Axel Munte, l’indimenticabile medico scrittore autore della Storia di San Michele, lo definiva semplicemente “Il mio geniale amico, Sartorio”. Aristide Sartorio nasce a Roma l’11 febbraio del 1860 e viene presto incoraggiato verso l’arte dal padre e dal nonno, entrambi scultori. A 16 anni frequenta i corsi dell’Istituto di Belle Arti e si appassiona alla pittura dal vero. Fra i 17 e i 19 anni apre uno studio in via Borgognona. In quel periodo, le preoccupazioni finanziarie lo portano a occuparsi di un’arte di tipo commerciale, ma riesce anche a trovare il tempo per conoscere, a Napoli, l’arte vera di Domenico Morelli, che riuscirà a incontrare. Nel 1883, si lega all’ambiente artistico di via Margutta e l’anno successivo è a Parigi, dove visita gallerie, musei e tramite Vittorio Corcos, entra in contatto con gli artisti italiani. Senz’altro subisce la “rivelazione” del paesaggismo di Barbizon, che sarà viatico per il suo futuro come paesista.
Nel 1885 partecipa all’Esposizione Universale di Anversa. Fra l’85 e l’86 conosce Gabriele D’Annunzio, allestisce uno studio in via Flaminia e frequenta l’ambiente artistico del Caffè Greco. Diviene anche amico di Francesco Paolo Michetti, che lo ospita a Francavilla e come lui stesso ammette, gli fa amare la pittura di paesaggio che lui, da accademico, snobbava come arte inferiore.
Nel 1889, all’Esposizione Universale di Parigi, vince una medaglia d’oro per il suo dipinto I figli di Caino e in quello stesso anno disegna per D’Annunzio la struttura e il testo del Trittico delle Sibille e de Lo Zodiaco, che comparirà nel Piacere. Nel 1890 esegue, per il conte Primoli, il trittico Vergini Savie e Vergini Folli e incontra Edmondo De Amicis, per il cui libro Cuore preparerà le tavole. Per quanto attiene la pittura di paesaggio, Sartorio ha dei punti fermi e infatti sostiene che “.. l’Arte del paesaggio non è una pedestre copia del vero, ma una intelligente ricerca del vero, di quanto ha commosso l’autore in un determinato momento”. Nel 1895 sarà presente alla prima Esposizione Internazionale d’Arte (futura biennale) di Venezia. L’anno successivo verrà chiamato a Weimar dal granduca Carlo Alessandro, come docente nella Scuola d’Arte, dove si tratterrà quattro anni.
Tornato a Roma nel 1899, espone alla terza Biennale di Venezia, dove può disporre di una sala personale. Fra il 1900 e il 1902 preparerà per il Duca degli Abruzzi, su commissione della Regia Marina, lo scudo commemorativo dell’impresa polare. In quello stesso periodo è nominato Accademico di merito dell’Accademia di San Luca. Va ricordato anche che nel 1901 si sposerà con Julie Bonn, pittrice di Francoforte, da cui avrà la prima figlia Angiola. Ma questo rapporto fra due personalità tanto diverse durerà molto poco, anche se ci vorranno ben 12 anni per arrivare a un annullamento definitivo. Sartorio prosegue anche la sua attività di scrittore e nel 1904 è tra i fondatori del Gruppo dei Venticinque della Campagna Romana, mentre fra il 1906 e il 1907 cura la decorazione del salone principale dell’Esposizione di Venezia. Nel 1908 ottiene l’incarico e prepara i bozzetti per quella che sarà un’opera monumentale: il fregio del Parlamento. Si tratta di ben 500 metri quadrati animati da trecento tra figure e cavalli! La realizzazione dell’opera lo terrà occupato per quattro anni. Ciò nonostante, Sartorio espone in una personale a Londra e, fra il ’10 e il ’12 è anche di nuovo impegnato dall’insegnamento del Corso libero superiore di pittura dell’Istituto Superiore di Belle Arti.
Tra il 1914 e il 1915, è protagonista di altri eventi importanti: partecipa all’undicesima Esposizione Internazionale di Venezia con ben 81 tempere, il cui soggetto è la campagna romana e si arruola volontario per la guerra, con il grado di sottotenente di cavalleria; il suo senso del dovere, il patriottismo, uniti al bisogno intimo di trovarsi al centro dell’azione e della verità, lo spingono a lasciare la sua posizione comoda e agiata per essere in prima fila e testimoniare non solo gli atti di eroismo, ma soprattutto la quotidianità e l’immanità dello sforzo dei combattenti.
Ricordiamo che ha già 55 anni! In questa sua attività al fronte, egli manifesta lo spirito del reporter; i quadri storici che lui dedica alla guerra hanno la tensione illustrativa come tema centrale della rappresentazione. Sartorio illustratore si muove soprattutto nell’ambito di una documentazione realistica dei fatti bellici. Non è quindi una coincidenza fortuita il fatto che l’artista utilizzi abbondantemente il mezzo fotografico. È questo il suo modo di prendere appunti che poi potrà rielaborare, come ci dice Marina Miraglia, “…nella sua pittura di storia in un fare che, pur lasciando precisa e inconfondibile traccia del linguaggio fotografico, dei suoi tagli e della sua accesa referenzialità documentaria, affida poi il proprio e personale sentimento della memoria bellica e dell’olocausto, soprattutto al trattamento cromatico dei sessantuno quadri cui, all’origine, affidò la sua visione della catastrofe e del dramma umano, sempre impliciti in ogni azione bellica.” Da questo modo di fare arte di guerra deriveranno anche alcune sue particolari inquadrature, spesso viste dall’alto, in cui il centro dell’immagine si perde, la prospettiva è meno evidente, e le dimensioni scultoree della realtà divengono molto più ambigue. E’ così che riuscirà a cogliere gesti e posture dei soldati con una particolare spontaneità. Qualche volta indulgerà in effetti di “mosso”, ma spesso la sua sarà scrupolosa evidenza realistica che ci riporterà una sintesi dell’evento e saprà additare con forza una testimonianza partecipe e intensamente vissuta. Sartorio verrà poi ferito sull’Isonzo, fatto prigioniero e condotto a Mathausen. Proverà ripetutamente quanto invano a evadere. Liberato per intercessione del Papa Benedetto XV, rifiuta i documenti d’invalidità per essere in condizione di tornare al fronte, reintegrato nei ranghi e come ufficiale di complemento. Non c’è però verso di riuscirvi e quindi egli riparte alla volta dei campi di battaglia come civile, a sue spese. È quindi di nuovo al fronte a disegnare scene di guerra ma viene nuovamente ferito. Nel 1917 Treves gli pubblica “Tre novelle a perdita” e nel 1918 l’artista si sposa con l’attrice italo-spagnola Marga Sevilla, da cui avrà i due figli Lidia e Lucio.
I dipinti di guerra a cui abbiamo fatto riferimento nel testo, trovano la loro ragion d’essere nella volontà dello Stato di raccogliere testimonianze del conflitto con cui, fra l’altro, organizzare mostre finalizzate a raccogliere fondi per assistere orfani, mutilati e invalidi di guerra e trasmettere alle popolazioni l’atmosfera della guerra vissuta dai soldati in prima linea. E’ così che nasce la figura del pittore soldato, che vedrà fra i suoi rappresentanti alcuni dei più validi artisti del tempo che saranno testimoni dell’evento bellico man mano che si svolge. Non solo, quindi l’evento ad alta caratura storica rappresentato ex post, ma anche la documentazione della storia nel suo farsi quotidiano. La prima mostra che vede quadri di Sartorio dedicati alla guerra (44 pezzi) è quella tenutasi a Roma, in Campidoglio, il 18 gennaio del 1918, seguita il 21 novembre da una mostra marinara allestita con i disegni degli artisti imbarcati. Nel 1919 Aristide Sartorio va a vivere presso Porta San Sebastiano. Negli “Horti di Galatea” avvia la splendida serie di dipinti ambientati sul litorale di Fregene e dirige il film Il mistero di Galatea. Tra il ’21 e il ’22 la galleria Pesaro, di Milano, gli allestisce una personale e il re Fuad lo invita in Egitto. Di quel periodo sono anche dei dipinti di paesaggi ritratti in Siria e Palestina.
La sua disponibilità a viaggiare lo porterà, nel 1924, a un altro robusto contatto con il mare: si imbarcherà, come Commissario per le Arti, sulla Regia Nave Italia che parte per un viaggio promozionale in America Latina. Quest’impresa venne organizzata per rafforzare i legami con la madrepatria degli emigrati italiani nei Paesi del Sud America e per reclamizzare in quelle terre i prodotti, si direbbe oggi, Made in Italy. Accanto a realizzazioni industriali e artigianali, un’apposita commissione aveva selezionato 600 opere d’arte che avrebbero dovuto degnamente rappresentare l’arte italiana tra il 1850 e il 1910 (con l’esclusione dei futuristi). Fra quelle, cento opere erano di Sartorio. A ogni porto sarebbero state allestite mostre, conferenze, distribuito materiale informativo. La nave partì il 22 febbraio del 1924 da La Spezia. Il 21 aprile, a San Paolo del Brasile, viene allestita una mostra con 78 quadri di Sartorio e l’impatto di tale mostra e della conferenza a essa collegata è tale da spingere un gruppo di oriundi ad acquistare, per farne dono alla locale “Casa d’Italia”, i 61 dipinti che avevano come tema la Prima guerra mondiale.
Nel 1926 Sartorio partecipa anche, a Roma, alla prima mostra nazionale d’arte marinara utilizzando buona parte dei dipinti realizzati negli otto mesi trascorsi a bordo dell’Italia. Tra il 1926 e il 1929 ancora pubblicazioni e viaggi: in Giappone, di nuovo in Terrasanta e quindi in crociera nel Mediterraneo, sul Duilio, per due mesi. In tale occasione l’artista subisce il fascino della macchina, del suo mito, degli ingranaggi, dei cannoni. E sono questi i soggetti che, insieme ad aerei, timonerie e altri scorci meccanici, prendono a prevalere sulla figura umana, rimpiazzandola. I risultati delle sue fatiche a bordo della Regia Nave Duilio verranno quasi tutti presentati alla terza mostra marinara del 1929, promossa dalla Lega navale italiana. Il Carelli poi, nella prefazione al catalogo sulla mostra di Sartorio Accademico d’Italia, del 1930, commenta: “L’artista ha presentato cinquantasei opere dipinte in sei mesi, un tour de force forse mai raggiunto da nessun lavoratore. L’aver vissuto due mesi alla possente aria rigeneratrice del mare, ha rinnovellato Sartorio fino al midollo delle ossa: Quel mondo sconosciuto a quasi tutti e in mezzo al quale l’artista s’era aggirato, ammirando, scoprendo, esaltandosi, aveva generato qualche piccolo capolavoro, come il bagno dei marinai o il lavaggio della tolda”. Sartorio viene dunque nominato membro della Reale Accademia d’Italia. Tra il ’30 e il ’32 prepara gli studi e i cartoni per i mosaici del nuovo duomo di Messina. Sarà la sua ultima fatica. Muore il 2 ottobre del 1932, nella sua villa “Horti di Galatea”.
Testo di Paolo Bembo pubblicato sul numero 39 di Arte Navale. Su gentile concessione della rivista Arte Navale. Le immagini sono pubblicate su gentile concessione della rivista Arte Navale. E’ fatto divieto per chiunque di riprodurre da mareonline.it qualsiasi immagine se non previa autorizzazione direttamente espressa dall’autore delle immagini al quale spettano tutte le facoltà accordate dalla legge sul diritto d’autore, quali i diritti di utilizzazione economica e quelli morali.
pubblicato il 15 Gennaio 2021 da admin | in Quadri | tag: Aristide Sartorio, Axel Munte, Paolo Bembo | commenti: 0
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