Se scrivere di una persona vivente, nel bene e nel male, è possibile anche se imbarazzante, scrivere di un eroe del passato quale Luigi Rizzo, Collega ma con la C maiuscola, è impresa non solo ardua ma anche difficile perché è sempre presente il rischio di incorrere nella retorica, di essere ripetitivi fino al punto di mancare le aggettivazioni giuste. Forse per queste ragioni Luigi Rizzo non ha goduto, come altre eminenti personalità del passato, di una documentata e seria vita storica e forse perché l’Italia, Paese pronto a riconoscere e incensare gli eroi di qualsivoglia nazionalità, è poco gene- roso verso i propri pur essendo sempre operazione rischiosa “riesumare” una personalità del passato per riproporne la presentazione ai giorni attuali. Questa umile rievocazione non vuole arrivare a tanto, ma lo spirito-guida è quello di rinvigorirne la memoria, di riportarlo alla ribalta nell’occasione del novantesimo anniversario della sua consacrazione a eroe attraverso un breve quanto sintetico excursus della sua vita al fine di un rilancio spirituale e morale della sua figura; ben acconcia l’occasione del novantesimo anniversario dell’impresa di Premuda che cade in tempi nei quali sembrano pericolosamente venire meno i riferimenti morali più fondanti della società che hanno sempre costituito per Luigi Rizzo la meta di una rotta sicura: famiglia, onore, Patria.
Rizzo fu un vero “uomo di mare”: lo fu per nascita e per vocazione, da civile e da militare, da privato, da imprenditore. E lo fu fino alla morte, contro la quale lottò fino all’ultimo, sempre cosciente a sé stesso, aiutato da un vecchio amico e collega, la medaglia d’oro al valore militare Raffaele Paolucci, affondatore della corazzata austriaca Viribus Unitis nel porto di Pola, che divenuto chirurgo di fama, tentò con tutte le sue forze di strapparlo al male incurabile che lo minava. Luigi Rizzo nasce a Milazzo l’8 ottobre 1887 da una famiglia di tradizioni marinare: il padre Giacomo, comandante di gran cabotaggio, naviga da sempre nella Marina mercantile lungo le rotte commerciali del Mediterraneo ovunque un nuovo nolo richiede il trasporto di merce; lo zio Giovanni, lui pure di Milazzo, con precedenti garibaldini e in servizio nella neonata Marina unitaria, nel 1866 a Lissa, muore nell’affondamento della pirofregata Re d’Italia. È il primo Rizzo a entrare nell’Albo d’oro degli abitanti di Milazzo caduti per la Patria. Luigi è destinato al mare, lo vuole la tra- dizione di famiglia e lo desidera lui stesso; frequenta con onore il prestigioso Istituto nautico di Messina uscendone nel 1905, a 18 anni, diplomato con Licenza d’onore, l’abilitazione di aspirante al comando di navi mercantili. Non perde tempo, s’imbarca come ufficiale di coperta, consolida nel corso delle navigazioni fuori dagli Stretti la sua abilità e perizia marinaresca sino a divenire un professionista del mare. Nel novembre del 1911 partecipa a un concorso per ufficiali di complemento nella Riserva navale conseguendo nel marzo dell’anno successivo la promozione a sottotenente di vascello di complemento.
Conclusa questa breve esperienza militare Luigi non ha tempo di guardarsi intorno non mancando le offerte di lavoro: nella seconda metà del 1912 la Commissione Europea del Danubio gli offre a Sulimà (Romania) un posto di pilota, un lavoro nuovo, di responsabilità, in consesso internazionale che accetta impegnandosi sempre con capacità e professionalità, mettendosi in luce durante una tempesta nel soccorrere con audace sprezzo del pericolo un mercantile. Una meritata decorazione rumena al valore civile ricorderà l’evento. Allo scoppio della prima guerra mondiale rientra in Italia, in tempo per prestare servizio nella Regia Marina venendo prima destinato alla base sull’isola della Maddalena e quindi a Venezia, presso il Deposito C. R. E. M. dell’isola di San Daniele in qualità di istruttore reclute.
Rizzo è un uomo d’azione, non di scrivania e la noiosa attività didattica e la grigia vita di caserma non gli danno particolare soddisfazione; la fortuna, specialmente in tempo di guerra, gira molto rapida per un giovane ufficiale che sa anche pazientare: il momento arriva dopo meno di un anno quando è destinato a Grado presso il locale comando Piazza. Grado, piccola cittadina lagunare di pescatori strappata agli austriaci nelle prime ore del conflitto, vicina al fronte, è l’avamposto della Marina nell’Alto Adriatico. È il punto di partenza per Rizzo che, come in tutte le storie umane, trova un mentore nel capitano di fregata Alfredo Dentice di Frassino, comandante della difesa, che meritatamente gli darà la “spinta” giusta. Meritatamente, perché Rizzo con il suo dinamismo e il buon carattere si fa subito benvolere e apprezzare da tutti e se anche la sua attività, almeno inizialmente non è ancora sul mare, può al meglio mettere in luce quelle conoscenze e esperienze che il mare gli ha fornito.
È così coinvolto in missioni particolari da lui ricercate e non strettamente connesse al suo incarico, operazioni nelle quali manifesta, oltre alla solida già citata professionalità, doti di coraggio e audacia unite a un istintivo autocontrollo perfettamente esercitato al momento giusto che fa di lui un fidato e sicuro uomo d’azione. La prima medaglia d’argento al valore militare premia nel novembre del 1915, già tenente di vascello, la sua prima attività bellica, accrescendo in lui la volontà di persistere nella disponibilità per azioni pericolose ricercando in altro incarico operativo una più completa soddisfazione al dinamismo che lo anima; il comando nel maggio del 1916 della locale squadriglia M.A.S. gli offre l’opportunità tanto ricercata.
Anche se inizialmente i compiti assegnatigli comportano una noiosa routine di servizi di scorta e vigilanza, non importa perché è finalmente sul mare. È paziente, sa aspettare, prima o poi arriverà il momento di svolgere azioni più fruttuose. Una dura missione di vigilanza notturna nelle acque del Golfo di Trieste contrastata da una squadriglia di torpediniere austriache e una ricognizione notturna delle ostruzioni del Vallone di Muggia (Trieste) sotto gli occhi del nemico sono le prime avvisaglie del suo attivismo. Nel marzo del 1917, per speciali e accertati meriti di guerra, ai quali i citati episodi non sono estranei, è trasferito nel ruolo del servizio permanente effettivo raggiungendo un altro traguardo di carriera.
A Grado Rizzo è di casa, è conosciuto e stimato e tra una missione e l’altra trova il tempo per corteggiare e fidanzarsi con una gentile signorina del luogo, Giuseppina Marinaz, figlia del dottor Angelo, che sposerà in frangenti avventurosi, nel corso di un bombardamento aereo e nel pieno della ritirata. Le missioni non danno tregua e una seconda medaglia d’argento premia uno spericolato tentativo di rimorchio di un idrovolante austriaco abbattuto dal fuoco della sua squadriglia nel Golfo di Trieste. L’offensiva del tardo autunno 1917 condotta dalla XIV Armata austro-tedesca del generale von Bülow travolge le forze italiane costringendole alla nota, disastrosa ritirata di Caporetto. Nel disordine e nella confusione del conseguente sgombero di Grado, Rizzo che il 28 ottobre era riuscito a sposare Giuseppina, con la sua squadriglia partecipa al ripiegamento conducendo anche scontri a fuoco lungo i canali interni contro le avanguardie austriache allo scopo di ritardarne la marcia.
Una terza medaglia d’argento al valore, gradito regalo di nozze, premia la sua fattiva partecipazione allo sgombero di Grado. Nella notte fra il 9 e il 10 dicembre penetra nello specchio d’acqua interno del Vallone di Muggia (Trieste) nella piena sorpresa della vigilanza costiera avversaria. Un’azione audace, condotta con grande abilità marinaresca e sagacia. È una grande e stupenda vittoria, primo pieno e vero successo italiano sul mare che giunge in un momento militare non felice.
L’effetto della notizia è immediato e benefico per le positive ripercussioni sul morale della nazione: il Paese ricomincia a sperare, percepisce una possibile inversione di tendenza nei risultati della guerra e consolida il legame fra il fronte e la retrovia. La medaglia d’oro al valore militare suggella degnamente l’impresa. Ma la guerra non concede tregua; Rizzo a malapena riesce a stare con Giuseppina per breve tempo a Milazzo che le missioni lo richiamano alla dura realtà quotidiana. Il nuovo anno, 1918, si apre fra grandi speranze di cambiamento pur fra le molte incertezze che ancora sussistono sul piano militare.
Nella notte fra il 10 e l’11 febbraio Rizzo partecipa alla nota impresa del forzamento della baia di Buccari agli ordini del capitano di fregata Costanzo Ciano, coraggioso comandante della flottiglia M.A.S. dell’Alto Adriatico, con il maggiore di cavalleria Gabriele D’Annunzio imbarcato per l’occasione in qualità di “marinaio volontario motonauta”.
La quarta medaglia d’argento al valore militare premia il contributo di Rizzo all’impresa; D’Annunzio lo chiama piccolo grande fratello per la carica umana che lo caratterizza e come ufficiale di Marina l’Affondatore: è l’inizio di una grande amicizia. I M.A.S. hanno adesso un motto, coniato dal Poeta, Memento Audere Semper che li accompagnerà nel tempo. Rizzo, trasferito con la squadriglia a Ancona, svolge ora missioni nelle acque dalmate.
In missione con altro M.A.S. nelle acque dell’isola di Premuda, nelle prime ore del mattino del 10 giugno attacca una grossa formazione austriaca composta da due corazzate protetta da uno schermo di torpediniere. Prora sul nemico, a bassa velocità per rendere la scia meno visibile, i due M.A.S. non visti lanciano i loro siluri a distanza serrata dalle corazzate. L’unità di testa, la Szent Istvan silurata da Rizzo, sbanda sulla dritta e affonderà capovolgendosi dopo circa due ore. Questo grande risultato ha un benefico effetto sulla conduzione italiana della lotta in Adriatico messa in discussione dai francesi; la notizia del successo fa tacitare ogni velleità d’oltralpe.
La seconda medaglia d’oro al valore militare unitamente alla promozione a capitano di fregata per merito di guerra sono la meritata ricompensa per Rizzo cui la duplice fila dei nastrini blu con le stelle d’oro e quelle d’argento sulla divisa lo consacra alla leggenda. È ormai un mito agli occhi della nazione, ma è sempre lui, l’uomo che con umiltà ha operato e con umiltà accetta le lodi, gli elogi e le ricompense. La guerra è adesso alla felice conclusione per le armi italiane: l’affondamento dell’altra corazzata Viribus Unitis nel porto di Pola a opera di un mezzo d’assalto condotto anche da Raffaele Paolucci, il suo futuro medico curante e fraterno amico, chiude in positivo per la Regia Marina. La nascita del primogenito Luigi Giacomo il 3 marzo 1919 conferisce solidità alla famiglia, ma la questione di Fiume lo chiama a fianco dell’amico D’Annunzio nella veste di sostenitore della causa e, quindi sviluppandosi la situazione verso sbocchi improvvidi, come abile negoziatore per una soluzione pacifica. Nel 1920 lasciato il servizio attivo, Luigi Rizzo a 32 anni inizia una nuova vita ancora in una città di mare: si trasferisce con la famiglia a Genova nel sobborgo di Pegli in una bella villa acquistata con il sostanzioso premio per l’affondamento delle due corazzate austriache.
È una serena vita familiare ora allietata anche dalla nascita del secondogenito Giorgio mentre lui inizia un nuovo tipo di attività imprenditoriale nell’ambito del porto di Genova con l’ammodernamento dell’organizzazione e con una serie di attività sociali tese alla tutela dei diritti e degli interessi della gente del mare. L’ascesa al potere di Mussolini non lo attira nell’orbita del regime rimanendo sempre presente a sé stesso; pur blandito e fatto oggetto di onori non scende mai a patti con la sua integrità di militare che nega ogni frammistione politica. Nell’aprile del 1924 un grande traguardo nella vita familiare: nasce Maria Guglielmina, tanto attesa; nel maggio del 1925 è promosso capitano di vascello nella Riserva e nel 1932 contrammiraglio; nello stesso anno, in ottobre, il Re gli conferisce il titolo di Conte di Grado. L’anno dopo la gente di Grado lo proclama cittadino onorario.
Nel 1935, nell’imminenza dello scoppio della guerra italo-etiopica, Rizzo su domanda rientra in servizio e alla fine del conflitto, è promosso ammiraglio di divisione per meriti eccezionali. Ripresa la vita civile, continua l’attività imprenditoriale come presidente del nuovo Lloyd Triestino e consigliere capo della Finmare.
Allo scoppio del secondo conflitto mondiale, 10 giugno del 1940, l’ammiraglio Rizzo rientra in Marina ma l’insofferenza a una gerarchia divenuta pesante e farraginosa e una diversa visione sulla condotta della guerra lo portano a chiedere la dispensa dal servizio che gli viene concessa nel gennaio del 1941; la Marina Mercantile continuerà a essere il suo specifico campo di attività.
Nel 1942 Luigi Rizzo è nominato presidente dei Cantieri Riuniti dell’Alto Adriatico a Trieste dove si trasferisce con la famiglia. Nel 1943, in giugno il figlio Luigi Giacomo rientra dai Balcani assegnato al comando di reggimento e Giorgio nominato guardiamarina è destinato in servizio sui M.A.S.. L’armistizio dell’8 settembre coglie i Rizzo in varie parti d’Italia: Luigi in viaggio da Roma a Trieste, Giorgio a Portoferraio sui M.A.S. e Luigi Giacomo a Velletri dove era stato trasferito e Giuseppina e Maria Guglielmina a Trieste nella casa di famiglia. Il 16 settembre Giorgio durante un bombardamento aereo tedesco su Portoferraio è colpito a morte e Luigi Giacomo che non vuole aderire alla Repubblica Sociale raggiunge Trieste dove è la sua famiglia e svolge attività clandestine; l’ammiraglio Rizzo non ha tempo di soggiacere al dolore familiare perché la sopravvivenza e la vita dei 20.000 uomini dei cantieri fra operai e marittimi dipendono unicamente dalla sua capacità e abilità. I tedeschi lo sorvegliano, sanno che è l’animatore di atti ostili nei loro confronti per i numerosi sabotaggi e per i cavilli giuridici e espedienti messi in atto per rallentare l’attività dei Cantieri sollecitata con mezzi coercitivi, ma non ne hanno le prove. Nel novembre Luigi Giacomo entra a lavorare col padre nel settore commerciale dei Cantieri collaborando anche nelle attività clandestine.
Inevitabilmente, il 4 aprile del 1944 Luigi Rizzo e il figlio Luigi Giacomo sono arrestati dalla Gestapo: il figlio, rinchiuso nelle carceri cittadine è rilasciato dopo dieci giorni con residenza coatta; Luigi è trasferito in Austria nel carcere di Klagenfurt dove rimane tre mesi e quindi a Hirschegg, una località dell’Austria occidentale. La moglie Giuseppina non riesce a darsi pace e con grande abilità e coraggio e con la complicità di un ufficiale tedesco riesce a raggiungere dopo lunghe peripezie il marito con il quale può rimanere solo poche ore, sufficienti per infondergli serenità e coraggio. Maria Guglielmina, invece, può stargli vicino e assisterlo fino alla conclusione della vicenda. L’11 agosto del 1945 Luigi Rizzo, liberato dalle truppe francesi, rientra con la figlia a Trieste riunendosi alla famiglia. Riprende la sua attività nell’ambito dell’I.R.I. e come consulente del gruppo FIAT con vari incarichi. Ciò è possibile perché all’unanimità riconosciuto dalla Commissione Epurazione Imprese Private non compromesso col regime fascista come conseguenza delle cariche ricoperte. Gli ultimi anni sono dedicati completamente alla famiglia trascorrendo il suo tempo fra Roma, Grado e, soprattutto, Milazzo la terra natia. Muore a Roma il 27 giugno del 1951 per un male incurabile. Così ha termine la vita di un uomo che seppe essere sempre e solo sé stesso, non scendendo mai a compromessi o a patti con il suo rigore e integrità morale, luminoso riferimento in tempi bui.
La figura dell’eroe è oggi presente nella Storia patria e della Marina che dal 1939 all’impresa di Premuda ha dedicato la sua festa; a imperituro ricordo la Marina Militare ha voluto perpetuarne la memoria dando il suo nome a una fregata antisom, in servizio nel periodo 1961–1980 e alla quale era assegnato il significativo motto “In hoc nomine victoria”; il nome e il motto caratterizzeranno anche una seconda fregata del programma italo-francese FREMM (Fregates Europeènnes Mul- ti-Mission) classe “Carlo Bergamini” . Il 31 dicembre del 1966 il presidente Saragat autorizzava i discendenti di Luigi Rizzo a aggiungere al cognome il predicato di Grado e di Premuda, come alternativa all’abolizione dei titoli nobiliari. La signora Giuseppina riposa con il suo amato Luigi dall’11 marzo del 1978 nel cimitero di Milazzo dove dal 15 luglio del 1998 è tumulato anche Luigi Giacomo.
Testo di Franco Proserpini pubblicato sul numero 49 di Arte Navale. Su gentile concessione della rivista Arte Navale.Le immagini sono pubblicate su gentile concessione della rivista Arte Navale. E’ fatto divieto per chiunque di riprodurre da mareonline.it qualsiasi immagine se non previa autorizzazione direttamente espressa dall’autore delle immagini al quale spettano tutte le facoltà accordate dalla legge sul diritto d’autore, quali i diritti di utilizzazione economica e quelli morali.
pubblicato il 1 Aprile 2024 da admin | in Personaggi, Storie | tag: affondamento della corazzata austriaca Viribus Unitis, Alfredo Dentice di Frassino, Luigi Rizzo, Raffaele Paolucci, ’impresa di Premuda | commenti: 0Just Peruzzi, "Il ristorante panoramico più bello d’Italia" - Corriere della SeraVi aspettiamo per accogliervi in quello che il Corriere della Sera ha definito come "Il ristorante panoramico più bello d’Italia"
Pubblicato da Just Peruzzi su Martedì 30 aprile 2024