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Off Shore, tutto iniziò con una pazza
sfida in motoscafo da Miami a Nassau

25Negli anni Cinquanta il lentigginoso Sherman “Red” Crise, ex capitano dell’Aeronautica americana, si era messo in testa di sviluppare il turismo nelle Bahamas organizzando corse motoristiche, un’attività che svolgeva professionalmente fin dalla fine della guerra. Lanciò così la Bahamas Speed Week, un’accozzaglia di gare che comprendeva auto in miniatura, go-kart, barche e persino aerei. Sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, che facesse notizia, un bel giorno ebbe l’idea di una corsa in motoscafo da Miami a Nassau, nell’isola bahamiana di New Providence. Erano 184 miglia in mare aperto attraverso la Corrente del Golfo. Capitava raramente a quell’epoca di mettere la prua in oceano: i motoscafi erano lenti e a parte qualche uscita per una battuta di pesca, generalmente si limitavano a navigazioni di piccolo cabotaggio sotto costa o in acque riparate.

Il primo a raccogliere la sfida fu Sam Griffith, l’indistruttibile eroe della Seconda guerra mondiale…

L’idea era originale e soprattutto ardita e forse per questo raccolse entusiastiche adesioni. Il primo a raccogliere la sfida fu Sam Griffith, detto l’indistruttibile. Eroe della Seconda guerra mondiale, pilota di aereo, di auto e di barche da corsa inshore, con alle spalle mille incidenti e mille avventure.

… che come compagno scelse Dick Bertram, il fondatore del celebre cantiere

E questa era un’avventura che faceva per lui. Griffith, in cerca di un valido compagno, si rivolse al suo amico Dick Bertram, un noto broker nautico che poi fondò l’omonimo cantiere, e lo convinse a correre insieme a lui. Bertram era più appassionato di vela che di motonautica, aveva vinto un mondiale di classe Lightning e fu scelto come responsabile di coperta del Vim nelle selezioni del defender di Coppa America. Più per curiosità che per passione, accettò l’invito di Griffith. Avrebbero corso su un Sea Skiff 34’ della Chris Craft, motorizzato con due Cadillac Crusader da 215 cavalli. Tra gli altri concorrenti, undici in tutto, c’erano piloti che venivano dal mondo dell’automobilismo, come Jim Rathmann, vincitore di una Indianapolis 500. Rathmann aveva un runabout Howard Abbey di 20 piedi, motorizzato con due Chevrolet 205 cavalli. Il 6 maggio 1956 la piccola flotta di audaci si presentò al via. La corsa fu estenuante e mise a dura prova piloti e scafi. La portarono a termine comunque in otto e a vincerla furono i favoriti Griffith e Bertram che impiegarono 9 ore e 20 minuti alla media di 31,7 chilometri orari.

Alla fine della corsa il fasciame era tutto allentato dai colpi subiti e l’acqua entrava a fiumi…

Il fasciame sovrapposto del loro Chris Craft era tutto allentato per i colpi subiti e dalle fessure entravano fiumi d’acqua che a stento uscivano dai buchi previdentemente fatti da Griffith nello scafo prima di partire. La corsa ebbe una certa risonanza, tanto che l’anno successivo vi parteciparono 15 scafi, che divennero 18 nel 1959 e 23 nel 1960. Era nato, insomma, un nuovo sport, l’offshore, ossia la motonautica d’altura.

La Miami-Nassau ha fatto scoprire la motonautica d’altura mezzo secolo dopo la prima gara Algeri – Tolone

In realtà, la Miami-Nassau non fu la prima vera gara d’altura dello sport motonautico. Il primo tentativo fu l’Algeri-Tolone del lontano1905. La corsa prevedeva due tappe: Algeri-Port Mahon (Baleari) e Port Mahon-Tolone per un totale di 454 miglia. Una pazzia per quei tempi, ma sette barche accettarono la sfida. Fra queste c’era Fiat X, costruita e guidata dal livornese Egidio Gallinari. La lancia della casa torinese era la più piccola del lotto e montava un motore di soli 35 cavalli. Ma a Port Mahon, dopo 12 ore di navigazione con mare mosso arrivò per prima, coprendo i 361 chilometri della traversata alla rispettabile media di 29,48 chilometri orari. Il giorno dopo, i concorrenti furono investiti da una violenta tempesta e si poterono salvare solo grazie agli aiuti delle unità marine di appoggio. La corsa fu considerata chiusa a Port Mahon. Il Fiat X fu squalificato per un cavillo regolamentare, ma rimase il vincitore morale. Ci furono poi, tra le due guerre, altri sporadici casi di gare d’altura, ma solo dopo la Miami-Nassau del 1956 questo tipo di corse prese piede dando vita un nuovo sport che ebbe grande popolarità fino alla fine degli Anni 80. Dopo quella prima esperienza, gli appassionati si resero conto che non si poteva affrontare il mare aperto senza opportuni aggiustamenti agli scafi e si iniziarono così a costruire barche fatte apposta per questo genere di corse.

Carena a V profondo e catamarano: i due eventi che hanno riscritto la storia dell’off shore

Nel 1960 si verificarono due eventi destinati a rivoluzionare l’orientamento costruttivo degli scafi. La barca con la quale Sam Griffith conquistò la sua terza vittoria alla Miami-Nassau, Moppie, era un prototipo di Dick Bertram che presentava per la prima volta una carena a V profondo, ideata da Ray Hunt. Hunt era un architetto navale e aveva sperimentato la sua carena su una barca a vela. E fu proprio assistendo a una regata velica che Bertram notò, in una giornata di mare mosso, quella barca che teneva meravigliosamente il mare. Contattò Hunt e dal loro incontro nacque Moppie, una barca che ottenne un’incredibile serie di successi. Il secondo importante evento del 1960 fu la vittoria, nell’Around Long Island Marathon, di uno scafo catamarano, precursore degli attuali bolidi di classe 1. Compì le 322 miglia del percorso alla notevolissima media di 86,488 chilometri orari. Progettisti e costruttori si resero subito conto che l’offshore era il banco di prova ideale per studiare la resistenza degli scafi, il rendimento dei motori, l’affidabilità delle trasmissioni e ogni altro tipo di innovazione tecnologica. E questo coinvolgimento dei cantieri favorì il rapido sviluppo e il successo immediato di questo sport. Nel 1961 l’offshore approdò in Europa, a Cowes, culla dello yachting internazionale. A sponsorizzare e a organizzare la prima gara furono l’editore Sir Max Aitken e il suo giornale Daily Express. La corsa aveva destinazione Torquay, con un percorso di 180 miglia nelle dure acque della Manica. Dagli Stati Uniti erano venuti gli inseparabili e quasi invincibili Sam Griffith e Dick Bertram con il Glass Moppie, il nuovo 31 piedi in fiberglass di Bertram vincitore sia della Miami-Nassau, sia dell’Around Long Island Marathon. Ma i naturali favoriti della corsa ruppero quasi subito uno dei due motori Chrysler 330 cavalli che equipaggiavano il loro monocarena e la vittoria andò così all’inglese Tommy Sopwith, noto pilota automobilistico, su Thunderbolt, una barca costruita dall’inglese Bruce Campbell su disegni di Hunt e motorizzata con due Cadillac Crusaders da 325 cavalli. Da notare che le prime quattro classificate avevano tutte la carena Hunt a “V” profondo. Ottima figura fece anche ‘A Speranziella, barca costruita dal cantiere romano Navaltecnica su disegni di Renato Sonny Levi. ‘A Speranziella era rimasta in lotta per la vittoria fino all’ultimo. Poi per un guasto alla pompa del carburante, era scivolata in sesta posizione. Il buon risultato della barca romana e il favore che lo sport motonautico riscuoteva nel nostro Paese, fecero sì che anche in Italia si pensasse a organizzare una gara. L’iniziativa partì da Franz Furrer, cittadino svizzero residente a Viareggio e presidente del locale Club Nautico Versilia. La corsa, che divenne poi la classica per eccellenza dell’offshore mediterraneo, prevedeva due tappe: Viareggio-Bastia e ritorno il giorno dopo a Viareggio. Il via fu dato il 14 luglio 1962, ma a causa delle pessime condizioni meteo-marine, dei 24 iscritti presero il via solo in 9 e arrivarono a Viareggio in 4. La vittoria andò al comandante Attilio Petroni, alla media di 55,99 chilometri, sulla già citata ‘A Speranziella. In Italia l’offshore ebbe grande seguito e successo. Lo praticarono uomini dello spettacolo, sportivi e finanzieri. Persino Gianni Agnelli che partecipò alla Cowes Torquay del 1962 su una barca di Levi, l’Ultima Dea. Poi la luna di miele finì. Ma questa è un’altra storia. Brutta.

Testo di Riccardo Magrini pubblicato sul numero 39 di Arte Navale. Su gentile concessione della rivista Arte Navale. Le immagini sono pubblicate su gentile concessione della rivista Arte Navale. E’ fatto divieto per chiunque di riprodurre da mareonline.it qualsiasi immagine se non previa autorizzazione direttamente espressa dall’autore delle immagini al quale spettano tutte le facoltà accordate dalla legge sul diritto d’autore, quali i diritti di utilizzazione economica e quelli morali.

 

 

pubblicato il 1 Giugno 2015 da admin | in Personaggi, Storie | tag: Around Long Island Marathon, Bahamas Speed Week, Egidio Gallinari, Sam Griffith, Sherman “Red” Crise, Thunderbolt, Tommy Sopwith | commenti: 0

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Commenti recenti
  • Roberto Ventrella 28 Febbraio 2023 at 21:16 su Al Polo Sud a vela? Il primo italiano
    a riuscirci è stato Giovanni Ajmone Cat
    Fiero d'essere italiano, napoletano e amante del mare. Grazie!
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