Un’analisi delle condizioni delle infrastrutture portuali e retroportuali, con la lente d’ingrandimento puntata sulle reali “connessioni” fra gli scali e le reti autostradali e ferroviarie e gli aeroporti, per comprendere quanto può essere davvero competitivo per il mercato internazionale far “approdare” le merci lungo lo stivale per poi farle proseguire verso il Nord Europa, ma anche per valutare quali porti italiani hanno fondali sufficientemente profondi per poter ospitare in futuro navi cargo sempre più grandi e che richiedono un “pescaggio” maggiore e dove invece i giganti del mare non potranno attraccare. E poi un’analisi delle possibili strategie da adottare per non essere esclusi dalle rotte del futuro, soprattutto alla luce dello “scacchiere” disegnato dalla Cina per un posizionamento strategico nel Mediterraneo ponendo le basi in alcuni dei più importanti terminal portuali, dei passaggi attraverso il canale di Suez, oltre che alla luce delle free zone portuali capaci di attrarre come calamite gli investimenti industriali, delle sfide imposte dalle nuove tecnologie e dagli scenari energetici… Guardare “in profondità” agli scenari economici e marittimi di oggi e saper comprendere in anticipo quale potrà essere l’impatto che potranno avere in futuro le autostrade del mare è fondamentale per lo sviluppo, o invece la decrescita (che non può essere che infelice, contrariamente a quanto affermato da un infelicissimo slogan di uno schieramento politico) di un Paese. Una visione approfondita che è possibile avere “immergendosi nella lettura” del sesto rapporto annuale “Italian Maritime Economy” dal titolo “Nuovi scenari nel Mediterraneo: Suez e la Cina, le strategie dei grandi carrier, le nuove tecnologie e le rotte dell’energia”, curato da Srm (centro studi collegato a gruppo Intesa Sanpaolo) presentato a Napoli in concomitanza del primo Euromediterranean Investment Forum, meeting internazionale organizzato dalla Federazione banche assicurazioni e finanza. Un documento che disegna una “mappa” fondamentale per un Paese come l’Italia, autentica piattaforma logistica naturale nel Mediterraneo, che ha proprio negli scali presenti lungo migliaia di chilometri di coste il suo possibile e “maggior tesoro”: la possibilità di rappresentare l’anello di congiunzione fra il punto di partenza e il punto d’arrivo per miliardi di tonnellate di merci. “Un rapporto che offre a imprenditori e agli operatori una radiografia dei fenomeni marittimi che stanno caratterizzando il panorama mondiale e italiano”, come ha sottolineato dichiarato Paolo Scudieri, presidente di Srm sottolineando come il 70 per cento dell’import export globale viaggi via mare con una crescita del più 3,1 per cento nel 2018 rispetto al 2017 e una previsione di crescita di un ulteriore 3,8 per cento annuo da qui al 2023. Numeri (il mare assorbe il 37 per cento dell’interscambio italiano, con un valore degli scambi commerciali pari a 253,7 miliardi) importanti, che meriterebbero una riflessione approfondita, così come quelli che “denunciano” ancora un ridotto utilizzo dell’intermodale, con la stragrande maggioranza delle imprese coinvolte nell’indagine, l’80 per cento, che sceglie il trasporto su gomma per i collegamenti con i porti. E se il canale di Suez gioca in questo scenario un ruolo da grande protagonista, con oltre 18mila navi e 983 milioni di tonnellate di merci transitate nel 2018, per il futuro è fin troppo facile assegnare fin d’ora il ruolo di star alla Cina, già oggi principale fornitore dell’Italia con il 17 per cento di tutto l’import via mare nazionale, che con la Via della Seta dovrebbe porterà un aumento del Pil mondiale entro il 2040 di 7,1 trilioni di dollari l’anno, con una crescita annua del 4,2 per cento. Ma i numeri ai quali chi “timona” l’Italia dal ponte di comando del Governo dovrebbe guardare ancor con più attenzione sono quelli delle stime della Srm che indicano, per la filiera marittima, una capacità di generare un impatto sul valore aggiunto pari a 3,2 miliardi di euro qualora l’Italia effettuasse investimenti portuali tali da aumentare del 10 per cento la capacità di attrazione dei traffici nei nostri porti. Un investimento che anche un bambino comprenderebbe, una possibile manovra resa ancora più evidente in tutto il suo interesse dal ruolo sempre più centrale assunto dal Mediterraneo nell’economia marittima, area in cui si concentra il 20 per cento dei traffici mondiali via nave, con l’Italia che, come ha evidenziato anche Massimo Deandreis, direttore generale di Srm, “ha così una grande opportunità: quella di trasformare il vantaggio competitivo naturale che ha avuto “in dono” grazie alla sua posizione geografica in un vero vantaggio competitivo per la propria economia e per il proprio sviluppo, attraendo nuovi nuovi investitori. Puntando con decisione sul binomio logistica-portualità, investendo in infrastrutture materiali, intermodalità e tecnologie” E magari varando nuove Zone economiche speciali capaci di fare da traino. Strumento che, per Massimo Deandreis, “va ora reso operativo senza indugi e con convinzione”. Scelte che spettano a chi è al timone: dalla classe politica dipenderà se questa straordinaria opportunità trascinerà la ripresa o farà affondare il Belpaese.
pubblicato il 5 Luglio 2019 da admin | in | tag: nuovi scenari nel Mediterraneo, Paolo Scudieri, Srm | commenti: 0