“La percezione di una pace vitale si fa via via più intensa, quasi fosse un antidoto salvifico. E che luce! Quel tramonto pulviscolare giallo, arancio, viola e azzurro che cheta le acque, che rassicura l’animo, che avvolge ogni cosa di una sublime e ipnotica bellezza”. Così il pittore Paul Signac descriveva Saint Tropez nel 1892 e bisogna riconoscere che, nonostante il panorama sia cambiato, colori, atmosfere e sensazioni sono rimasti praticamente gli stessi. I giovani spesso non lo sanno e si affidano a un mito senza conoscerlo realmente, ma la notorietà del posto poggia su basi solide, che risalgono nel tempo, anche senza dover tornare ai tempi di Caius Silvius Torpertius, l’intendente di Nerone decapitato nel 68 d.C per non aver voluto abiurare alla sua fede e che dette il suo nome al villaggio affacciato sulla baia. L’influenza dei genovesi e dei liguri, che la abitarono a lungo, è evidente
soprattutto nel porto da quando, nel 1436, Jean de Cossa, barone di Grimaud, fece appello al gentiluomo genovese Raffaele di Garezzio, per ripopolare il villaggio, più volte distrutto. Il risultato è che molte famiglie hanno cognomi di chiara origine italiana e che la bandiera locale ha i colori bianco e rosso, quelli dell’antica Repubblica di Genova.
Fu lo scrittore Guy de Maupassant, capitato nel 1888 in questo piccolo villaggio di pescatori a bordo del suo yacht Bel-Ami, a descrivere per la prima volta Saint Tropez: “Una di quelle graziose e semplici figlie del mare, spinta nell’acqua come una conchiglia, nutrita di pesci e d’aria marina, dove nascono i marinai”. Dopo di lui vennero molti pittori, tra cui spicca Matisse, che nel 1904 dipinse la sua opera principale: Luxe, calme et volupté. Il jet set iniziò ad accorgersi di questa perla della Costa Azzurra nel 1914: Coco Chanel, Maurice Chevalier e Isadora Duncan furono i primi vip, ma l’atmosfera particolare, che già allora vedeva auto di prestigio, yacht e divertimenti negati ai più, era mischiata a un’altra, più intellettuale, di cui si fece testimone la scrittrice Colette, che nel 1932 scrisse nel suo libro Prisons et paradis: “Cocktails e champagne sugli yacht in porto. Io conosco l’altra Saint Tropez, che esiste ancora ed esisterà sempre per quelli che si levano all’alba”.
Dopo di lei i nomi famosi non si contarono più: Errol Flynn, Marlene Dietrich, Orson Welles, Ernest Hemingway, Gérard Philipe e Picasso. Subito dopo la guerra arrivarono gli “esistenzialisti”: Jean-Paul Sartre con Simone de Beauvoir e Juliette Greco. Nel 1954, una giovane ragazza di 19 anni, Françoise Sagan, pubblicò il suo primo romanzo, Bonjour tristesse, manifesto di una gioventù psicologicamente fragile che trova in Saint Tropez un luogo dove esistere più liberamente. Ma è l’anno seguente, quando un giovane Roger Vadim gira a Saint Tropez un film per allora scandaloso, Et Dieu créa la femme, con Brigitte Bardot, che arrivò la definitiva consacrazione internazionale. Gli italiani l’hanno scoperta solo nei primi Anni 60; il primo vip fu Gianni Agnelli, con il suo yawl a due alberi e il G50 di Renato Sonny Levi, ma il primo a mettere il nome di questa località sulla bocca di tutti, o forse è meglio dire, nelle gambe di tutti, fu Peppino di Capri con la sua Saint Tropez Twist, del 1962. Nell’estate del 1968 la storia tra il simbolo assoluto della femminilità del tempo Brigitte Bardot e Gigi Rizzi fece di Saint Tropez il fulcro della mondanità.
Quelli che erano chiamati les italiens irruppero nella vita del piccolo paese. Gigi Rizzi disse: “Senza avere le Ferrari, le Rolls o gli yachts di trenta metri, di cui erano invece dotati i concorrenti stranieri; me la giocavo tutto con la mia faccia e quella era la sfida più eccitante”. Chiamati allora latin lovers, riempirono le cronache rosa del tempo, testimoni di una gioventù sfrenata il cui motto, come ha scritto Gigi Rizzi era: “Piedi nudi, jeans, capelli al vento e via. Vaffanculo”. Quegli anni furono l’inizio, come ha detto Claude Maniscalco, direttore del locale ufficio del turismo, “di una storia d’amore, che si basa su un passato, una cultura e una geografia comune, ma che si alimenta sempre di più. Gli italiani trovano, così vicini alle loro frontiere, le caratteristiche della loro Dolce Vita, a cui sono molto attaccati: estetica, piaceri e far niente sotto il sole. Ogni fine settimana sono in migliaia ad arrivare, molti si fermano a lungo, portando la loro disinvolta eleganza nelle nostre caratteristiche stradine e lussuose boutique, assaporando un ristretto sul Porto e contagiando, con la loro gioia di vita, tutti i luoghi che frequentano, fino a notte inoltrata”.
Adesso la vita in quell’antico borgo di pescatori è cambiata e l’atmosfera di allora, la magia che ammantava la località, è ormai svanita. Oggi è la volta di locali e ristoranti sulla spiaggia più adatti a un pubblico con famiglie, più o meno allargate, ma se si vogliono seguire le orme di Signac e Matisse, ci si può conquistare un posticino sul terrazzino dell’Hotel Sube, rimasto quasi uguale al tempo in cui i due pittori lo frequentavano. Dalle sue terrazze si gode una vista di yachts a motore e barche a vela in una concentrazione e grandezza che ha dell’incredibile. Perché Saint Tropez è stata capace di reinventarsi, come ha detto Patrice de Colmont, creatore di uno degli eventi velici diventati tra i più importanti al mondo, la Nioulargue: “È diventata famosa durante il periodo della cultura, mantiene questa fama anche durante quello della ricchezza, perché è sempre più vero che: Saint Tropez forever”.
Testo di Tealdo Tealdi, pubblicato sul numero 72 di Arte Navale. Su gentile concessione della rivista Arte Navale. Le immagini sono pubblicate su gentile concessione della rivista Arte Navale. E’ fatto divieto per chiunque di riprodurre da mareonline.it qualsiasi immagine se non previa autorizzazione direttamente espressa dall’autore delle immagini al quale spettano tutte le facoltà accordate dalla legge sul diritto d’autore, quali i diritti di utilizzazione economica e quelli morali.
pubblicato il 23 Luglio 2024 da admin | in | tag: Brigitte Bardot a Saint Tropez, Dieu crea la femme, Gigi Rizzi, Matisse, Nioulargue, Peppino di Capri | commenti: 0Just Peruzzi, "Il ristorante panoramico più bello d’Italia" - Corriere della SeraVi aspettiamo per accogliervi in quello che il Corriere della Sera ha definito come "Il ristorante panoramico più bello d’Italia"
Pubblicato da Just Peruzzi su Martedì 30 aprile 2024