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Maltese Falcon, il veliero avveniristico
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La tecnologia è stato il vento in grado di spingere le vele della nautica verso lidi sempre più lontani, ma spesso il viaggio ha portato con se l’eccessiva complicazione dei sistemi di controllo. Non è il caso di Maltese Falcon, il veliero più tecnologico del mondo dell’armatore Tom Perkins, magnate della Hewlett Packard, grande appassionato di mare e di barche e a sua volta supertecnico. Perkins dice che il suo motto è: “Easy sailing” e che il Maltese Falcon è molto easy. Cerchiamo di capire se è vero. Ci siamo fatti aiutare dall’ingegner Franco Torre, project manager della barca, che ci condurrà nei meandri tecnologici di questo straordinario veliero. «Tutta la parte tecnologica, totalmente o parzialmente innovativa, ruota intorno al sistema di rotazione degli alberi e alle operazioni di apertura o chiusura delle vele. Se vogliamo dare una corrispondenza a quelle che sono le operazioni veliche tradizionali”, spiega l’ingegner Torre, “si può dire che ruotare l’albero corrisponde a cazzare o lascare la vela, mentre la riduzione del piano velico, la classica Mano di terzaroli, corrisponde nel nostro sistema DynaRig alla chiusura di una o più vele. Il cuore, o se si preferisce il cervello di questo sistema velico, è il grande pannello di comando e di controllo
che si trova al centro della timoneria, sul ponte superiore dell’imbarcazione. Il pannello è costituito da un insieme di schermi, di manopole e di pulsanti con i quali si è in grado di effettuare tutte le operazioni che riguardano il sistema velico. La parte centrale del pannello è costituita da quattro schermi, ognuno dei quali ha una funzione specifica: i due in basso sono operativi e gestiscono la rotazione degli alberi l’uno, e l’apertura o chiusura delle vele l’altro. I due schermi in alto sono di servizio, o se vogliamo di assistenza. Su quello a destra compaiono i valori di torsione e di tensione degli alberi; l’ultimo serve per intervenire manualmente sui singoli winch o sugli avvolgitori delle vele nel caso di qualche malfunzionamento. E veniamo a una descrizione più particolareggiata. A destra, nella parte bassa del pannello, abbiamo uno schermo con vista dall’alto sui tre alberi. Sul display compaiono tre settori circolari, ognuno dei quali raffigura l’albero visto dall’alto con la rappresentazione grafica del pennone nella sua posizione geometrica rispetto alla prua della barca; compare poi anche un vettore di colore giallo che rappresenta il vento apparente percepito dalla stazione del vento di quell’albero. È una indicazione molto utile perché l’operatore può vedere in tempo reale qual è l’angolo di incidenza del vento. I tre alberi possono essere fatti ruotare in maniera indipendente uno dall’altro, lungo un arco massimo di +90°, –90°. L’operazione di rotazione si compie manualmente agendo sulla rispettiva manopola, ce n’è una per ogni albero. L’operatore imposta l’angolo di rotazione al quale vuole portare l’albero e sullo schermo gli si apre un settore che indica graficamente la sua entità; dopo di che si preme il pulsante di start e si dà inizio alla rotazione. L’intera operazione può essere seguita sullo schermo dove si ha la rappresentazione grafica del pennone che ruota consumando il settore di angolo imposto, fino al suo esaurimento. Nel frattempo, altri display mostrano il variare dei dati di angolo apparente, di vento apparente e di posizione angolare del pennone rispetto alla prua della barca. Questa operazione può essere eseguita separatamente su ogni albero. Ogni sistema di rotazione è dotato di quattro motori idraulici asserviti a una centralina idraulica con due pompe da 30 kilowatt ciascuna. Normalmente una pompa è in stand by sull’altra, ma se è necessario possono agire in parallelo”. E passiamo ora alle vele. “Le operazioni di apertura e chiusura, che in linguaggio marinaro si chiamano spiegare e serrare, sono gestite sullo schermo touch screen in basso a sinistra del pannello. È uno schermo sul quale si può selezionare l’ordine di apertura di ogni singola vela su ogni singolo albero. Quando ho impostato la sequenza voluta, lo start fa sì che il sistema cominci ad aprire le vele progressivamente. Per aprire tutte e cinque le vele di ciascun albero, bisogna attendere che la sequenza venga completata. È stato infatti deciso a livello progettuale di limitare la possibilità di apertura e di chiusura contemporanea delle vele a una sola operazione per ogni singolo albero. Il motivo è semplice. Siccome per spiegare una vela ci vogliono cinque motori elettrici gestiti da altrettanti driver elettronici, ci è sembrato opportuno non caricare gli alberi di un numero eccessivo di driver, ma di limitarci a questi cinque. Tradotto in pratica vuol dire che per aprire su un albero le cinque vele bisogna aspettare il tempo che impiega una vela ad aprirsi, moltiplicato per cinque”. Mentre pensiamo che a volte la pratica sia assai più semplice della teoria, l’ingegner Torre prosegue facendoci notare che sei minuti per serrare le vele sono un tempo eccezionalmente ridotto che si traduce tutto in un guadagno di sicurezza nelle situazioni di emergenza, quando, per esempio, si verifica un repentino peggioramento delle condizioni meteo.
“Il progressivo aprirsi o chiudersi delle vele può essere seguito in tempo reale sullo schermo tramite una perfetta rappresentazione grafica”. Gli appassionati delle play station impazzirebbero di gioia a poter mettere le mani su questo pannello.”Bisogna precisare” fa notare Torre, “che con questo sistema non è possibile avere un’apertura parziale della vela: o è completamente aperta o completamente chiusa”. Con questi due schermi, in pratica, si esaurisce la parte operativa più importante. Nel settore superiore del pannello ci sono altri due schermi che possiamo definire di assistenza. “In alto sulla destra, il display traduce in maniera grafica quelli che sono i carichi istantanei strutturali sul sistema velico, sul carbonio degli alberi e dei pennoni. Quando sono stati costruiti gli alberi e i pennoni, sono state laminate nella struttura di carbonio delle fibre ottiche. Queste fibre sono asservite a un sistema che durante la navigazione fa circolare in esse dei fasci di luce che inviano un segnale proporzionale alla deformazione che la fibra ottica subisce. Tramite algoritmi il segnale viene poi tradotto in valore di stress istantaneo sulla struttura permettendo all’operatore una visione istantanea dello stato di efficienza sul suo albero: quanto è in percentuale il carico di lavoro e quanto dista da quello massimo previsto dal progettista in una certa andatura. Per la cronaca si misura il valore di flessione dell’albero e il suo momento torcente, due dati critici strutturali. Non dimentichiamo che è un albero senza sartie, quindi incastrato sul fondo della barca, asservito da un cuscinetto a livello del ponte. Dal punto di vista dell’ingegneria, l’albero è una perfetta mensola sollecitata in maniera progressiva lungo la sua campata. L’operatore vede dei numeri e degli indicatori luminosi colorati che crescono o si riducono secondo la percentuale di carico che in quel momento la struttura sta subendo rispetto a un valore limite imposto dal progettista. Sono dati di grande utilità per l’operatore, il quale può rendersi conto della correttezza o meno del suo modo di portare la barca, della sua capacità cioè di massimizzare la driving force, cioè la forza longitudinale in forza d’avanzamento, e nello stesso tempo di minimizzare l’effetto frenante delle forze trasversali. Ottimizzando il rapporto tra valore di spinta che l’albero subisce, rispetto a quello che produce, si ha un indice di merito di quanto siamo bravi a tradurre la forza del vento in forza di spinta, anziché in forza di inclinazione della barca. E stesso identico principio che si applica nella galleria del vento quando si vanno a provare i modelli delle imbarcazioni a vela. Il dispositivo comunque è stato concepito per indicare immediatamente all’operatore se sta rischiando oltre i limiti indicati dal progettista. Quando ci si avvicina a questi limiti bisogna evidentemente ridurre la superficie velica”.
Il quarto e ultimo schermo del pannello, in alto a sinistra, è un monitor di servizio sul quale l’operatore può andare ad effettuare manualmente singole operazioni sulle singole macchine delle singole vele. “Questa necessità può presentarsi” precisa Torre, “quando si verifica un problema nell’apertura o chiusura di una vela: la vela in questione diventa non disponibile al sistema automatico del pannello di comando, quello in basso a sinistra. Diventa invece manovrabile manualmente su questo monitor di servizio, dal quale si è in grado di agire sul singolo winch o sull’avvolgitore. I casi di malfunzionamento possono essere causati da un danno alla scotta o da un impedimento alla rotaia che blocca l’avanzamento della vela. Il sistema si arresta in maniera automatica e in questo caso bisogna intervenire manualmente. Un altro caso di utilizzazione è quando si vuole correggere la posizione della vela che ci appare non ben centrata sul pennone. In questo caso si opera manualmente sui tesabase, cazzando o lascando secondo l’occorrenza. Il pannello di controllo infine si completa con altri dispositivi più tradizionali. Al centro c’è l’autopilota con tutti gli asservimenti del caso e sul frontale della consolle ci sono tutti i vari strumenti di misurazione, i dati del vento, la velocità della barca, la sua inclinazione, eccetera. Dall’interno della timoneria, in conclusione, l’operatore può svolgere tutte le azioni necessarie per la navigazione. Esiste comunque anche la possibilità di remote control. Si può, cioè, operare su ciascun albero dall’esterno con un sistema remoto, tramite una piccola consolle portatile, tipo quella dei carroponti. In questo caso, l’operatore in timoneria deve trasferire i comandi dalla sua plancia al remote control. I comandi centrali vengono ovviamente disabilitati. Questo avviene quando si devono effettuare operazioni normali di servizio, di manutenzione o di verifica o quant’altro serve. Il remote control può essere portato anche su un pennone. Lo si usa, tra l’altro, anche come telecomando dell’albero di prua quando questo viene utilizzato come gru per i tender dell’armatore sistemati sotto il ponte di coperta. In pratica si agganciano i tender a un gancio che scorre lungo una rotaia sul pennone più basso e si sfrutta la rotazione dell’albero per sbarcarli e imbarcarli. È un piccolo, ma geniale accorgimento in più di pieno sfruttamento del nostro sistema DynaRig”. C’è legittimo e giustificato orgoglio nelle parole di Franco Torre che così conclude. “Siamo riusciti a realizzare questo pannello di controllo, con tutto il software e l’hardware che c’è dietro, utilizzando il team della Divisione Alberi Perini Navi che da anni lavora su questo progetto. Io penso che solo Perini poteva realizzare un sistema di controllo di tale livello e che l’ha potuto fare grazie all’esperienza del passato”. In effetti, sono anni che Fabio Perini ha inventato il sistema di controllo delle vele e in tutto questo tempo la sua azienda è sempre stata all’avanguardia della ricerca e della applicazione tecnologica. Del resto, quando un armatore esperto di tecnologia come Tom Perkins si rivolge a Perini, si ha la prova provata dell’eccellenza e del prestigio raggiunto dal cantiere di Viareggio.

Testo di Riccardo Magrini pubblicato sul numero 41 di Arte Navale. Su gentile concessione della rivista Arte Navale.Le immagini sono pubblicate su gentile concessione della rivista Arte Navale. E’ fatto divieto per chiunque di riprodurre da mareonline.it qualsiasi immagine se non previa autorizzazione direttamente espressa dall’autore delle immagini al quale spettano tutte le facoltà accordate dalla legge sul diritto d’autore, quali i diritti di utilizzazione economica e quelli morali.

pubblicato il 22 Novembre 2017 da admin | in Barche a vela oltre i 15 metri, Cantieri imbarcazioni oltre 30 metri | tag: alberi in carbonio, Franco Torre, Perini Group, sistema DynaRig, Tom Perkins, veliero | commenti: 0

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  • Roberto Ventrella 28 Febbraio 2023 at 21:16 su Al Polo Sud a vela? Il primo italiano
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