A volte ci vuole un’idea radicale e inconsueta per spingere un uomo a fare qualcosa che nessuno ha fatto prima. Questo ha pensato Raphaël Domjan: circumnavigherò il pianeta, a motore, senza usare una goccia di carburante. Spinto solo dall’energia del sole. Era il 2004, e lui, conducente di ambulanze svizzero allora trentenne, si trovava in viaggio in Islanda. Vedere gli splendidi ghiacciai dell’isola mentre anno dopo anno si stavano ritirando, a causa del surriscaldamento, gli diede la spinta per provare a tutti che spostarsi senza generare inquinamento non è fantasia. Né fantascienza. Un giro del mondo su una barca coperta di pannelli solari sarebbe stata una grandissima dimostrazione, oltre a essere un’impresa mai fatta prima, un modo quindi per sensibilizzare gli abitanti dei luoghi toccati lungo il percorso. E così è partito il progetto Planet Solar. Ma tra il dire e il fare non c’erano solo gli oceani: c’era da concretizzare il concetto in un mezzo efficace, efficiente, affidabile. E quindi per i primi quattro anni Raphaël ha impiegato il suo tempo per individuare i partner giusti, sia di capitale sia tecnici, e per creare uno staff di persone con le competenze necessarie per i diversi aspetti dell’impresa. Decisivo è stato l’incontro con l’imprenditore tedesco Immo Ströher, esperto di tecnologie solari e fermamente convinto di poter realizzare una mobilità pulita non solo sotto il profilo etico, ma anche economicamente vantaggiosa. Alla fine del 2009 la barca ha preso forma: sicuramente strana, non bella ma affascinante, maestosa eppure snella.
Il nome stesso è carico di significato: Turanor, dalla saga del Signore degli Anelli di Tolkien, si traduce con “La potenza del sole”. A noi, mai dimentichi della mitologia greca imparata al liceo, piace pensare a una novella Perseide, figlia di Oceano e sposa di Helios, come ideale sintesi dei due elementi protagonisti dell’impresa. Epos a parte, Turanor era pronta, con i suoi 31 metri di lunghezza e 15 di largheza, per offrire alla nostra stella tutta la superficie possibile: in totale, quasi 540 metri quadrati di pannelli fotovoltaici. Sarebbe bastato attraversare il globo per dimostrare la fattibilità del progetto? Sicuramente no, senza coniugare un forte aspetto promozionale e didattico. Per questo motivo è nata l’idea del Solar Village, ovvero un’esposizione itinerante da montare a terra a ogni fermata significativa, con il molteplice scopo di insegnare il valore dell’energia rinnovabile, stimolare un confronto fra il pubblico ed i membri dell’equipaggio, organizzare eventi e dimostrazioni. L’impresa è partita dal Mediterraneo, precisamente Monaco, per svilupparsi verso ovest, attraverso l’Atlantico, Panama, il Pacifico, l’Oceano Indiano, Suez e concludersi nuovamente nel Mare Nostrum. In realtà, non è solo una questione di lunghezza della rotta: più ci si allontana dall’equatore, infatti, più si riduce il potere del carburante.
Qui invece si doveva restare il più possibile vicini al sole. E dunque, il 27 settembre 2010 Turanor Planet Solar molla gli ormeggi verso le Colonne d’Ercole e parte per la lunga avventura. Ben 28 i Paesi toccati, con località suggestive come Tangeri, Miami, Cancun, le isole Galàpagos, la Polinesia Francese, Honk Kong, Mumbai, Doha. Non sono mancati i momenti di difficoltà: per esempio quando, nei pressi di Abu Dhabi, un guasto a un’elica, poi risolto, ha costretto l’equipaggio ad attrezzarsi per un eventuale abbandono del mezzo. Il tempo di preparare una borsa d’emergenza, i documenti, e per Rapahel Domjan anche un piccolo libro di Jules Verne, edito nel 1891, che aveva fatto il giro del mondo su Turanor insieme a lui. Problema rientrato senza la necessità di sbarcare. O come quando, nelle pericolosissime acque del Golfo di Aden, una barca carica di pirati si è avvicinata a Planet Solar pronta ad assalire. Visto però il livello di protezione, garantito da sei uomini armati coordinati dall’ex capo dell’esercito svizzero, i pirati hanno pensato bene di desistere.
Ma in generale tutto è andato nel migliore dei modi, con i membri dell’equipaggio che si sono alternati nelle diverse tappe, compiute in buone condizioni di mare a una velocità di crociera di circa 7-8 nodi. Dopo 585 giorni di navigazione e poco più di 60mila chilometri, il catamarano era di nuovo nel porto del Principato. Il valore di una traversata di questo tipo non sta soltanto nella dimostrazione che l’energia del sole può dare propulsione, virtualmente senza termine, a una barca. I limiti infatti sono ancora molti: fra tutti, l’alto costo di ingegnerizzazione di un prototipo e le prestazioni molto ridotte a causa della bassa efficienza dei pannelli solari, che costringe ad adottare motori elettrici di scarsa potenza. Ma non bisogna vedere Planet Solar come un’alternativa ad uno yacht a motore: il concetto si avvicina piuttosto a quello di una barca a vela: il silenzio, la velocità ridotta rendono il viaggio più importante della meta, l’autonomia virtualmente illimitata. Non a caso, la parola utilizzata dagli stessi autori dell’impresa è sailing. Navigando s’ impara.
Testo di Emanuele Ferraris di Celle pubblicato sul numero 42 di Arte Navale. Su gentile concessione della rivista Arte Navale. Le immagini dell’Archivio Planet Solar sono pubblicate su gentile concessione della rivista Arte Navale. E’ fatto divieto per chiunque di riprodurre da mareonline.it qualsiasi immagine se non previa autorizzazione direttamente espressa dall’autore delle immagini al quale spettano tutte le facoltà accordate dalla legge sul diritto d’autore, quali i diritti di utilizzazione economica e quelli morali.