Alla fine del XIX secolo il mondo scandinavo è scosso dal risveglio dell’identità nazionale. La Norvegia, soggetta dal 1814 al regno di Svezia, aspira all’indipendenza e tenta di valorizzare la propria identità. Quando l’esploratore Fridtjof Nansen torna in patria dalla spedizione in Groenlandia nella primavera del 1889, è accolto con grande entusiasmo patriottico. Influenzato dalle ricerche del meteorologo H. Mohn, Nansen non crede all’idea allora diffusa di un mare libero al centro del polo. Pensa che i ghiacci dell’Artico formino una massa unica che galleggia e deriva tra l’Asia e la Groenlandia. Invitato a Londra alla Royal Geographical Society, sostiene la tesi dell’esistenza di una corrente sottomarina tra le coste sotto il ghiaccio. La sua teoria si basa su tre fatti: del legno proveniente dalla Siberia è stato spiaggiato sulla costa orientale della Groenlandia; sono state ritrovate numerose tracce di diatomee fossili siberiane tra i campioni di fango portati dalla sua spedizione; infine, i resti della Jeannette, nave naufragata in Siberia, sono stati ritrovati in Groenlandia. “Per provare questa teoria” afferma “ho bisogno di una nave che, una volta presa nel ghiaccio della banchisa, sia abbastanza robusta da resistere alla sua pressione durante la deriva attraverso il Polo. Mi servono un equipaggio di dodici uomini e provviste per cinque anni”. La reazione britannica è unanime: il progetto è giudicato insensato, nessuno ha mai osato lasciarsi intrappolare volontariamente dai ghiacci.
Nansen non demorde. Piantare la bandiera norvegese sul punto estremo dell’emisfero nord servirebbe la causa dell’indipendenza del suo Paese. Nansen definisce febbrilmente gli aspetti finanziari e tecnici del progetto: il senato norvegese si farà carico di oltre la metà dei costi autorizzando il versamento di 280mila corone, il re Oscar II offre 20mila corone, una sottoscrizione nazionale è lanciata. Nansen pagherà il resto, circa 6mila corone. Il costo totale della spedizione sarà di 450mila corone, l’equivalente di sei milioni e mezzo di euro attuali, di cui circa 117mila per la costruzione della nave. Il 17 marzo 1890 Colin Archer, architetto famoso per le sue robuste imbarcazioni di pilotaggio e salvataggio, riceve una lettera di Nansen, il quale gli propone di studiare la concezione di una nave polare. Colin Archer accetta. Deve disegnare un vascello la cui carena, anziché opporre resistenza alla stretta distruttrice del ghiaccio, sia capace di liberarsene “come un guscio di noce schiacciato fra due dita”. La robustezza dello scafo deve combinarsi a un peso ragionevole e a una grande capacità di carico: è vitale conservare un grande volume per il trasporto di viveri per un periodo molto lungo. Dopo molte correzioni, il piano è approvato. La nave ha una stazza di 402 tonnellate e un dislocamento di 800, misura 39 metri di lunghezza per 10,40 di larghezza e 3,81 metri di pescaggio. La forma a double ended le conferisce l’aspetto caratteristico delle barche pilota di Colin Archer. La nave polare è armata come goletta a tre alberi, una scelta dettata dal fatto che l’equipaggio sarà ridotto e che i 602 metri quadrati di vele saranno più facili per la manovra e la manutenzione in condizioni estreme. La propulsione sarà assicurata anche da un motore ausiliario a tripla espansione.
La costruzione comincia nel 1891 nel cantiere di Colin Archer, a Larvik. Il costruttore è particolarmente scrupoloso nella scelta dei materiali: i due elementi che costituiscono la chiglia sono di olmo americano, mentre la carlinga è in pitchpine. Tutte le ordinate sono fatte di quercia norvegese di grande qualità. La prua, composta da tre pezzi di quercia, è di una robustezza eccezionale, con uno spessore che Nansen stima a 1,25 metri. Il fasciame doppio in quercia raggiunge uno spessore di 17 centimetri, dalla chiglia fino alla linea di galleggiamento, gli spazi fra le ordinate sono riempiti con un miscuglio di catrame e segatura. A ciò si aggiunge un rivestimento interno d’isolante termico, realizzato in sughero, segatura e pelo di renna, che porta a 80 centimetri lo spessore totale della murata. All’esterno, prua e poppa sono protette da uno scudo metallico. Inoltre l’architetto ha previsto quel che chiama una «camicia da ghiaccio », un fasciame supplementare di greenheart spesso dieci centimetri alla linea di galleggiamento e 7 centimetri al livello della chiglia, fissato al primo fasciame con ganci. La nave è varata il 26 ottobre 1892, il suo nome schiocca come una sfida: Fram in norvegese significa avanti. Anziché enfatizzare la lotta contro la natura e il senso del sacrificio, atteggiamento tipicamente britannico, gli scandinavi si affidano alle competenze degli esploratori e alla loro capacità di adattamento all’ambiente. L’esperienza in Groenlandia ha fatto capire a Nansen l’importanza della scelta rigorosa di equipaggio ed equipaggiamento.
Circa cento candidature arrivano dal mondo intero, ma Nansen sceglie in base a criteri estremamente selettivi. Accetta solo candidati norvegesi ai quali richiede un buon livello d’istruzione, conoscenze nautiche e competenze sciistiche. Rari sono quelli che possiedono le tre qualità. Gli universitari ingaggiati sono Henrik Blessing, un giovane medico, e Hjalmar Johansen, un riservista che ha fatto studi in legge. Gli altri dieci non hanno formazione superiore, ma possiedono una grande esperienza marittima e le competenze indispensabili alla spedizione. Il Fram è un vascello tecnologicamente avanzato per il suo tempo ed esige specialisti d’eccezione. Serve un elettricista – Bernard Nordahl – per far funzionare le lampade ad arco in uso da poco nella marina. Ci vuole anche un meccanico che si prenda cura del motore; sarà Lars Petterson, che ha tenuto nascosta la sua nazionalità svedese per firmare il contratto e che, smascherato, sarà tenuto grazie alle sue competenze. La scelta e la conservazione del cibo sono oggetto di massima cura; dal suo ufficio di Christiania (Oslo) Nansen scrive ai migliori produttori di conserve alimentari in Svizzera e in Germania per ricevere dei campioni e passare un’ordinazione. L’approccio dell’esploratore all’equipaggiamento è rivoluzionario: fa confezionare degli stivali Sami, disegna lui stesso gli indumenti di lana e, ricordandosi del suo soggiorno forzato presso gli Inuit, farà confezionare a bordo delle tenute polari in pelle di lupo e di orso non appena la spedizione arriverà in Siberia. Assolutamente una novità per le spedizioni polari. Nella primavera del 1893 il Fram è pronto a partire.
Testo di Jacopo Brancati pubblicato sul numero 88 di Arte Navale. Su gentile concessione della rivista Arte Navale.Le immagini sono pubblicate su gentile concessione della rivista Arte Navale. E’ fatto divieto per chiunque di riprodurre da mareonline.it qualsiasi immagine se non previa autorizzazione direttamente espressa dall’autore delle immagini al quale spettano tutte le facoltà accordate dalla legge sul diritto d’autore, quali i diritti di utilizzazione economica e quelli morali.
pubblicato il 16 Ottobre 2024 da admin | in Storie | tag: Colin Archer, corrente sottomarina sotto il Polo Nord, Fridtjof Nansen, Larvik, Polo Nord, Royal Geographical Society | commenti: 0