Mar Rosso settentrionale, reef che fronteggiano l’arcipelago di Hurghada per poi spingersi in direzione dell’isola di Gobal, Sha’ab Abu Nuhas e Sha’ab Ali sul versante del Sinai: un tratto di mare che ha rappresentato, fin dai tempi più remoti, una delle principali vie di comunicazione per molte civiltà che in epoche diverse si sono sviluppate lungo le coste del Nord Africa, del Medio Oriente e dell’Europa. Ma anche un tratto di mare che ha sempre rappresentato una trappola pericolosissima, spesso mortale, per i marinai che lo attraversavano.
Come testimoniano i numerosi relitti di scafi affondati in quello che, di fatto, rappresenta il prolungamento meridionale del Golfo di Suez, compreso tra le isole di Gobal, di Shadwan e la costa ovest del Sinai meridionale, e indicato sulle cartine nautiche come lo Stretto di Gobal.
È qui, poco lontano da Sha’ab Abu Nuhas, che i bellissimi quanto pericolosissimi reef madreporici (popolati da branchi di delfini che hanno trovato l’ambiente ideale nella laguna di Umm Usk, dalle spettacolari mante che nuotano in gruppo a Sha’ab El Erg durante la stagione invernale e dalle tartarughe onnipresenti sulla barriera di Bluff Point e che sfruttano le bianche spiagge dell’isola di Gobal per depositare le uova) hanno fatto colare a picco anche il Carnatic, mercantile vanto della marina inglese, caduto nella micidiale trappola dei reef emergenti in una tiepida nottata di settembre del 1862.
Ed è qui che centinaia di sub ogni anno si immergono fino per ammirare il relitto dello splendido steamer britannico varato lo stesso anno, avveniristica nave mercantile e passeggeri a propulsione mista, spinta dai nuovi motori che si stavano imponendo per la loro forza e le loro prestazioni dalle vecchie vele cdi cui tuttavia molti passeggeri ancora apprezzavano la sicurezza e la velocità che poteva far raggiungere in giornate particolarmente ventose. Un mercantile maestoso, con i suoi 89 metri di lunghezza, le sue 1776 tonnellate di stazza, la sua forma affusolata e la tipica poppa squadrata che caratterizzava le navi a vela dell’epoca, sulla quale, da entrambi i lati, i sommozzatori possono ancora scorgere le gruette delle scialuppe di salvataggio che avevano permesso di salvare le vite di molti dei 230 passeggeri imbarcati al momento dell’affondamento.
Nei giorni seguenti all’affondamento della nave, salpata da Suez e diretta a Bombay, un palombaro alle dipendenze della compagnia navale a cui il Carnatic apparteneva, la Peninsular & Oriental Steam Navigation Co che l’aveva fatto costruire dai cantieri Samuda Bros, brancolando alla luce fioca dei fari che aveva con sé e facendosi largo tra i resti dei cadaveri che fluttuavano incastrati negli oblò, nell’evidente, vano e disperato tentativo di sfuggire alla morte, era riuscito a recuperare gran parte delle 40mila sterline contenute nella cassaforte (una somma equivalente a oltre quattro milioni di euro di oggi). Nei mesi successivi decine e decine di tuffatori indigeni avevano completato l’opera di pulizia, depredando tutto ciò che si trovava sulla prua della nave (comprese alcune bottigliette a forma di ogiva contenenti vino e “London Soda Water” con impresso il nome della nave) e scivola solo nel marzo dell’anno successivo in fondo al mare dove si trova ora a una profondità di 27 metri.
L’immersione viene effettuata con le barche dei diving posizionate sulla verticale del relitto, profondamente segnato dalla corrosione, adagiato sulla fiancata di sinistra, e normalmente prevede una prima ricognizione per una visione generale seguita dalla discesa sulla zona poppiera con le grandi finestre che davano luce al salone di prima classe. Dopo avere esplorato la poppa, con il timone è ancora integro così come la poderosa elica a tre pale, ci si può allontanare dallo scafo, seguendo i due alberi appoggiati sul fondo e raggiungendo la zona centrale del relitto, quella squarciata dall’impatto contro la barriera di corallo.
Dalla zona di prua, dove le assi dei ponti sono state tolte, si accede alle stive, dove si possono ammirano le robuste strutture metalliche che un tempo sostenevano il ponte di legno e dove si possono fare incontri ravvicinati con nugoli di glassfish. Nelle stive fino a pochi anni fa si potevano ancora trovare le casse contenenti le bottiglie di vino e di Soda Water con impresso sul vetro il nome dei porti di destinazione di Bombay e Calcutta.
Profondità minima e massima 15 – 27 metri; visibilità buona; corrente possibile; grado difficoltà immersione media; difficoltà esplorazione interni scarsa; interesse scenografico buono; interesse storico elevato; interesse biologico: buono
Chi vuole muoversi in totale autonomia può atterrare all”aeroporto internazionale Sharm el-Sheikh e seguire le rotte che portano a ottimi diving quali: Diving World Hurghada hurghada@divingworldredsea.com; Diving World Crociere safari@divingworldredsea.com; Diving World Sharm el Sheikh sharm@divingworldredsea.com
Guarda il filmato dell’immersione nel Thistlegorm cliccando qui
Testo realizzato da Baskerville srl Comunicazione & Immagine
pubblicato il 25 Aprile 2024 da admin | in I grandi relitti | tag: Carnatic, diving World Hurghada, diving World Sharm el Sheik, h, immersioni nei relitti, Sha'ab Abu Nuhas | commenti: 3
Certe mete di questi tempi meglio evitarle, c’è il rischio di immergersi con il relitto dell’aereo…
L”inganno del tempo Flebile la voce del tempo. Un giorno mi sveglio improvvisamente sequoia scalfita da ferite profonde. Ma dove era la tua voce quando correvo tra i germogli del gelso? Allora non udivo il tuo sibilo invisibile, il tuo lavorio segreto tra le spighe raggianti: mi hai teso una trappola tra le foglie d”autunno. Partecipo alla sezione A accetto il regolamento.
Really such a amazing post dear.