Sono molti gli scrittori che nei secoli hanno affidato il ruolo di protagonista dei propri racconti a dei lupi di mare, i marinai più esperti capaci di affrontare le durissime leggi del mare e i suoi pericoli durante navigazioni a vela lunghe mesi o addirittura anni (e per i quali i francesi hanno creato il nome di loup de mer, “rubandolo” alla spigola, pesce veloce e difficile da prendere). Arvit Moretti per il proprio primo romanzo, capace di solcare vento in poppa le classifiche di vendita, ha invece scelto un uomo lupo per guidare i lettori lungo la rotta di una storia affascinante come poche altre, spostandosi dalle montagne del Trentino Alto Adige alle acque di mari e oceani. Un romanzo storico che ha affascinato, prima di chiunque altro, i responsabili della casa editrice Albatros per la sua straordinaria capacità di “calare il lettore nell’epoca medievale attraverso una narrazione romanzata, unita a fonti storiche ricche di riferimenti minuziosi e a un’interessante e efficace rappresentazione dei luoghi e degli aspetti socio economici”. Un vero e proprio “viaggio nel tempo e nello spazio” destinato sicuramente ad affascinare anche i lettori – lupi di mare grazie alle numerose pagine in cui la fantasia fa navigare il protagonista, Hubert der wolf, e la sua Adelheid a bordo di antiche imbarcazioni, verso approdi distanti migliaia di miglia. Pagine scritte con uno stile capace di offrire emozioni profonde, come testimoniano alcuni “passaggi”che mareonline.it ha il piacere di “anticipare” su gentile concessione dell’autore.Dopo il temporale
… Giunti alla banchina dove era attraccata l’imbarcazione si accorsero delle frementi attività in corso a bordo della stessa. Tra urla e ordini del capitano, lo stesso, Testamorta, il Moretto affossato nel pozzetto del bastimento e qualcun altro disceso nella pancia della barcaccia si passavano in una catena senza fine buglioli pieni d’acqua che poi svuotavano nella laguna. La linea di galleggiamento del bastimento si era talmente abbassata che il ponte era quasi a livello del mare su cui galleggiava. Senza porsi domande Hubert e Adelheid accorsero e saliti con un balzo sulla plancia si aggregarono ai marinai. Il lavoro era estenuante e talmente faticoso che dopo un paio d’ore Adelheid dovette fermarsi a riprendere fiato. Subito il ligure si rivolse a Olfo dicendo: “E’ un po’ molliccia la ragazza, dovremo parlare un po’ prima di imbarcarlo.” Hubert annuì, poi guardando la ragazza dentro quel saio tanto bagnato che probabilmente pesava più di lei, le disse: “Tutto bene, prendi fiato e non ti preoccupare. Chiariremo tutto quanto e vedrai che saranno felici di prenderci a bordo!” quindi riprese indefessamente a svuotare quei maledetti secchielli. Giunto il pomeriggio, più di quattromila buglioli erano stati svuotati e la barca era tornata ad una linea di galleggiamento quasi normale. I sei lavoratori avevano dato l’anima e ora i muscoli delle braccia e della schiena erano ridotti in poltiglia. Il Ligure, particolarmente accigliato, il mattino seguente aveva ripreso i suoi modi di fare come se nulla fosse accaduto e ora riusciva a fare anche qualche battuta spiritosa ai propri uomini. D’un tratto s’interruppe e rivolgendosi a Olfo chiese: “Aallooora ave…ete deciso ccosa ffare? Sie…ete dei nnostri opp…pure ddevo cercaarmi quaa … quaal…ccun aaltro?” Hubert che non attendeva che quella domanda fece finta di essere molto combattuto e rivolgendosi alla compagna di viaggio a sua volta domandò: “Pensi di farcela a sostenere questi ritmi in caso di necessità? Vuoi imparare l’arte marinara o ci limitiamo a qualche preghiera, un po’ di questue e se serve qualche benedizione per pagarci il biglietto? Sai con meno di 6 Tarì il capitano è disposto a portarci anche in Paradiso, cosa ne pensi?” Adelheid, capita l’antifona, fece un gesto che indicava chiaramente la sua voglia di rinunciare poi affermò: “Questo al massimo ci porta agli inferi dopo averci fatto affogare in qualche angolo sconosciuto di questo mare. Cerchiamoci un altro passaggio.” Olfo a quel punto riprese la parola e senza lasciare tempo di ribattere al Boccanegra sentenziò: “Ha ragione la mia compagna di viaggio, è inutile rischiare la pelle per trasbordare a pochi soldi quando con poco più avremmo la quasi certezza di non affogare tra i flutti. Sempre che non sia tu ad assoldarci e a pagarci per i servizi che potremmo prestarti. Oggi l’abbiamo fatto gratis ma non sempre si può essere così altruisti. Aiutare gli altri è per noi fondamentale però …
La nuova imbarcazione
… La sua bellezza era talmente affascinante che una piccola folla di curiosi si era riunita per ammirare il suo varo. Le mancava solo il nome, così Hubert lasciò l’onore della scelta a Adelheid. “Wolf … Lupo!” rispose la ragazza senza indugio, aggiungendo: “Te lo meriti”. Gennaro raccolse una tavola di legno già approntata e in men che non si dica iniziò a intagliarla. Ben presto il nome Wolf fu chiaramente leggibile poi, quasi d’incanto, una bella testa di lupo spuntò accanto ad esso completando l’iscrizione. La tavola fu colorata e quindi fissata alle mura di poppa, proprio accanto alla barra del timone. Non rimaneva che il varo. Hubert salì a bordo. Incastrò la barra di comando al timone, poi prese un pezzo di pane, lo spezzò e raccolte le briciole, le sparse per il ponte insieme ad alcuni trucioli di legno provenienti dalla sgrossature della barra stessa, poi gridò ai quattro venti il nome dell’imbarcazione. Dalla banchina tutti si unirono ai festeggiamenti. Hubert porse una piccola sacca contenente i 14 ducati d’argento al Maestro d’ascia, poi lo abbracciò e gli promise che sarebbe tornato a salutarlo. Il vecchio sorrise, e disse: “Ti auguro tanta fortuna, con questa imbarcazione potrai raggiungere ogni luogo del mondo conosciuto e forse anche di quello ad oggi sconosciuto. Tu trattala bene e lei ti rispetterà sempre. Per tutto il resto spero di rivederti il più tardi possibile e se non sarà su questa terra, lo sarà in Paradiso. Ora vattene perché questa barca era come avere un figlio sempre vicino e ora tu me lo stai portando via. Auguri! … e figli maschi.” Tutto l’equipaggio salì in coperta e dopo breve, posti i remi negli scalmi, molto lentamente l’imbarcazione si staccò dalla riva e prese direzione della banchina, dove avrebbe caricato cibo e soprattutto acqua per poi intraprendere la nuova traversata fino ad Alexandrea. Restava un’ultima operazione da eseguire, dipingere sulla vela il simbolo di riconoscimento indicato da Melqart. Uno stilizzato occhio chiuso. Purtroppo, durante la frettolosa esecuzione, anziché disegnarlo in senso orizzontale, fu tracciato con orientamento verticale e l’occhio si tramutò nell’allegoria dei genitali femminili. Hubert, accortosi dell’errore, si mise a ridere e rivolgendosi ad Adelheid affermò: “Un omaggio alla padrona di casa” Poi dopo una serie di battutacce goliardiche fu deciso che da quel momento lo stesso li avrebbe rappresentati in ogni mare. Lo scafo, perfettamente equilibrato, viaggiava speditamente sotto la spinta del vento che gonfiava l’estesa vela latina. L’equipaggio senza esasperare la cazzatura delle vele riuscì comunque a imprimere all’imbarcazione una notevole velocità tanto che altri bastimenti avventuratisi in mare aperto prima di loro furono raggiunti e superati in men che non si dica. Dopo sole sei ore l’insenatura di Otranto era stata superata e dopo altre tre si iniziarono ad intravvedere le prime isole Elleniche e all’imbrunire la costa di Kérkyra.
pubblicato il 15 Aprile 2021 da admin | in | commenti: 0