“Drafin significa delfino in genovese. Quando, nel lontano 1978, ho fondato la ditta l’ho chiamata così perché il delfino è il mammifero marino che mi ha sempre appassionato”. Adriano “Dino” Passeri racconta gli inizi di una storia che anche nel porto di Genova non tutti conoscono. Eppure tra le molte ditte, grandi e piccole, che operano in campo navale, Drafinsub, è un’azienda leader nel settore ingegneristico subacqueo. Per conoscerla meglio mi sono imbarcato con Adriano Passeri e i suoi figli Gianluca e Dino junior sul Messico, un rimorchiatore appoggio di loro proprietà. Si tratta di un possente mezzo di 198 tonnellate di stazza lorda, lungo una trentina di metri e dipinto di un bell’azzurro che si stacca dal grigionero delle imbarcazioni da lavoro della darsena.
Il mare è calmo e ci dirigiamo verso il promontorio di Portofino per un intervento di controllo dei gabbioni contenenti le bottiglie poste sott’acqua alla profondità di 58 metri per conto della ditta vinicola Bisson che ha ideato un metodo originale di spumantizzazione sott’acqua. Per lo staff della Drafinsub si tratta sicuramente di un intervento “leggero”, ma tutti sono molto concentrati e impegnati. Giunti sul punto d’immersione, nella Cala degli Inglesi, mentre il Messico si mette “in sicurezza”, mi preparo per seguire sott’acqua i som- mozzatori. L’acqua è limpida e scendiamo velocemente verso i cassoni. Seguo i movimenti dei due Ots (Operatori tecnici subacquei) e dei Rov (Remote operated vehicle).
Si tratta di due mini robot filoguidati, un vero concentrato di tecnologia. Hanno quattro motori ciascuno di 400 watt, due fari alogeni, un sonar frontale con raggio di 50 metri, telecamera a colori, girobussola, due registratori Vhs e possono operare fino alla profondità di ben 200 metri. I sommozzatori sembrano astronauti impegnati in una passeggiata spaziale: sono collegati alla superficie con i cavi ombelicali che forniscono loro la miscela respiratoria e il mezzo per comunicare con la centrale operativa sul rimorchiatore. Indossano mute stagne e in testa hanno un casco integrale dotato di un affidabile e funzionale sistema di comunicazione vocale. Sui caschi ci sono videocamere e faretti. Quando si conclude il lavoro di controllo risaliamo in superficie. A bordo ci attende un ottimo pranzo. E lo spirito giusto per mettere vento nelle vele dei ricordi. “Ho cominciato con poche lire, una buona dose di passione e l’esperienza da sommozzatore fatta con una ditta di Genova”, racconta Passeri. “Eravamo in sei e l’inizio è stato duro”. Due le armi che hanno alla fine consentito di arrivare al successo: competenza (frutto di anni di esperienza) e lavoro (ore e ore passate sott’acqua). Con qualche rischio. Ma Dino Passeri il rischio lo aveva da tempo messo in conto. Alcuni anni prima, era il 1970, aveva avuto la medaglia di bronzo al Valore civile per aver partecipato al salvataggio della nave mercantile London Valour che a causa di un tremenda libecciata si era schiantata contro la diga foranea del porto di Genova, spezzandosi. Se naturalmente è il mare il principale “terreno” di operazione della Drafinsub ci sono state missioni lontano dall’acqua salata. Come quella volta alla Centrale Nucleare di Caorso…
“L’Ansaldo nucleare aveva appena terminato i lavori di costruzione della centrale e c’erano dei problemi nella piscina dove avviene il raffreddamento del reattore. Proprio il posto più contaminato che c’è”, racconta Dino Passeri. “C’erano rimasti dei corpi estranei sul fondo e segni di pittura proprio dove non deve esserci assolutamente niente. Abbiamo accettato il lavoro consapevoli dei rischi. Ci hanno fornito le attrezzature adatte e resistenti alle radiazioni. Eravamo assolutamente stagni. L’acqua era profonda solo tre metri, era limpidissima ma il fondo era ricoperto dalla polvere sottile e impalpabile come borotalco che si stacca dalle barre del reattore. Non appena la si sfiora, si solleva ed è come muoversi nel latte. Una eventuale ingestione di quell’acqua comporta un pericolo mortale. Dopo le immersioni subivamo dei lunghi lavaggi di decontaminazione e gettavano via tutto quello che avevamo indossato”.
Ma è un altro l’intervento di cui la Drafinsub va particolarmente fiera e che l’ha vista in primo piano nel tentativo di ridimensionare il disastro ecologico più importante del Mediterraneo: l’incendio e affondamento della Amoco Milford Haven. La superpetroliera era lunga 335 metri e larga 52, aveva 110mila tonnellate circa di stazza e una capacità di carico di 230mila tonnellate di petrolio. L’11 aprile 1991, alle 12,40, al largo del porto petroli di Genova, durante un’operazione di travaso di greggio tra le stive c’è stata una esplosione. Tra i 36 componenti l’equipaggio i morti sono cinque, fra cui il comandante. Il greggio si versa in mare, la nave è in fiamme, le colonne di fumo sono alte fino a 300 metri. Trainata da un rimorchiatore la nave si spezza, la prua affonda subito. La parte poppiera si inabissa il 14 aprile. È a questo punto che interviene la Drafinsub. “Poco dopo l’affondamento abbiamo chiuso tutti gli sfiati per bloccare l’uscita del greggio”, racconta Passeri. “Quindi abbiamo collaborato al taglio del camino a 30 metri di profondità. Un anno dopo abbiamo fatto un primo intervento di bonifica del bunker per conto della Saipem (la società del gruppo Eni che opera nel settore petrolifero), fino alla profondità di 40 metri lavorando con una pompa per aspirare il greggio. Abbiamo successivamente operato per due volte per conto della magistratura per l’accertamento delle cause del disastro. In seguito abbiamo fatto tutto il progetto per stabilire le giacenze di greggio in ogni vano della grande nave e abbiamo avuto l’incarico di controllare che la bonifica avvenisse correttamente”.
Ci sono nella storia della Drafinsub anche interventi meno rischiosi ma altrettanto prestigiosi come per esempio quello che ha permesso il recupero e il restauro della famosa statua del Cristo degli Abissi di San Fruttuoso. “Per prima cosa abbiamo tagliato una parte del vecchio basamento in cemento e poi abbiamo protetto la statua, rimasta sott’acqua per cinquant’anni, con uno speciale traliccio e l’abbiamo tirata su portandola poi a Genova per i lavori di restauro e la riparazione della mano che era stata rotta”, racconta Dino.”Alla conclusione dei lavori abbiamo preparato il fondo, messo in opera un basamento di 90 tonnellate dove abbiamo imbullonando la statua. Era tornata bellissima, proprio come nuova”. Una delle tante straordinarie pagine scritte dall’azienda familiare (alla Drafinsub lavorano i 3 figli del fondatore: Raffaella all’amministrazione, Dino junior responsabile dei cantieri in mare e Gianluca, amministratore delegato dal 2005) di cui andar orgogliosi. E non maschera certo il proprio orgoglio Gianluca Passeri quando spiega l’attuale campo d’azione della ditta.
“Realizziamo lavori subacquei in alto e basso fondale, controlli a impianti off-shore, realizzazione, posa, manutenzione e riparazione di condotte sottomarine, posa di cavi elettrici e telefonici, saldatura e taglio sott’acqua, pulizia di strutture con spingarda ad alta pressione e sabbiatura subacquea, ispezioni, foto, videoriprese e bonifiche subacquee, posa mede da segnalazione, demolizioni e sbancamenti, ricerche sistematiche e recuperi”.
L’elenco sembra non finire mai. Forse basta dire che gli uomini della Drafinsub sono in grado di fare qualsiasi tipo di lavoro che si svolga sotto la superficie dell’acqua. Di qualsiasi acqua. L’elenco dei clienti è ancora più lungo di quello dei campi di attività e va dall’Ansaldo all’Area marina protetta di Portofino, dalla Saipem al tribunale di Genova, da vari grandi gruppi industriali a una serie di Comuni liguri. “Siamo in controtendenza rispetto al mercato”, rivela Gianluca. “Abbiamo già in casa ordini per i prossimi quattro anni”. E aggiunge: “L’anno scorso abbiamo lavorato a un gasdotto di sette chilometri della Ischiagas. Abbiamo fatto tutte le congiunzioni dei tubi lavorando alla profondità di 80 metri. Ora stiamo operando per Mediterranea delle Acque alla costruzione e messa in opera di due condotte fognarie ciascuna di tre chilometri. Si tratta di tubi di diametro 90 e 120 centimetri rivestiti da strato di cemento spesso 10”. Oltre al rimorchiatore Messico la Drafinsub possiede le barche Fausto C. e Aliberto a vari altri mezzi minori di cui il più strano è un pontone munito di tre sollevatori per il varo di condotte fino a un diametro di 1,2 metri.
Una camera iperbarica è montata su ogni mezzo. “Cosa consiglia a chi desidera diventare sommozzatore professionista?”, chiediamo a Dino Passeri che ha passato metà della sua vita sott’acqua. “Bisogna studiare e avere tanta passione”, ammonisce. “Fondamentale è frequentare un corso professionale presso uno degli istituti specializzati. Come l’Hydrocat di La Spezia, il San Marco di Roma, il Cedifop di Palermo. I corsi si concludo- no con stage presso ditte come la nostra dove i più preparati trovano sicuramen- te un impiego”. Nessuna superficialità consentita, naturalmente.
pubblicato il 18 Novembre 2017 da admin | in Corsi di formazione, Gli abitanti del mare, Scuole d'immersione | tag: Adriano “Dino” Passeri, Amoco Milford Haven, Cedifop di Palermo, controlli a impianti off-shore, ditta vinicola Bisson, Drafinsub, Hydrocat di La Spezia, lavori subacquei, riparazione di condotte sottomarine, San Marco di Roma, spumantizzazione sott’acqua, superpetroliera affondata in Mediterraneo | commenti: 1Just Peruzzi, "Il ristorante panoramico più bello d’Italia" - Corriere della SeraVi aspettiamo per accogliervi in quello che il Corriere della Sera ha definito come "Il ristorante panoramico più bello d’Italia"
Pubblicato da Just Peruzzi su Martedì 30 aprile 2024
L’Italia ha aziende straordinarie di cui pochissimi conoscono l’esistenza. La Drafin è una di queste. Grazie a mareonline per avermela fatta scoprire (spero che succeda a molti altri) . Ps: è stato il titolo ad incuriosirmi, bellissimo…..