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Il granchio blu lascia i pescatori senza cibo?
La politica ha la soluzione: “basta mangiarlo”

Il granchio blu lascia i pescatori senza cibo?  La politica ha la soluzione: “basta mangiarlo”

“Sono una pescatrice e, come me, oltre 1500 pescatori nel Delta del Po si trovano senza reddito a causa della proliferazione del granchio blu, specie invasiva che ha devastato la nostra fonte di sostentamento e minaccia l’ecosistema locale. Non possiamo ignorare l’impatto che questo sta avendo sulla nostra comunità e sull’ambiente circostante”. Inizia così il testo della petizione postata sulla piattaform change.org  da Serena Negri, che a nome di centinaia di altri colleghi chiede al Governo guidato da Giorgia Meloni di dichiarare lo stato d’emergenza sul “caso granchio blu”. “Aiutaci a portare la nostra voce ai tavoli del Governo Meloni, firma e condividi la petizione alla quale siamo giunti perché siamo stufi del silenzio del Governo, perché siamo stufi delle promesse della Regione Veneto che non ha il coraggio di imporsi a Roma minacciando di far saltare tutto”, è l’appello lanciato dalla pescatrice che non ha alcun timore nel denunciare come la categoria sia “ finita in un limbo in cui chi dovrebbe difenderci a tutti i livelli non si espone perché al livello superiore ci sono gli “amici” oltre al “ paradosso di andare a chiedere aiuto all’Europa, dicendo che c’è emergenza, quando a Roma però si rifiutano di decretare l’emergenza”. Una situazione di fronte alla quale Serena ha intravisto una sola possibile strada per smuovere le acque: “muoverci in autonomia, consapevoli che l’unica cosa che può smuovere questo governo è il danno reputazionale di una petizione”. Una richiesta pubblica di “aiuto” lanciata in rete unita a un riassunto di quanto sta accadendo di fronte al quale sarebbe oggettivamente vergognoso non intervenire da parte del Governo “La situazione è questa: lo Stato non dichiara l’emergenza o la calamità; non abbiamo ammortizzatori sociali essendo partite Iva; ci troviamo in crisi non per colpa nostra, ma per la proliferazione di una specie alloctona, in territori demaniali non di nostra proprietà; non possiamo trovarci altro lavoro altrimenti perdiamo il permesso di pesca, gli istituti di credito senza emanazione dello Stato di crisi non ci sospendono i mutui, e dobbiamo comunque mandare avanti le nostre famiglie”. Un riassunto che non lascia spazio a interpretazioni di quanto sta accadendo dal giugno scorso, da quando, scrive sempre Serena, “abbiamo lanciato l’emergenza, facendo presente che non bastava pescare il granchio per rallentarne l’espansione. In commercio infatti vengono acquistati solo gli esemplari maschi che devono essere grandi. E nel frattempo che il granchio raggiunge le dimensioni appetibili dal mercato, il granchio blu ha divorato tutto, soprattutto le vongole che ci danno da vivere, e le femmine al ritmo di milioni di uova alla volta, continuano la diffusione.  Eppure il ministro Lollobrigida, arrivato nel Delta in estate, ha saputo solo dirci quanto sia buono da mangiare e che avremmo dovuto modificare le nostre attività seguendo la natura e puntando sul granchio che era un’opportunità. Ricorderete la foto della premier, sua cognata, che mangiava lo squisito granchio! Per estirpare il granchio mangiandolo dovremmo cibarcene (ogni singolo cittadino) dalla colazione alla cena tutti i giorni dell’anno, e ancora ne avanzerebbe; ma come era chiaramente preventivabile, il prezzo del granchio è crollato essendocene ovunque. Ci eravamo arrivati noi che siamo pescatori; non ci arrivano il ministro e il suo entourage” E alla “politica” che sembra, ancora una volta, non comprendere le ragioni di un mondo di lavoratori da cui a volte appare distante anni luce, l’autrice della petizione segnala che “ora la scienza, non noi, ha confermato che il 99 per cento di vongole, ossia quello di cui viviamo da decenni, è stato distrutto dal granchio”. Un’emergenza sotto gli occhi di tutti (tranne che dei politici?) che i pescatori”, conclude il testo della petizione, stanno affrontando da soli “spendendo soldi per pescarlo, per macerarlo, per riseminare in ambiente protetto sperando che la semina non venga mangiata, senza avere nel frattempo reddito”.

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