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L’ultima corsa della Metropolitana
di New York termina in fondo all’oceano

Per un abitante della Grande Mela vedere le carrozze della sua metropolitana inabissarsi nell’Oceano Atlantico è un vero choc: “Fotografare come queste massicce vetture sono buttate come un giocattolo in una vasca è stato un colpo al cuore. L’osservazione di quello che succedeva, con l’acqua che s’impossessava di loro, al momento mi ha stordito ma poi, pensando ai pesci che avrebbero trovato una nuova casa, come in un condominio d’acciaio, mi sono rallegrato”. Questo ci ha detto Stephen Mallon, fotografo newyorkese nato vicino a Londra, che ha documentato la sorte scelta dal Metropolitan Transit Authority di New York City, tra il 2001 e il 2010, per oltre 2500 carrozze della metropolitana cittadina. I vagoni in acciaio inossidabile del peso di 18 tonnellate, a cui erano state tolte le ruote,
le finestre e le porte, sono stati impilati e posati su una chiatta. Poi sono stati gettati nell’oceano con una gru speciale. Potrebbe sembrare un comportamento irrispettoso dell’ambiente ma, in realtà, è proprio il contrario. Dopo quarant’anni di onorato servizio e il trasporto di milioni di passeggeri, infatti, queste carrozze sono ora il sicuro rifugio per milioni di pesci. Questo progetto s’inquadra in un movimento culturale, industriale ed ecologico ancora più ampio, un progetto che mira, seguendo nuove tecniche di recupero, a trovare soluzioni di riciclo compatibile per rifiuti industriali fino a pochi anni fa nemmeno presi in considerazione. Il progetto ha avuto due fasi: la prima, denominata The Redbird Reef Project, è iniziata nell’agosto del 2001 ed è terminata nel 2003; la seconda, denominata Division Reef Project, ha preso il via nel 2008 per concludersi nel 2010. Stephen ha seguito questo progetto per due anni e mezzo, documentando quattro viaggi da New York al luogo di destinazione, sempre diverso, e due operazioni, molto complesse e lunghe, di carico sulle chiatte.

L’operazione è costata oltre 60 milioni di dollari

Le coste interessate sono state quelle del Delaware, della Georgia, del Maryland, del New Jersey, del Sud Carolina e della Virginia, il cui fondo sabbioso, privo di scogli e barriere in grado di offrire rifugio e cibo ai pesci, poco si presta alla vita subacquea. L’operazione è stata molto costosa, oltre 60 milioni di dollari, perché è stato necessario investire una grande quantità di denaro nella bonifica dei materiale. I vagoni della metropolitana, infatti, erano stati costruiti quando l’amianto era ancora largamente usato. La bonifica, tanto per fare qualche cifra, ha avuto un costo di circa 18.500 dollari per carrozza. La prima esposizione di Stephen, chiamata Next Stop Atlantic a New York, ha avuto grande risalto nei media americani: The New York Times, National Public Radio, GQ, The Atlantic e Fast Company, solo per citare i più importanti, hanno dedicato molto spazio alla mostra. Spostata successivamente in altre località, tra cui Charlottesville, Miami e Saint Louis, nel marzo del 2011 l’esposizione è arrivata a Roma seguendo la direttrice del progetto denominato Pure Water Vision, che esplora il rapporto tra acqua, uomo e ambiente. È dalla fine degli anni Sessanta, in realtà, che alcuni artisti hanno iniziato a seguire nuove direzioni di ricerca: Land Art, Environmental Art, Art in Nature, Ecological Art possono essere considerate le prime forme di espressione di una sensibilità ecologica consapevole nell’arte.

Quando l’arte è al servizio dell’ambiente

Diverse mostre internazionali hanno indagato il modo in cui le questioni legate alla sostenibilità e all’ambiente siano entrate nel linguaggio dell’arte e quale potesse essere il ruolo e il coinvolgimento degli artisti rispetto a tali problematiche. In genere s’indagano più spesso gli aspetti sempre più urgenti legati ai cambiamenti climatici globali, dal surriscaldamento della crosta terrestre al crescente processo di desertificazione, dall’influenza dell’uomo sull’ambiente al rispetto per la biodiversità, snobbando altri processi reputati minori. Opere come quelle di Stephen, invece, svelano soluzioni nascoste, invitando a una più approfondita riflessione sul problema aperta a nuovi scenari.

Testo di Tealdo Tealdi, pubblicato sul numero 89 di Arte Navale. Su gentile concessione della rivista Arte Navale. Le immagini di Simone Bandini sono pubblicate su gentile concessione della rivista Arte Navale. E’ fatto divieto per chiunque di riprodurre da mareonline.it qualsiasi immagine se non previa autorizzazione direttamente espressa dall’autore delle immagini al quale spettano tutte le facoltà accordate dalla legge sul diritto d’autore, quali i diritti di utilizzazione economica e quelli morali.

pubblicato il 5 Settembre 2018 da admin | in Storie | tag: Division Reef Project, Metropolitan Transit Authority New York City, Next Stop Atlantic a New York, Redbird Reef Project, Stephan Mallon | commenti: 0

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Commenti recenti
  • Carmen Iemma 28 Aprile 2025 at 05:03 su Vini da tenere in cambusa? Queste bottiglie
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