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Franco Fissore, modellista per caso
esperto della marineria ligure per merito

Sanremo inondata di sole è spettacolo non inusuale d’inverno, ma sempre piacevole per chi arriva dalla brumosa Padania; l’assenza di vento, poi, rendeva la giornata del tutto primaverile. Raggiungiamo il quartiere, appena in collina, dove ci attende il nostro ospite, Franco Fissore, canuto ma giovane modellista, d’antico lignaggio e profonda esperienza. La sua casa è poco distante dal superbo santuario della Madonna della Costa, punto di riferimento per i marinai sanremesi di un tempo che accoglia ancora qualche ex voto. Fissore ci accoglie nel suo laboratorio santuario, dove gli spazi sono ritagliati al minimo, un posto per ogni cosa, a scomparsa come in un sommergibile. Sul fondo troneggia il modello del brigantino­ goletta; verrebbe da credere a un natante vero se non fosse per la teca in vetro che lo protegge. Il modello, realizzato in scala 1/33, ha una lunghezza alle perpendicolari di 1060 millimetri e fuori tutto di 1450 millimetri. È stato completamente autocostruito su disegni dello stesso Fissore; tutti i materiali, dal legno al metallo, sono stati realizzati pezzo per pezzo e, nel limite del possibile, sono stati adoperati gli stessi materiali della nave vera: il cordame è stato realizzato con una macchina commettitrice realizzata dallo stesso Fissore, gli argani sono stati costruiti al tornio e così pure le colonnine; gli ingranaggi sono stati costruiti con una fresatrice. La colorazione è stata fatta con i metodi dell’epoca, cioè con le terre; l’opera viva dello scafo è stata rivestita con metallo muntz. Il metallo muntz oggi è paragonabile all’ottone e per foderare la carena ci sono volute circa 2000 piastre, ognuna delle quali porta 84 chiodi; naturalmente il tutto è stato realizzato creando uno stampo messo su una pressa manuale realizzata per l’occasione. Ogni particolare è stato costruito con assoluta fedeltà dell’originale; le botti imbarcate, per esempio, sono state realizzate secondo i dettami dell’epoca; all’interno sono vuote e tenute interamente dalle doghe; lo stesso dicasi per i buglioli e i secchi della pompa di sentina. La macchina del timone è stata realizzata con le due viti senza fine destre e sinistre e con i frenelli a stantuffo, esattamente come l’originale. Le ancore sono state fatte a più pezzi poi saldate, mentre le catene salpa ancora sono state realizzate maglia per maglia, con relativo traversino.

La carriera di Fissore è iniziata nel 1971 con la costruzione dell’Endeavour

Le vele e tutte le altre sovrastrutture sono state eseguite seguendo minuziosamente le indicazioni reperite dai registri navali dell’epoca, i registri del Rina (Registro Navale Italiano). In totale, ci sono volute 12mila ore di lavoro per la realizzazione di questo modello che, nel suo genere, va considerato un capolavoro. Cerchiamo ora di far conoscere ai nostri lettori qualcosa dell’autore di questo splendido scuna, così chiamano in Liguria il brigantino goletta. Come è nata la tua passione per il modellismo? “Direi per caso” risponde molto cordialmente Fissore, “come penso sia nata a tutti i modellisti. Andai a visitare una mostra di modellismo e rimasi incantato da quei capolavori. Da lì è scattata la voglia di poterne realizzare uno. Era il 1971”. A quando risale il tuo primo modello e quale è stato? “Un anno dopo quel primo contatto, mi prese la voglia di realizzare qualcosa, così mi recai in un negozio di modellismo a Sanremo e cominciai a chiedere quali erano le problematiche e le difficoltà nel realizzare un modello; naturalmente il venditore, esperto del mestiere, mi disse che non ci sarebbero stati problemi e che bastava tanta buona volontà. Mi consigliò un modello secondo lui semplice, l’Endeavour. Nelle fasi di realizzazione di questo modello ho avuto la fortuna di conoscere alcune persone che di modellismo veramente se ne intendevano e che mi hanno instradato nel modo giusto. Le prime indicazioni utili me le ha date una persona che ormai è deceduta da anni, un certo Merigi, già socio della Navimodel, il quale a sua volta mi ha fatto conoscere altre persone del settore, compreso l’ingegner Orazio Curti, presidente all’epoca della Navimodel. Con loro ho capito cosa era il vero modellismo e cosa si poteva fare e ottenere da questo splendido hobby e cosi ho iniziato la mia carriera da modellista, continuando ad arricchire le mie conoscenze, anche di persone illustri, come lo studioso Giovanni Santi Mazzini anche lui di Sanremo. Nel 1974 partecipai a Bordighera alla prima mostra di modellismo col mio Endeavour e a quel punto, osservando gi altri modelli presenti alla mostra, capii che potevo continuare l’attività. In questa occasione ho avuto il piacere di conoscere il comandante Flavio Serafini”.

Poi si è dedicato alla restaurazione dei modelli del Museo Navale di Imperia

Quando ti sei dedicato allo scuna e perchè questo tipo di imbarcazione? “In quegli anni il comandante Serafini stava allestendo il Museo Navale di Imperia e mi chiese se volevo collaborare con lui alla realizzazione di quest’opera; il mio compito sarebbe stato quello di restaurare i modelli. Io gli dissi che ero onorato, ma gli confessai di essere alle prime armi come modellista. Lui comunque mi rassicurò e mi disse di non preoccuparmi. Con l’allestimento del Museo di Imperia era nata la necessità di avere delle imbarcazioni del nostro mare, così mi misi alla ricerca di materiale e, col supporto di Serafini e i consigli di Santi Mazzini, abbiamo portato a termine l’impresa. Le ricerche sono comunque durate parecchi anni; in parte per la difficoltà intrinseca di reperire il materiale e in parte perché ero alla mia prima esperienza in questo campo”. Come ti sei mosso per queste ricerche storiche? “Ho visitato in primis tutti i musei della Liguria. Poi ho contattato alcune persone, ovviamente molto anziane, che avevano vissuto a bordo di queste barche e altre, appassionate della nostra marineria, che potevano darmi indicazioni importanti per la realizzazione di un modello. Però la maggiore quantità di materiale l’ho reperita al Museo Navale Mercantile di Marsiglia; questo museo è una vera miniera per quanto riguarda le piccole barche della nostra costa”. Il primo scuna che hai costruito ora si trova al Museo Navale Internazionale di Imperia. «Dopo aver completato le ricerche, avendo a disposizione parecchio materiale, mi sono messo a disegnare questo splendido scafo, impiegandoci circa due anni: all’epoca non esistevano ancora i computer e si disegnava sul tecnigrafo; i primi disegni dello scuna sono stati tutti eseguiti alla vecchia maniera, cioè a mano. Non appena ho terminato i disegni, mi sono messo al lavoro per realizzare il mio primo modello di scuna che attualmente è al Museo Navale di Imperia». Dal tuo lavoro di ricerca è nato anche un libro, una monografia sugli scuna. «Finito di realizzare il modello, mi trovai in mano i disegni fatti e parecchio materiale storico in archivio.

L’esperienza accumulata è stata pubblicata in un libro edito da Berti

Un giorno, al museo di Imperia, guardando e discutendo sul modello della scuna, il Serafini mi consigliò di scrivere un libro sull’argomento. Così decisi di cimentarmi nell’impresa. Nel frattempo era arrivata l’era dei computer e io mi sono messo a studiare come si adoperava quello strumento che all’inizio mi sembrava infernale. Così imparai a disegnare con il computer, passo importante per la nascita del libro. Dopo aver ottenuto ampio consenso dai due massimi esperti del settore, cercai un editore. A questo punto inziarono le peripezie; dopo due lunghi anni di promesse fatte dalla casa editrice, un bel giorno mi sentii dire che per motivi loro interni non potevano più stampare il libro. Tutti i miei sforzi per realizzare qualcosa sulla marineria ligure mi sembravano andati in fumo. Nel settembre 2005 fui invitato a una conferenza sull’architettura navale organizzata dall’associazione Il Sestante, itinerari nella storia. La conferenza, che si tenne in una stupenda villa del lago d’Iseo, non lontano dai cantieri Riva, fu introdotta dal francese Hubert Berti, esperto navale ed editore. Io ebbi la possibilità di presentargli il libro in bozza e tra noi, in quei giorni di permanenza sul lago, nacque una perfetta sintonia. Quando gli dissi che il mio potenziale editore non intendeva più stampare il libro, si offrì di farlo lui e mi suggerì anche alcune migliorie che potevano essere apportate al testo. A quel punto ripresi in mano tutto, lavorai nuovamente per quattro mesi, seguii le indicazioni di Berti e finalmente il libro andò in stampa. Oggi abbiamo la soddisfazione di leggere una monografia stampata da un qualificato editore su un nostro modello che ha fatto parte della ma­ rineria velica del ponente ligure”.

Testo di Edgardo Facchi pubblicato sul numero 40 di Arte Navale. Su gentile concessione della rivista Arte Navale.Le immagini sono pubblicate su gentile concessione della rivista Arte Navale. E’ fatto divieto per chiunque di riprodurre da mareonline.it qualsiasi immagine se non previa autorizzazione direttamente espressa dall’autore delle immagini al quale spettano tutte le facoltà accordate dalla legge sul diritto d’autore, quali i diritti di utilizzazione economica e quelli morali.

pubblicato il 8 Agosto 2020 da admin | in Navi a vela & a motore | tag: brigantino goletta, comandante Flavio Serafini, Endeavour, Giovanni Santi Mazzini, modellismo, Museo Navale di Imperia, Orazio Curti, Scuna | commenti: 1
  • Andrea Carbone ha detto:
    15 Agosto 2019 alle 05:53

    Grande Franco, sei proprio un genio della storia navale.

    » Rispondi
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