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Thomas Lipton, il signore del tè
sognava di berlo nella Coppa America

Il 6 agosto 1898 è una data fondamen­tale nella storia della Coppa America. Il Commodoro del New York Yacht Club riceve dal Royal Ulster Yacht Club di Belfast, Irlanda del Nord, la sfida di un certo Thomas Lipton per la Coppa Ameri­ca del 1899. Un nome sconosciuto negli elitari club velici internazionali. A prescindere da questo, la sfida riapre la contesa o, se voglia­mo, i rapporti tra gli americani e gli inglesi interrotti dopo quella “burrascosa” di lord W.T.Dunraven del 1895 con Walkyrie III. Perché è una data importante nella storia della Coppa America? Perché segna l’inizio di un lungo periodo che si concluderà dopo cinque sfide nel 1930. In un arco di oltre 30 anni il numero delle sfide potrebbe essere normale. Ma non è così. Perché tutte sono sostenute da una sola persona: Thomas Lipton. Un milio­nario, certamente, ma anche uomo altrettanto ambizioso da non esitare a rilanciare, di volta in volta, la sfida senza costituire un Sindacato o cercare il contributo di altre persone. Le sponsorizzazioni non sono ancora nate. Ci sarebbe stata anche la sesta sfida, annunciata dallo stesso Lipton durante un banchetto a New York nell’autunno del 1930 alla City Hall dove riceve un artistico trofeo d’oro acquistato con una sottoscrizione popolare indetta da Will Rogers dalle colonne del quo­tidiano New York Times. La sesta sfida resta nelle intenzioni. Il 2 ottobre 1931, a seguito di un brutto raffreddore, Thomas Lipton muore.

Il re del te? Proveniva da una povera famiglia irlandese emigrata in Scozia in seguito alla carestia

Ha 81 anni. Lipton nasce a Glasgow nel 1850 secondogeni­to di una povera famiglia irlandese emigrata in Scozia in seguito alla carestia delle patate del 1840. A dieci anni Thomas lascia la scuola per aiutare i genitori nella modesta drogheria e dimostra di avere un vivo interesse per il com­mercio e uno spiccato senso degli affari. Un senso che lo accompagnerà anche in futuro. Il ragazzo, a nove anni, dà ai genitori un inaspettato consiglio: “È meglio se le uova sono servite ai clienti dalla mamma. Ha le mani piccole e le uova sembrano più grandi”. Dopo aver fatto il fattorino in una cartoleria, decide a quindici anni di andare in America. Uno dei tanti emigranti europei. Tutto fa pensare che questa importante decisione sia il frutto di un suo preciso programma per il suo futuro. Arrivato a New York, vede in banchina delle persone che cercano clienti per le locande della città. A uno di loro chiede cosa offre per un gruppo di migranti. La risposta è: una settimana di alloggio gratis. Ritornato a bordo riunisce un gruppo di pas­seggeri con i quali ha fatto amicizia durante la navigazione e li porta al suo albergatore. È il suo primo affare.

Negli Stati Uniti ha lavorato nelle piantagioni di tabacco e nelle risaie prima di diventare commesso

Negli Stati Uniti lavora nelle piantagioni di tabacco e nelle risaie, fa il venditore ambu­lante, il contabile in un’azienda agricola e, infine, il commesso in una drogheria di New York. Quest’ultimo lavoro è importante per la formazione professionale di Lipton: conosce tutti i segreti riguardanti i coloniali e impara nuove tecniche di promozione e di vendita. Preziose per la sua futura attività a Glasgow, dove ritorna trionfalmente nel 1869 con 500 dollari in tasca.

A 21 anni ha aperto la prima drogheria per la vendita di tè. A 30 anni ne possedeva più di 20

Per Thomas, è difficile trovare un accordo con il padre che non capisce le innovazioni che vorrebbe fare il figlio tanto che due anni dopo, a 21 anni, apre la sua prima drogheria per la vendita, soprattutto, del tè. A 30 anni ne possiede più di 20. Lipton, da buon self made, ha uno spiccato senso degli affari che accoppia a innovative promozioni. Infatti, è uno dei primi ad appli­care alla sua attività di droghiere iniziative di marketing. Rivoluziona il modo di vendere il tè: non sfuso come si è sempre fatto, ma conte­nuto in eleganti pacchetti con ben in evidenza la scritta “The Lipton”. L’iniziativa ha succes­so e la gente si sente più sicura nell’acquisto del suo tè, prodotto di cui fa un largo consumo. Il tè Lipton arriva con il tempo anche in Italia, ma poche sono le persone che lo associano alla Coppa America, quantomeno fino a quando l’Italia con il 12 metri S.I. Azzurra non parteciperà, nel 1983, alle selezioni per la scelta dello sfidante. Ad accop­piare da noi il nome di Lipton alla Coppa Ame­rica ci penserà poi una campagna pubblicitaria del tè del 1993, dove nelle inserzioni l’immagine di Lipton è unita al tradizionale pacchetto di tè. Ma torniamo alla folgorante carriera di Thomas Lipton per il quale rifornire i negozi non è facile.  E allora Lipton, per non dover ricorrere ai grossisti o alla londinese Borsa del tè, acquista a Ceylon piantagioni in crisi, le rimette in sesto e diventa il più grande commerciante di tè del mondo. Con questa iniziativa, il suo slogan “Dalla piantagione alla teiera” è più che mai veritiero: è in grado come nessun altro di controllare quella che oggi sia chiama filiera.

Facendo beneficenza il droghiere arricchito è entrato nell’aristocrazia londinese…

Con il successo arriva la ricchezza, ma è pur sempre un droghiere arricchito. Lipton am­ bisce di entrare a far parte dell’aristocrazia londinese. Non è facile. Ci vuole una buona occasione, che arriva a seguito di un’iniziati­va della principessa di Galles, Alessandra di Danimarca, moglie del futuro Edoardo VII. Per festeggiare il sessantesimo anniversario dell’ascesa al trono della suocera, la Regina Vittoria, Alessandra vuole offrire un pasto ai poveri di Londra e nel 1897 promuove una sottoscrizione che non ottiene il consenso previsto. Lipton ne è al corrente e non esita a sottoscrivere quanto ancora necessario. Ano­nimamente ( ma l’anonimato ha tutta l’aria di uno stratagemma per aumentare l’impatto pubbli­ citario) stacca un assegno di 25 mila sterline. L’anonimato dura poco. Ben presto il nome del benefattore fa il giro nella Londra bene. I frutti sono quasi immediati.

… diventando prima cavaliere e poi baronetto. Pronto a dare la scalata al Royal Yacht Squadron

Entra nel gruppo un po’ scapestrato del principe di Galles, il fu­turo re, con il nome di Edoardo VII. Nel 1898 è nominato cavaliere e nel 1902 baronetto. Solo nel 1930, però, sarà accolto nel Royal Yacht Squadron, l’elitario Club di Cowes. L’amicizia con il principe di Galles dura anche quando questi diventa re ed è ricordata più volte la frase dell’imperatore di Germania, Gugliel­mo, che disapprova questa amicizia: quando un giorno a Cowes, durante le regate veliche, gli chiedono dove sia il re d’Inghilterra, Guglielmo  risponde sdegnosamente: “Credo che sia andato in bar­ca con il suo droghiere”. Questa amicizia ha come primo risultato l’acquisto di un grande yacht a vapore, l’Aegusa che ribattezza con il nome irlandese Erin, cui segue Victoria, usato durante le prove della Coppa America per assistere alle regate e come alloggio personale.

Per i primi allenamenti dell’equipaggio il principe di Galles gli prestò il suo yacht Britannia

Il principe di Galles, consapevole dell’ambizione dell’amico Thomas, lo convince a lanciare una sfida per la Coppa America, mettendogli a di­sposizione per gli allenamenti dell’equipaggio il suo yacht Britannia. Lipton si fa facilmente convincere. Non è un velista nel vero senso del­ la parola, non farà mai una regata, ma con la sfida soddisfa la sua ambizione di primeggiare e nello stesso tempo di fare un’operazione di marketing per il suo tè, in una nazione dove è pressoché sconosciuto.

Shamrock? Era il nome delle barchette di cartone con cui da ragazzo giocava nelle vie di Glasgow

Arriva, quindi, il giorno della grande sfida, prima di una serie di cinque competizioni nelle quali metterà in acqua una barca dallo stesso nome: Shamrock. Perchè questo nome?  Perchè da ragazzo, giocando per le strade di Glasgow, Thomas Lipton  organizzando una regata con barchette di cartone con tanto di vela fabbricate con i suoi compagni aveva chiamato la sua Shamrock, che in gaelico significa trifo­glio, vincendo. Nello stesso anno della prima sfida trasforma la sua società personale in un’anonima quotata in borsa vendendo un buon numero di azioni che vanno a ruba. Lipton mantiene il controllo della società ma, ora, ha degli azionisti cui ri­spondere. Non potrà più fare di testa sua. Nel 1927 dà le dimissioni e vende le sue azioni. Per la sua prima sfida Lipton fa progettare la sua barca, lo Shamrock, da William Fife ma per il breve tempo tra la costruzione e la sfida non è possibile effettuare una buona preparazione. Gli americani si affidano ancora a Nathanael “Nat” Herreshoff che progetta Columbia per il Sindacato di J. Perpoint Morgan. Al timone lo scozzese Charlie Barr, che non è secondo a nessuno sui campi di regata, e che, con tre affermazioni, difende la Coppa con successo. La Sseconda sfida di Lipton avviene nel nel 1901. Questa volta il progettista di Shamrock II è George L. Watson e al timone c’è un noto velista inglese E.A. Sycamore. Gli americani, dopo aver fatto progettare una barca ancora da Herre­ shoff, Costitution, sono costretti a difendere la Coppa con la vecchia Columbia, che nelle selezioni è ancora la migliore. È la prima barca che difende la Coppa America due volte. Un redattore della rivista americana The Rudder scrive: “Per amor dello sport, preferirei vedere vincere Thomas Lipton. Se la Coppa passasse e ripassasse da una parte all’altra dell’Atlantico, lo yachting ne trar­rebbe un grosso vantaggio”. Ancora un’af­fermazione americana ma più contrastata. La terza prova è vinta da Shamrock II, ma il compenso assegna la vittoria ai difensori. Dopo questa sfida Lipton è euforico e pensa alla terza sfida, quella del 1903. Lipton fa progettare Shamrock III da William Fife Jr con la collaborazione di George L. Watson.

Shamrock III  era lo yacht più bello che avesse mai partecipato alla sfida per la Coppa America

Secondo un esperto “era lo yacht più bello che avesse mai partecipato alla sfida per la Coppa America”. Gli americani si affidano ancora a Herreshoff per il loro Reliance di Oliver Iselin e soci. “Nat”, progetta uno skimming dish, piatto scivolante, con una struttura essenziale e un architetto americano lo definisce ”la macchina da corsa forse più meravigliosa e inutile dello yachting di ogni tempo”. Una Coppa senza storia con la vittoria dei difensori. Skipper Charles Barr alla sua terza affermazione alla Coppa America. Nel settembre 1914 è in programma la quarta sfida di Lipton. Shamrock IV è in navigazio­ne nell’Atlantico a rimorchio di Erin, quando scoppia la Prima Guerra Mondiale. Le due barche raggiungono le Bermuda e poi New York. Della Coppa America si torna a par­lare nel 1920 con la quarta sfida di Lipton. Contro Shamrock IV progettato da Charles Nicholson gli americani affidano la difesa della Coppa a Resolute sempre progettato da Herreshoff per Henry Walters e soci. È l’unica volta, nella storia delle sue sfide, che Lipton ha la possibilità di vincere la Coppa. Gli inglesi vincono le prime due prove e mai come questa volta sono vicini al traguardo fi­nale. Agli americani le due prove successive. I due contendenti sono alla pari. Un rinvio della quinta prova per le cattive condizioni del tempo è richiesto dagli americani. Lo skipper inglese, William Burton, di sua ini­ziativa lo concede. Le migliorate condizioni del tempo favoriscono gli americani che vin­cono la prova. La Coppa è salva anche se con un margine esiguo di tre vittorie a due. “Non riesco a vincere” è la risposta di Lipton. Neppure con le importanti innovazioni per la Coppa Ame­rica del 1930 quando viene abbandonato, per il troppo traffico mercantile, il campo di regata da­ vanti a New York per il mare di Rhode Island Sound con la base nella ridente cittadina di Newport. Le barche per la disputa della Coppa America sono quelle della Classe “J”. La barca di Lipton, Shamrock V, è progettata da Charles Nicholson. Gli americani costruiscono quattro barche della nuova classe e alla fine dei tre mesi di eliminatorie è scelta Enterprise progettata da W. Starling Burgess per Winthrop Aldrich e soci. Nelle prove della Coppa America gli americani, meglio preparati per le selezioni fatte per la scelta del difensore, sono favoriti. Harold “Mike” Vanderbilt non ha difficoltà a vincere quat­tro prove. Il traguardo dell’ultima prova è tagliato con il progettista Burgess al timone di Enterprise. “E lo Shanrock V dov’è?”. Vanderbilt scrive in seguito. “Ci girammo per guardare a poppa: era distaccato di circa un miglio e aveva tutto l’aspetto di un av­versario malamente battuto. L’ora del nostro trionfo era vicinissima, ma così venata di tristezza da aver perso quasi ogni attrattiva. Nel nostro animo c’era un solo sentimento: la grande simpatia per quel vero sportsman britannico”.

Testo di Franco Belloni pubblicato sul numero 40 di Arte Navale. Su gentile concessione della rivista Arte Navale. Le immagini di archivio sono pubblicate su gentile concessione della rivista Arte Navale. E’ fatto divieto per chiunque di riprodurre da mareonline.it qualsiasi immagine se non previa autorizzazione direttamente espressa dall’autore delle immagini al quale spettano tutte le facoltà accordate dalla legge sul diritto d’autore, quali i diritti di utilizzazione economica e quelli morali.

 

pubblicato il 9 Novembre 2017 da admin | in Personaggi, Storie | tag: 12 metri S.I. Azzurra, Coppa America, New York Yacht Club, Royal Ulster Yacht Club di Belfast, Royal Yacht Squadron, Thomas Lipton | commenti: 0

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Commenti recenti
  • Carmen Iemma 28 Aprile 2025 at 05:03 su Vini da tenere in cambusa? Queste bottiglie
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    Il Bellone non filtrato cresce su un terreno sabbioso ed è baciato dal ponentino, accompagnerà egregiamente i tuoi pranzi. Provare
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