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Idroscivolanti, gli scafi che volavano
sull’acqua con le eliche degli aerei

Pochi li conoscono, ma negli Anni 30 erano il sinonimo della velocità sull’acqua. Stiamo parlando degli idroscivolanti, e degli anni della frenesia, della febbre della velocità. In aria, in terra e in acqua si faceva a gara a superarsi in un’inarrestabile corsa ai record. E gli idroscivolanti parevano nati apposta per correre, per demolire ogni primato di velocità sull’acqua. In realtà i primi progettisti, avevano sì in mente il problema della rapidità degli spostamenti sull’acqua, ma esclusivamente a uso pratico per il trasporto di persone e di materiali negli impieghi militari e commerciali. Gli studi degli inizi del Novecento avevano dimostrato che la velocità dell’imbarcazione era inversamente proporzionale alla parte di scafo immersa. Il problema era quindi far sollevare il più possibile lo scafo per ridurre la resistenza dell’acqua. L’impiego di uno o più redan disposti trasversalmente sul fondo della carena ottennero il voluto effetto planante. Il conte francese Charles de Lambert, pioniere dell’aviazione e dell’industria aeronautica, andò oltre e sperimentò la propulsione a elica aerea.

Il primo in Europa, spinto da un’elica d’aereo, sfiorò i 100chilometri l’ora nel 1913

Il suo hydroglisseur, ritenuto il primo idroscivolante europeo, pilotato dall’amico Paul Tissandier, stabilì nell’ottobre del 1913, a Triel-sur-Seine, il record di 98,600 chilometri orari. Se da un punto di vista velocistico gli idroscivolanti si rivelavano un autentico successo, da un punto di vista pratico i risultati furono deludenti. I motori divoravano fiumi di benzina ed erano perciò assolutamente antieconomici; gli scafi per poter raggiungere un’apprezzabile velocità dovevano avere dimensioni tanto ridotte da non poter imbarcare un numero di passeggeri adeguato all’interesse commerciale e inoltre le caratteristiche di navigabilità dell’imbarcazione richiedevano condizioni di acque calme e quindi una navigazione limitata alle acque interne.

Troppo piccoli per il trasporto, troppo elevati i consumi: l’unico utilizzo possibile erano le gare

Sull’utilizzo degli idroscivolanti si sbizzarrirono con scarsi risultati parecchi ingegni. Non rimaneva che dedicarsi alle corse, contesti nei quali i natanti con elica aerea esaltarono le loro qualità. In Italia apparvero per la prima volta in corsa nel 1930 alla seconda edizione della Pavia-Venezia, il raid su acque interne più lungo del mondo, che si svolgeva sui 430 chilometri del fiume Po dall’antica capitale longobarda alla Serenissima. Il primo a presentarsi con questa “bomba” da corsa fu il conte Franco Mazzotti, grande appassionato di motori e uno degli ideatori della Mille Miglia automobilistica.

L’inventore della Mille Miglia e del piede poppiero li resero famosi “volando sul Po per 430 chilometri

Il suo idroscivolante, non per niente battezzato con il nome Millemiglia, era stato costruito dalla Siai (Società Idrovolanti Alta Italia) e motorizzato da Isotta Fraschini. A fianco del conte sedeva un meccanico d’eccezione, l’ingegner Guido Cattaneo grande campione e inventore del piede poppiero. Il successo del Millemiglia era praticamente scontato. La media finale di 50,633 chilometri orari fu assai al di sotto delle aspettative, ma la manovrabilità del mezzo su un percorso tortuoso come quello del Po creò qualche problema di troppo. L’anno successivo Mazzotti e Cattaneo fecero il bis alla media più “decente” di 61,653 chilometri orari. Poi fu la volta dell’allora capitano dell’Aeronautica Attilio Biseo e del conte Theo Rossi di Montelera, il primo campione del mondo della storia motonautica. Gli organizzatori della Pavia-Venezia, intanto, essendosi resi conto dello strapotere degli idroscivolanti sulle altre imbarcazioni tradizionali a elica immersa, avevano deciso di fare per loro una classifica a parte al di fuori di quella assoluta del raid. Ma non era il desiderio di vittoria, quanto quello del primato di velocità ad attrarre gli ardimentosi degli idroscivolanti.

Nel 1938 venne abbattuto il muro dei 100 chilometri orari

Così, nel 1938 il tenente colonnello Goffredo Gorini, già vincitore dell’edizione del 1937, superò per la prima volta il muro dei 100 chilometri percorrendo i 433 chilometri in 4 ore 11’28” alla media di 103,308 chilometri orari. Lo scafo, di suo progetto, era del tipo catamarano, con il fondo dello scarpone a un gradino (redan) e con un motore Alfa Romeo 7 cilindri a stella da 230 cavalli. Alle sue spalle si piazzò, come già nell’edizione precedente, e come in quella successiva, un altro ufficiale dell’Aeronautica, il colonnello Prospero Freri, pilota di Farman nella Prima Guerra Mondiale, pioniere del paracadutismo e inventore del paracadute Salvador. Freri guidava un Siai-Marchetti T-108 con motore stellare Alfa Romeo 9 cilindri. La Siai, fondata a Milano nel 1915, divenne famosa dopo il 1922 con l’avvento come capo progettista dell’ingegner Marchetti, che mise in produzione due modelli, il Savoia-Marchetti S.55 e l’S.M. 79 Sparviero che ebbero grande successo.

T-108 di Freri restaurato dai cantieri Dalla  Pietà si può ammirare al Museo nazionale della scienza e della tecnologia di Milano

Oltre alla produzione normale di idrovolanti, la Siai divenne anche la prima produttrice in Italia di idroscivolanti a elica aerea per il turismo nautico veloce e sportivo. Frai i quali spicca il T-108 di Freri restaurato qualche anno fa dal cantiere veneziano Dalla Pietà. Il battello appartiene al Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci di Milano, il quale, dopo averlo lasciato per qualche anno in stato di abbandono, si è rivolto a Giorgio Dalla Pietà. Questi, da sempre grande appassionato di motonautica – è stato un ottimo pilota, vincitore anche di un titolo mondiale nella classe T.750 – degno erede del padre Bepi, raffinato costruttore di barche da diporto e da corsa, si è offerto di compiere il lavoro a titolo assolutamente gratuito, per pura passione. Le condizioni dell’idroscivolante, quando è arrivato nel cantiere di Malcontenta, erano critiche. Il restauro degli scafi ha previsto il rifacimento totale delle ordinate in legno che sono state pazientemente e abilmente risagomate in lamellare di abete. Le stesse ordinate sono poi state coperte con fogli di compensato marino incollati con colla marina epossidica e rifiniti in vernice poliuretanica che riproduce i colori e i decori originali di cui era rimasta traccia. Curiosamente, sulla fiancata degli scafi stava scritto XII raid Pavia-Venezia. Ma il XII raid si è svolto nel 1952 con cinque anni di ritardo, in realtà, sulla normale ripresa dell’attività nazionale agonistica dopo la pausa bellica, e il T-108 non l’ha mai corso. L’ultima apparizione di questo idroscivolante alla Pavia-Venezia è stata nel 1939, XI edizione del raid. Poi, evidentemente, il colonnello Freri lo fece preparare per l’edizione del 1940, la dodicesima, in cerca della tanto sospirata vittoria, ma gli eventi bellici precipitarono e le avventure dello sport lasciarono il posto a quelle ben più drammatiche della guerra. Con una piccola, ma giustificata, revisione storica, Giorgio Dalla Pietà ha fatto togliere una I dalla scritta ed è rimasto XI raid Pavia-Venezia, l’ultimo corsa effettivamente fatta dall’idroscivolante di Freri.

Testo di Riccardo Magrini pubblicato sul numero 42 di Arte Navale. Su gentile concessione della rivista Arte Navale. Le immagini di Hannes Schick  sono pubblicate su gentile concessione della rivista Arte Navale. E’ fatto divieto per chiunque di riprodurre da mareonline.it qualsiasi immagine se non previa autorizzazione direttamente espressa dall’autore delle immagini al quale spettano tutte le facoltà accordate dalla legge sul diritto d’autore, quali i diritti di utilizzazione economica e quelli morali.

 

pubblicato il 15 Ottobre 2024 da admin | in Storie | tag: Attilio Biseo, cantiere veneziano Dalla Pietà, Charles de Lambert, Franco Mazzotti, Goffredo Gorini, Guido Cattaneo, Hannes Schick, Idroscivolanti, inventore del piede poppiero, Isotta Fraschini, Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci, Prospero Freri, Riccardo Magrini, S.M. 79 Sparviero, Savoia-Marchetti S.55, Siai, Società Idrovolanti Alta Italia, Theo Rossi di Montelera | commenti: 3
  • Antonio Mizzan ha detto:
    16 Giugno 2016 alle 06:22

    Come ex (per ragioni di vista) aeromodellista mi sono fatto un idroscivolante elettrico con 2 scarponi e motore ad elica trattiva-timone direzionale aereo. Ho abbozzato il retro degli scarponi, dopo il gradino con un allargamento, che però non ha dato buoni risultati. Gradirei rifare l’esperimento se mi fosse possibile sapere come erano completati gli scarponi originali. Un 3 viste mi sarebbe sufficiente. Un grazie e a risentirci. Spero.

    » Rispondi
  • Ingegner Luigi Bonomi ha detto:
    29 Novembre 2017 alle 14:11

    Sono interessato, a scopo di ricerca,ad alcune informazioni sull’idroscivolante (dimensioni e peso) utilizzato da Carlo Pagliano per il raid Pavia Venezia. Vi sono particolarmente grato.

    » Rispondi
  • Marco Fano ha detto:
    17 Gennaio 2024 alle 16:08

    Non solo corse. Gli idroscivolanti sono abitualmente utilizzati per spostamenti e trasporto negli acquitrini della Florida, e un idroscivolante italiano, se non ricordo male della Macchi, fu utilizzato negli anni trenta per l’esplorazione del fiume Pilcomayo, che segnava il confine tra Paraguay e Argentina.

    » Rispondi
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