Di lui raramente si può dire che si limiti a cogliere l’attimo. Le sue fotografie non sono mai rubate, ma pensate perché Giovanni Tagini non si limita a guardare il mondo, lo interpreta, lo trasforma. La sua alchimia è semplice: là dove altri vedono panorami, lui vede linee, forme, composizioni di colori e prospettive. Dove altri vedono palazzi o oggetti lui vede l’essenza stessa dell’architettura e del design, l’idea dietro la forma. Ed è quell’idea che immortala nel suo scatto. Giovanni è un ragazzo del ’68, i capelli bianchi anzitempo sono quasi un vezzo e lo rendono un inguaribile Peter Pan insieme con la sua contagiosa allegria e quella simpatia immediata che vince ogni ritrosia anche nell’art director più scontroso o nel direttore più esigente. Non stupisce quindi se le porte delle più importanti testate di moda, di costume, di viaggio si sono aperte per lui quasi senza sforzo. Eppure alla fotografia come mestiere Giovanni non arriva subito anche se la macchina fotografia è stata sua compagna di giochi e di passioni da quando aveva 17 anni.
“Tutto è cominciato con un libro e con una folgorazione”, racconta. “Ruggero Barbaglia, regista di documentari naturalistici che operò negli anni 50 in Centrafrica per conto del governo belga, mi fece sfogliare un libro fotografico dal titolo La Creazione (1971) del grande fotografo viennese Ernest Haas. Fu amore a prima vista. Corsi subito a comprare una reflex e da allora (avevo 17 anni) la fotografia è stata la passione della mia vita”. Ha iniziato con la natura. Nato sul Lago Maggiore, a Nebbiuno tra Arona e Stresa, dove ancora si rifugia quando gli impegni non lo trattengono a Milano, la bellezza l’aveva a portata di mano. Ma la sua ricerca è stata subito sottile, oltre le righe, mai banale: geometrie, riflessi, prospettive e inquadrature spinte, giochi di luci e colori. “Ho subito amato molto il macro e i supertele”, spiega. “Volevo fissare sulle diapositive i riflessi dell’acqua, i colori della neve, l’interno dei fiori, i ricami dei rami degli alberi sul cielo”. Giovanni dedicava al suo hobby tutto il tempo libero e non solo.
“Gli stipendi (lavoravo da L’Oreal) li ho praticamente usati solo per l’attrezzatura e i viaggi”. Perché non si può essere fotografo senza essere curioso e non si può essere curioso senza sentire quella continua smania di mettersi in cammino, di “vedere il mondo”. “Io sono nato per guardare”, asserisce sicuro, “ma senza accontentarmi mai semplicemente di riprendere le cose così come appaiono a prima vista. Piuttosto ho sempre cercato dentro di loro qualcosa di più profondo, di nascosto”. Ossessionato dalla giusta inquadratura, dalla armonia tra luce, forme e colori, è pignolo, preciso, geometrico. Inevitabile che la sua ricerca di bellezza lo portasse oltre il mondo naturale verso le opere dell’uomo, verso la moda, il design, l’architettura, le barche. “Dieci anni fa ho deciso di dire basta ai corsi per parrucchieri per L’Oreal”, racconta. “Nel 2000 ho voltato pagina. Ho comprato una macchina digitale e un computer, lasciato gli shampoo e la reflex e ho fatto il grande salto verso la fotografia da professionista”.
Inizia con una rivista locale, (L’eco del Verbano) ma poi pubblica con Meridiani, Dove, Tuttoturismo, Verve, Viaggi di Repubblica, Gente Viaggi, Capital, Traveller, Weekend & viaggi e Yacht Capital. “Mi dicono che ho uno stile fresco, pulito e poco scontato. Io aggiungerei che sono soprattutto innamorato del mio lavoro. Ogni volta che mi trovo dietro alla fotocamera mi emoziono come da ragazzino al primo scatto. Non importa cosa sto fotografando e per chi: quando guardo tramite l’obiettivo tutto si trasforma e io vivo”. Ma è proprio vero che in questa ricerca d’armonia e di essenzialità l’oggetto che si fotografa non sia così importante? Possibile che un armadio, un’opera d’arte, un paesaggio o una rosa possano dare a chi scatta la stessa emozione?
Giovanni vorrebbe rispondere di sì, ma poi si ricorda di quella volta che, salito a bordo con il team di Mascalzone Latino, ha vissuto in prima persona la sfida contro Luna Rossa e proprio tanto sicuro non sembra più…
pubblicato il 24 Maggio 2017 da admin | in | tag: Capital, Dove, Ernest Haas, Gente Viaggi, Giovanni Tagini, Meridiani, Ruggero Barbaglia, Traveller, Tuttoturismo, Verve, Viaggi di Repubblica, Weekend & viaggi, Yacht Capital | commenti: 1
Ciao, complimenti per la vasta realtà editoriale sui problemi del mare. Sono d’accordo che la fotografia subacquea racconta attraverso le immagini emozioni e presa di coscienza delle problematiche del mare. Non sono fotografo, bensì istruttore sub e presidente di un club subacqueo, che fa della diffusione della cultura del mare la sua bandiera. Fra le tante cose che facciamo ci sono le mostre di fotografia: collaboriamo con Officina fotografica di Termoli e il famoso fotografo subacqueo Giuseppe Pignataro.
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