“Nel 1994 mia moglie Leslie non ne poteva proprio più del cielo perennemente grigio di Milano e dell’assenza, nell’aria, di qualsiasi profumo di mare. Ne parlammo tra noi e la decisione fu presa. A dicembre ci trasferimmo definitivamente in Nuova Zelanda, il suo Paese d’origine e, da quell’anno, il mio paese d’adozione”. Massimo Martino, fotografo, ha oggi 53 anni. Milanese, diplomato in chimica industriale, aveva conosciuto Leslie in Messico durante un viaggio in Centro America. In Nuova Zelanda si era già recato altre volte. Al primo atterraggio ad Auckland, il giorno di Natale 1986, era stato colpito dalla luce e dallo spazio. “Sono questi”, dice, “i due elementi che non possono non sorprendere un amante della fotografia. Ti trovi sovrastato da un cielo blu intenso, con nuvole bianche spesse, basse sopra il paesaggio, a incorniciare una vista aperta su orizzonti infiniti. Io ne restai abbagliato. Chiusi gli occhi e cercai affannosamente delle lenti scure in grado di proteggerli da quell’accecante splendore.
Compresi immediatamente che proprio il controllo della luce e degli spazi sarebbero diventate le condizioni fondamentali per fare fotografia in questa realtà così particolare, dove la completa assenza di inquinamento, l’intensità dell’azzurro del cielo e del verde del muschio di una foresta nel Fiordland, creano il medesimo effetto che in genere viene prodotto dall’uso di un filtro polarizzatore». Sono queste luci, questi paesaggi, il mare, l’amore per la navigazione, la cultura Maori, ad essere al centro dell’attività professionale di Martino, che pure ha trascorsi da fotoreporter e ha una strettissima amicizia con Mauro Sioli, collega impegnato “in trincea” a rappresentare le più drammatiche e intense immagini della cronaca internazionale. Non ancora ventenne, con la sua prima reflex (una Minolta srt 101), Martino fu tra i primi fotografi ad accorrere a Seveso, il 10 luglio 1976, per documentare il disastro ambientale e umano provocato dalla fuoriuscita di grandi quantità di diossina dallo stabilimento dell’Icmesa. “Proprio l’amicizia con Mauro”, dice, “mi ha condotto ad amare il fotogiornalismo più diretto, portandomi a Berlino nei giorni della caduta del muro, nella ex Jugoslavia all’inizio della terribile guerra civile, ma anche tre giorni presso l’Agenzia spaziale europea, a registrare per immagini cosa significhi vivere e operare in completa assenza di gravità”.
Il trasferimento in Nuova Zelanda ha coinciso con nuovi interessi e passioni. “Ad Auckland”, dice ancora Martino, “ci sono circa 140mila imbarcazioni, una ogni dieci abitanti. Non a caso la città è conosciuta come la città delle vele. Il mare è nella vita di ogni giorno. I bambini salgono sugli optimist già nei primi anni della scuola elementare. Qui, grazie anche alla Coppa America, ho iniziato a fotografare barche, regate, protagonisti. Alcuni momenti, come l’incontro tra Luna Rossa e l’Amerigo Vespucci in una fredda mattina dell’ottobre 2002, sono stati davvero indimenticabili.
Così come la traversata oceanica da Auckland alle isole Fiji del luglio 2007: sei giorni tiratissimi a bordo di Kiribati con 45 nodi di vento in poppa e onde di quattro metri e passa”. Così, anche per Massimo Martino, le onde e il vento sono divenuti protagonisti tanto dell’attività professionale quanto della vita personale e familiare. “Aveva proprio ragione Mauro Sioli quando, accompagnandomi un giorno tanti anni fa in occasione del mio primo viaggio verso queste terre, mi disse, immaginandole così, che sarei finito diritto in paradiso”.
pubblicato il 27 Marzo 2013 da admin | in | tag: Amerigo Vespucci, Fiordland, Kiribati, Luna Rossa, Massimo Martino, Mauro Sioli, traversata oceanica da Auckland alle isole Fiji | commenti: 0