a noi stessi che anche le nuove generazioni sono in grado di farlo. Perché solo così si può mantenere vivo un mestiere altrimenti destinato ad andare via via sparendo, senza un impegno forte, preciso degli imprenditori a seguire questa rotta. Solo così forse una rotta porterà delle imbarcazioni dalla terra e dall’acqua fino nello spazio”.
Testo realizzato da Pietro Barachetti per mareonline.it con la collaborazione di Gianni Risso
pubblicato il 24 Aprile 2025 da admin | in | tag: Cantieri Sangermani, Cesare Sangermani, Giacomo Sangermani, le Rolls Royce del mare, migliori cantieri nautici del mondo, Wallygator, yacht Gitana IV, yacht Luja, yacht Quarta Santa Maria | commenti: 0Just Peruzzi, "Il ristorante panoramico più bello d’Italia" - Corriere della SeraVi aspettiamo per accogliervi in quello che il Corriere della Sera ha definito come "Il ristorante panoramico più bello d’Italia"
Pubblicato da Just Peruzzi su Martedì 30 aprile 2024