dal “dottor Brave Heart” può salvarvi la vita

Ogni estate puntualmente vengono pubblicate le recensioni dei libri consigliati sotto l’ombrellone: elenchi in cui manca però un libro importantissimo, un manuale per il primo soccorso in mare. Parola di Flavio Cesaro, 39 anni napoletano “camice bianco” specialista in medicina interna e dirigente di medicina d’urgenza – pronto soccorso al centro traumatologico ortopedico di Napoli Azienda ospedaliera dei Colli, incapace di trattenere il sorriso alla propria considerazione ma pronto a tornare serissimo nel sottolineare che “un manuale dedicato alle emergenze sanitarie legate all’acqua non dovrebbe davvero mancare nella sacca da spiaggia o da barca”. Un manuale come quello stampato dalla casa editrice Idelson Gnocchi, anch’essa napoletana, per la quale il medico ha scritto peraltro, insieme con Mario Guarino, un libro dal titolo decisamente accattivante: “Brave heart. Il medico in prima linea. Approccio clinico-terapeutico all’emergenza-urgenza”. Titolo scelto, come spiega Flavio Cesaro con un nuovo sorriso, “perché il film con Mel Gibson è uno dei miei preferiti in assoluto, ma anche perché a fare il medico in un pronto soccorso, come raccontano purtroppo le cronache degli ultimi tempi, occorre davvero essere “impavidi”.
Di fronte a un problema sanitario è fondamentale sapere cosa fare e cosa invece no
Una lettura da spiaggia, ma anche da coperta e sottocoperta, per chi è in barca, consigliatissima “perché per chiunque si trovi ad affrontare un’emergenza sanitaria sapere cosa fare e cosa non fare può essere fondamentale”. In attesa ovviamente, nei casi più seri, “di poter affidare la persona con un problema sanitario a persone competenti, a professionisti della salute: dal farmacista per i casi meno gravi, a medici del pronto soccorso per quelli più importanti. La conoscenza è fondamentale in ogni ambito, più che mai di fronte a un’emergenza sanitaria”, sottolinea il medico conoscitore come pochi del mare considerato che si tratta anche di un diportista oltre che pescatore apneista, evidenziando anche come “emergenza non sia certo un termine usato a sproposito considerata l’entità del fenomeno, dai numeri addirittura drammatici.
300mila persone ogni anno muoiono annegate e spesso si tratta di bambini
Sapete quanti sono i morti per annegamento stimati in un anno nel mondo: oltre 300mila, come confermano i responsabili dell’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità. Un dato terrificante così come il fatto che tra i bambini piccoli l’annegamento sia negli Usa, la seconda causa di morte traumatica”. Un’autentica strage che colpisce “soprattutto adolescenti, in particolare maschi, con un’età fra i 14 e i 24 anni”. Persone estratte dal mare (ma anche da laghi, fiumi, perfino piscine) spessissimo morte, mentre in altri casi invece con segni ancora di vita… “Casi che vengono definiti di “quasi annegamento” e che coinvolgono circa il 6 per cento dell’autentico mare di “emergenze” che ogni estate fanno scattare l’allarme rosso”, prosegue Flavio Cesaro, “e per i quali fortunatamente spesso un rapido intervento da parte di personale medico qualificato è servito a evitare il peggior epilogo, grazie a una rianimazione cardiopolmonare, compressioni, spostamento sul lato per liberare l’acqua dai polmoni, ventilazioni. Interventi salvavita che deve fare solo chi ha le competenze necessarie, ma che potrebbero fare molte più persone se solo ci fosse una maggiore “cultura” del pronto soccorso in acqua, per esempio introducendo corsi di formazione specifici nelle aziende, per i propri dipendenti che, non dimentichiamolo, spessissimo vanno in vacanza al mare e che spesso purtroppo ignorano anche le “basi” del pronto soccorso. Corsi aziendali magari simili a quelli che fanno i bagnini, che non sono “medici”, e che possono fare spesso la differenza fra la vita e la morte”. Differenza che a volte può fare anche la semplice lettura di un manuale “ insegnando proprio cosa va fatto e cosa no”. Una differenza che vale per le situazioni più serie, ma anche per i casi meno gravi che comunque possono creare problemi non da poco, per esempio in seguito a un incontro ravvicinato decisamente poco gradevole con un abitante del mare come una medusa o un pesce velenoso.
Un’immersione anche di pochi metri, in apnea, è a rischio se non si compensa
O magari per un’immersione fatta senza avere le giuste conoscenze, magari senza sapere neppure cos’è la compensazione. “Un problema molto più frequente di quanto si possa pensare è quello che noi chiamiamo barotrauma ed è proprio la conseguenza di una rapida risalita senza fare la compensazione, con il risultato che l’espansione del gas distrugge gli alveoli, provocando un enfisema polmonare, ma anche uno pneumotorace e nei casi più gravi un’embolia gassosa”, spiega sempre il “dottor Brave heart” che, nel ruolo di medico, lancia invece l’invito a tutti a “essere in acqua un po’ più pavidi e meno incoscienti”, spazzando via una “convinzione purtroppo diffusa per cui i rischi li correrebbero solo i sommozzatori. Falso: è un pericolo reale pronto a colpire anche chi fa apnea scendendo solo a poco più di una decina di metri di profondità. Perché sott’acqua possono bastare davvero pochi metri per rischiare la vita, come insegna Alessandro Riccardi, uno dei massimi esperti di medicina subacquea sempre pronto a insegnare che in ogni immersione è indispensabile calcolare il tempo necessario alla discesa ma soprattutto alla risalita, tenendo sempre presenti le “fermate” da fare ogni cinque metri per compensare, manovra che si può facilmente imparare in piscina. Una “lezione” da tenere sempre a mente anche per chi si è tuffato a riprendere il salviettone caduto dalla barca, senza bombole. Per i sub, che scendono a profondità ben maggiori, c’è invece un altro pericolo: quello della malattia da decompressione causata fondamentalmente dall’azoto che si dissolve nei tessuti nei casi in cui, con risalite troppo accelerate, non si dà il tempo all’azoto di sciogliersi, creando bolle d’arie che vanno a inondare i tessuti. Ma chi fa subacquea è generalmente più “attento” e meno incosciente di certi bagnanti della domenica”.
Il panico sottacqua è un nemico terribile perché fa “bruciare” molto più ossigeno
Persone troppo spesso inesperte e, anche per questo, spessissimo più a rischio anche per un altro fattore: la paura. “Fattore inversamente proporzionale al numero di esperienze vissute sott’acqua e che incide tantissimo: per una persona non abituata a un “incontro ravvicinato” con un abitante del mondo sommerso potenzialmente pericoloso il panico incide addirittura per il 60 – 80 per cento nel determinare un finale infausto, perché più una persona si agita più consuma ossigeno”.
Un dolore profondo? Si può provare anche dove l’acqua è alta solo pochi centimetri
Pericoli che si possono correre a pochi metri di profondità mentre possono bastare solo poche decine di centimetri per provare un “male davvero profondo”. Già, perché, prosegue Flavio Cesaro in questo viaggio alla scoperta delle emergenze sanitarie al mare che hanno spinto la casa editrice napoletana a dare alle stampe il “Manuale di primo soccorso, gestione delle emergenze mediche in mare per il diporto nautico” anche “sul bagnasciuga possono nascondersi pericoli per chi sta semplicemente facendo una passeggiata o giocando con palla o racchettoni. Uno dei pericoli più comuni, sui fondali sabbiosi, è per esempio essere punti da una tracina, pesce che si nasconde sotto la sabbia dalla quale però emerge il suo velenoso pungiglione. Punture dolorosissime e che in soggetti allergici possono risultare addirittura mortali. Meno dolorosa e pericolosa, ma abbastanza frequente, è la puntura di ricci”.
In spiaggia troppi dimenticano che la pelle è un organo del nostro corpo
Roba da far venir voglia di fermarsi in spiaggia (anche se per mettersi al riparo basterebbero delle scarpette di gomma….) dove però si nascondono altri rischi… “A cominciare dal più comune, quello di un colpo di sole. Troppi vacanzieri dimenticano che l’epidermide è un organo e che con troppo calore e umidità non riesce più a fare quello che deve: espellere il calore. Con il pericolo che la temperatura corporea interna arrivi a superare i 40 gradi e con rischi di capogiri ,vertigini e sincope, crisi epilettiche e soprattutto pericoli per l’attività cardiaca. Già, perché il colpo di calore e la disidratazione fanno perdere sodio, potassio e calcio e se una persona ha patologie cardiache il rischio di un’aritmia come complicanza può essere elevato. Non dimenticate mai: la pelle è un organo e dunque può ammalarsi anche gravemente e sempre per colpa del sole. Che può far molto bene ma anche molto male. Un esempio? Il melanoma e il basalioma, due tumori della pelle, con la possibilità che la loro insorgenza venga moltiplicata esponenzialmente nelle persone che prendono forti scottature, che non si proteggono dai raggi ultravioletti con creme ad alta protezione, meglio se 50, da spalmare ogni due ore e dopo ogni tuffo”.
Il caldo può essere molto pericoloso. Il freddo anche
Sole, caldo, potenziali pericolosissimi nemici. Come può esserlo però anche il freddo “magari per un bagno troppo prolungato in acqua dalla temperatura abbassata notevolmente dalle correnti, dal fatto che si sta nuotando non a riva ma al largo. Situazioni che possono creare l’ipotermia, altro nemico da non sottovalutare, soprattutto se si è al largo dove l’uso di una muta è più che consigliabile per evitare di dover fare i conti con problemi, anche in questo caso di cuore.
Se navigate a vela occhio al boma: un colpo in testa può gettarvi fuoribordo
Acqua, spiaggia: ma il pericolo” “corre” anche a bordo, sulle imbarcazioni… “Sugli scafi a vela il pericolo pubblico numero uno, soprattutto per i meno esperti, è rappresentato dal boma e dai traumi che possono derivare dall’essere colpiti proprio dall’“albero” orizzontale della vela, dopo che magari un violento e improvviso colpo di vento ce lo ha “sparato” addosso. Traumi che fanno perdere conoscenza, colpi che scaraventano in acqua magari privi di sensi facendo annegare. Poi ci sono i traumi da scontri fra imbarcazioni, sempre più frequenti, perché oggi i diportisti sono sempre più impreparati. E se in strada l’incapacità e l’imprudenza sono pericolosi, beh in acqua lo sono dieci volte di più come mi diceva il mio istruttore”. Il “viaggio” attraverso i pericoli che si possono incontrare in una vacanza al mare è giunto al termine. Non prima però di toccare un ultimo “capitolo”: quello legato ai rischi “minori” legati al semplice contatto con l’acqua di mare che può essere un toccasana ma anche un nemico perché nell’acqua ci sono batteri, virus. “L’otite esterna del nuotatore è l’esempio più classico e frequente, per colpa di acque contaminate, soprattutto nel caso in cui non ci si asciughi bene le orecchie dopo il bagno o non si siano adottati tappi otologici in caso di problemi già esistenti. Ma in acqua ci sono anche altre cause di infezioni, soprattutto di ferite causate da un corallo o più semplicemente dalla sabbia”.
Nel kit per le medicazioni non dimenticate di portare questi prodotti
Un autentico mare di potenziali pericoli da “arginare” leggendo, in spiaggia e in barca, non solo un buon romanzo ma anche un manuale di primo soccorso. Oltre che portandosi un minikit di pronto soccorso. Ma cosa non dovrebbe assolutamente mancare nella sacca da spiaggia o da barca di chi va al mare? “Premesso che esistono kit specifici per la vita in barca o comunque al mare, il consiglio è quello di avere sempre a portata di mano una soluzione antisettica, un disinfettante come acqua ossigenata o Betadine; garze sterili cerotti e nastro adesivo per fissare; spray e creme lenitive per punture da insetti o meduse; soluzioni a base di ammoniaca; antistaminici orali; Tachipirina e ibuprofene; creme al cortisone e fermenti lattici. E per i soggetti allergici penne autoiniettive di adrenalina. E infine chi ha bambini piccoli non deve poi dimenticare i braccialetti identificativi, salvagenti e braccioli omologati, cappellini, occhialini, spray antizanzare, bibite e acqua oltre a sali minerali leggeri per cali di zuccheri o nausea. Senza dimenticare la crema solare ad alta resistenza all’acqua, protezione 50 , e la soluzione fisiologica. Con l’aggiunta, in barca di un defribillatore automatico, di quelli che una volta che li accendi fanno tutto loro”. Un “amico tecnologico” capace di salvare la vita. Anche a un “cuore impavido”….
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pubblicato il 20 Agosto 2025 da admin | in | tag: casa editrice Idelson Gnocchi, cosa fare in caso di colpo di calore, cosa fare in caso di ipotermia, dottor Brave Heart, dottor Flavio Cesaro, la lettura al mare che può salvare la vita, letture consigliate sotto l'ombrellone, Mel Gibson | commenti: 0






















