Questo giorno schiarisce senza sole e lassù sui fianchi del vulcano le ginestre non brillano e neanche l’acqua salsa nel quale, sempre il vulcano, va a bagnarsi i piedi. La testa calda del Vesuvio sta sopra a questo golfo largo. L’aria è livida e piena dei fischi di sirena di navi che vanno e vengono, dei ruggiti ferrosi delle gru e dei camion carichi di container e di tante voci, diverse, che maledicono lo scaricare al porto e il lavorare di notte e l’essere giramondo per mestiere e avere la salsedine e la ruggine nelle narici e la famiglia lontana e i figli che crescono e mettono denti e testa. Il porto mercantile di Napoli è come la città che lo contiene: luci e rumori, bellezza e spazzatura. È un’altra città che iniziò la sua storia in un tempo lontanissimo quando di Napoli non c’era neanche la prima pietra. Quando il vulcano era un castello di lava ancora minaccioso e fiero e sotto di lui non c’erano ancora le città di Ercolano e Pompei. Allora non c’erano i romani e neppure i greci, il mare apparteneva ai mercanti fenici e cartaginesi che tracciavano sul Mediterraneo le loro prime rote per l’esplorazione e il commercio.
Il porto mercantile di Napoli che mi riempie orecchie e occhi è una pista di lancio verso il Mediterraneo. Madre e padre di civiltà di cui fiorisce il seme delle conoscenza. Chiuso tra le quinte montuose di una grande caldera che in geografia ha i nomi di Europa, Asia e Africa, il Mare Nostrum grida la sua storia. Millenni di arrivi e partenze hanno unito razze e mescolato sangue e imbastardito popoli con nuove carnagioni e lingue e tratti somatici. Sotto la spinta di tutti i venti della rosa, esposti alle notti di tregenda e al pericolo del naufragio, genti diverse in religioni, etnie e tradizioni coprirono rotte impossibili intrecciando non solo commerci, ma le perle del rosario di un patrimonio culturale unico in tutto il mondo: un’enciclopedia di poemi. Accadde già nei tempi mitici degli dèi e degli eroi, omerici prima e virgiliani dopo. Accade oggi con i rifugiati e i migranti che da lontano si muovono su barconi stracarichi di speranze. Una storia di andirivieni che si rinnova con la magica capacità di mettere in comunicazione uomini e terre distanti e dare il benvenuto al diverso. Come sostiene lo scrittore turco Halikarnas Balikçisi: “le coste non sono né Europa, né Asia, né Africa, sono il Mediterraneo”. Un continente, un mondo aperto, un mondo di libertà.
Testo e foto di Carlos Solito, pubblicati sul numero 67 di Arte Navale. Su gentile concessione della rivista Arte Navale. Le immagini di Carlos Solito sono pubblicate su gentile concessione della rivista Arte Navale. E’ fatto divieto per chiunque di riprodurre da mareonline.it qualsiasi immagine se non previa autorizzazione direttamente espressa dall’autore delle immagini al quale spettano tutte le facoltà accordate dalla legge sul diritto d’autore, quali i diritti di utilizzazione economica e quelli morali.
pubblicato il 23 Dicembre 2014 da admin | in | tag: Arte Navale, Carlos Solito, Halikarnas Balikçisi, porto mercantile di Napoli | commenti: 0