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Quando nel giugno 1989 il “bateau-feu” (nave faro) Sandettie ritorna nel porto di Dunkerque, il terzo per importanza dei traffici marittimi francesi, è accolto dalla popolazione come un eroe. Sui moli e in città si rende omaggio alla nave che per 41 anni ha prestato servizio sui banchi di sabbia più pericolosi della Manica. Il 1989 è l’anno del bicentenario della Rivoluzione ma è anche l’anno che segna la fine di un secolo e mezzo di vita e avventure dei “bateaux-feu”, le navi faro francesi.

Il banco di sabbia è un nemico micidiale perché cambia forma e posizione

Nei secoli sono stati edificati fari di varie dimensioni e portata luminosa per segnalare rocce affioranti o coste particolarmente pericolose per la navigazione. Il banco di sabbia è un pericolo insidioso e difficilmente dominabile a causa della sua forma mutevole e mobile, soggetta al fluire delle maree e alla forza delle tempeste. All’ingresso del canale della Manica e presso l’estuario dei grandi fiumi europei, queste dune sottomarine si sono formate in seguito al deposito di sabbie e sedimenti trasportati dalle acque fluviali che si gettano nel Mare del Nord o nell’Atlantico, costituendo delle vere e proprie colline sottomarine orientate nel senso delle correnti. A marea bassa, alcuni di questi banchi sono coperti da appena due metri d’acqua e formano lungo i litorali vere e proprie barriere che bisogna aggirare rispettando i tempi di flusso e riflusso per evitare di rimanere incagliati e subire gravi avarie o fare naufragio.

Il più pericoloso? È il banco di sabbia Sandettie  a cinque metri di profondità

Il banco di sabbia Sandettie è uno dei più pericolosi a causa della sua estensione e morfologia: la vetta della duna è situata a cinque metri di profondità e si estende in una posizione centrale fra la costa francese e britannica lungo la direzione nord-est sud-ovest a 51°09’ latitudine nord e 01°47’ longitudine est. Il tratto di mare dello stretto di Calais, fra la costa francese e quella inglese, è frequentato giornalmente da circa 300 navi di ogni tipo ed è considerato il luogo di maggior intensità di traffico del mondo. Il numero dei naufragi causati dai banchi di sabbia è sempre stato piuttosto elevato, ma se si è riusciti ad avere una maggiore sicurezza nella navigazione, ciò è dovuto anche all’aiuto fornito dalle navi-faro.

Light-ships, un progetto che parla olandese, inglese e francese…

L’idea della Light-ship è olandese, ma bisogna andare in Gran Bretagna, nel 1732, per assistere alla creazione delle prime navi faro. Gli inglesi sentono il bisogno di indicare ai naviganti i pericoli dell’approdo verso i loro porti fluviali sulla Manica, cosi alla fine del XVIII secolo entrano in servizio le prime navi predisposte alla segnalazione marittima. I francesi cominciano a studiare la problematica nel 1827; a richiedere un sistema di segnalazione più efficente dei banchi di sabbia e degli accessi ai porti di Bordeaux, Le Havre e Dunkerque sono i marittimi e gli armatori, ma il servizio Phares et Balises, creato nel 1806, deve fare quadrare i conti economici di un’amministrazione già duramente impegnata nella costruzione di numerosi fari costieri e in mare, anch’essi indispensabili ma costosissimi. La nave-faro di quell’epoca è sostanzialmente una grossa imbarcazione a vela in legno ancorata al fondo sabbioso. Lunga una dozzina di metri, è armata con un albero centrale alto quindici metri sul quale è esposto il segnale: una sfera è issata durante il giorno, un braciere alimentato a olio combustibile è acceso durante la notte. I pericoli per una simile imbarcazione con un metacentro cosi elevato sono evi- denti con mare agitato: l’enorme rollio è difficilmente sopportato dall’equipaggio, l’efficacia del segnale luminoso è minima poiché abbassando la lanterna per recuperare stabilità, diminuisce la portata luminosa; inoltre il pericolo di incendio è costante. Il servizio è estremamente duro, reclutare equipaggi all’altezza del compito è difficile e tutta l’operazione è molto costosa. Il primo bateau-feu francese è costruito nel 1845 con il nome Talais e prende servizio nel marzo dello stesso anno in corrispondenza del banco di sabbia omonimo nell’estuario della Gironda. Da quel momento le navi-faro prendono il nome del banco di sabbia presso il quale sono in servizio. Grazie al successo del Talais si comincia a prendere in considerazione la possibilità di equipaggiare gli estuari e i banchi di sabbia con altre unità simili; il materiale scelto è ancora il legno e fra il 1860 e il 1870 sono lanciate altre sei unità. Gli studi idrodinamici sugli scafi e sulla stabilità di queste navi immobili saranno una grande novità per l’epoca e avranno un’importanza fondamentale per lo sviluppo della costruzione navale. In definitiva nel 1880 la flotta delle navi-faro francesi conta una decina d’unità quasi tutte costruite in legno. Nello stesso periodo gli Stati Uniti d’America ne hanno 22, l’Inghilterra 61 e i Paesi del Nord Europa quasi un centinaio.

Mantenere una nave faro costava sette volte più di un faro a terra

Verso la fine del secolo, quando l’esperienza della prima generazione di navi faro è capitalizzata, gli ingegneri del Phares et Balises si sentono abbastanza forti per intraprendere lo studio e la realizzazione di una nuova generazione di battelli. Nel 1892 gli scafi sono costruiti interamente in acciaio, la lanterna ospita una lente di Fresnel grande e pesante, simile a quella dei fari a terra, la cui lampada è alimentata a gas. Le qualità nautiche sono migliori di quelle dei precedenti modelli, la vita a bordo è decisamente più umana. L’unica nota negativa è la spesa: nel 1864 mantenere una nave faro per un anno costa circa 20.500 franchi, un faro a terra ne costa circa 2.850. Nel frattempo il sistema delle boe luminose inventato dalla francese Société Internationale d’Eclairage si dimostra molto più efficente alla prova delle tempeste e meno costoso. Una comissione nazionale si riunisce per studiare il da farsi. È la fine dei bateaux-feu? La soppressione delle navi faro è in realtà molto più lenta: la Talais sarà sostituita solo nel 1932 e se poco a poco i numerosi banchi di sabbia vengono segnalati da boe luminose, gli studi e i prototipi di nave faro si susseguono. La Snouw, costruita nel 1898, rappresenta una grande novità per la sua epoca: possiede un’ottima stabilità al rollio ma subisce un beccheggio troppo forte. Non passerà mai lo stadio di prototipo. La funzione principale della nave-faro è quella di fornire un punto di riferimento alla navigazione: gli scafi sono sovente di colore rosso, ma spesso sono dipinti con bande bianche e nere secondo il sistema di segnalazione cardinale per indicare la direzione secondo l’angolo di avvistamento. Nei primi anni del 1900 vengono lanciate nuove unità completamente diverse i cui disegni sono tratti direttamente dagli studi effettuati dalla marina militare. L’idrodinamica ha fatto passi enormi, le unità navali sono ora tecnicamente senza eguali rispetto al passato.

Il bateau-feu perfetto? Nacque grazie al naufragio del Dyck

Nel 1937, con l’esperienza tratta dal naufragio del Dyck avvenuto quattro anni prima, gli ingegneri navali riescono a costruire il bateau-feu perfetto. La nave possiede ottime qualità nautiche e oltre alle vele di soccorso, ha finalmente la possibilità di movimento autonomo grazie al motore per affrontare correnti e maree. Su questo modello saranno prodotte altre cinque navi. Ma la seconda guerra mondiale spazzerà via le unità francesi, facili prede della Luftwaffe: solo poche si salveranno in Inghilterra. Durante l’immediato dopoguerra, con l’urgenza della ricostruzione, il servizio Phares et Balises fa realizzare nei cantieri normanni di Graville due unità gemelle, il BF-6 e il BF-7, costruite sui disegni del 1937.

BF-6 Sandettie: da nave faro a monumento storico

Il BF-6 varato nel 1948 è assegnato al banco di sabbia Dyck nel 1949 e al Sandettie nel 1978. La nave, lunga 47 metri e larga 7,65, ha un pescaggio di 3,50 metri e una stazza di 500 tonnellate. Una catena lunga 250 metri, pesante 10 tonnellate, la lega a un’ancora chiamata in gergo crapaud, il rospo. La lanterna, dotata di una lampada da 1500 watts, è alimentata con elettricità a 110 volts prodotta dai 4 generatori di bordo. Il fascio luminoso di riconoscimento è identificabile grazie al colore bianco con intermittenza di 5 secondi. L’apparecchio ottico dotato di lente di Fresnel è situato nella torre a 15 metri sul livello dell’acqua. Grazie al rivoluzionario meccanismo cardanico che mantiene il fascio luminoso sempre parallelo all’orizzonte malgrado i movimenti della nave, la portata luminosa è garantita con tempo buono a 25 miglia marine (circa 45 km). L’equipaggio è composto da 8 marinai: il comandante, il secondo, due meccanici, un nostromo, il cuoco e due marinai. Due equipaggi si danno il cambio ogni 15 giorni, condizioni meteo marine permettendo. La vita a bordo è scandita dai turni di guardia e dal lavoro di controllo e manutenzione delle funzioni vitali della nave-faro. I 4 motori diesel che forniscono l’elettricità alla lampada e al corno da nebbia vengono ispezionati e mantenuti in attività, l’ottica e il sistema cardanico sono oggetto di cure periodiche. Fra gli incarichi di routine vi sono an- che le rilevazioni metereologiche: misura della forza del vento, quantità di pioggia, flussi e riflussi delle maree; questi dati comunicati a terra servono al calcolo delle previsioni. Abituarsi alla monotonia di una navigazione immobile è assai difficile per la maggior parte dei marinai, quasi tutti uomini con esperienza di navigazione di lungo corso. I momenti di tensione non sono rari, il pericolo di essere speronati dai numerosi cargo è costante malgrado il radio segnale permanente della nave. La vita a bordo non è molto diversa da quella dei guardiani di faro a terra o in mare. Spesso a causa delle tempeste il cambio di equipaggio non è possibile, le scorte di cibo diminuiscono, il desiderio di rientrare a casa si fa più pressante. Verso la metà degli anni settanta comincia in Francia una presa di coscienza e valorizzazione del patrimonio culturale marittimo e fluviale. In tutto il Paese nascono associazioni per il recupero e la salvaguardia dei beni in mare e a terra, la classe politica e le amministrazioni locali partecipano attivamente a questo “rina- scimento”. Quando nel 1989 il Sandettie è disarmato, è la fine di un’epoca: l’ultima nave faro torna a casa, il banco di sabbia è successivamente ceduto graziosamente alla Gran Bretagna e la leggenda comincia. Lo stesso anno la nave è ceduta dall’amministrazione marittima alla città di Dunkerque. Inizia nel 1992 un processo di recupero e restauro che sarà completato nel 1997 con la classificazione del Sandettie come monumento storico e nel 2004 con l’apertura al pubblico come museo galleggiante integrato alla collezione del Musée Portuaire. Oggi la nave faro, insieme al veliero Duchesse Anne, riceve la visita annuale di 8000 persone. Il Sandettie fa parte dell’identità dell’intera comunità di Dunkerque e della sua regione e in un certo modo, ne è diventato uno dei simboli.

Testo e foto di Jacopo Brancati  pubblicati sul numero 52 di Arte Navale. Su gentile concessione della rivista Arte Navale.Le immagini sono pubblicate su gentile concessione della rivista Arte Navale. E’ fatto divieto per chiunque di riprodurre da mareonline.it qualsiasi immagine se non previa autorizzazione direttamente espressa dall’autore delle immagini al quale spettano tutte le facoltà accordate dalla legge sul diritto d’autore, quali i diritti di utilizzazione economica e quelli morali.

pubblicato il 7 Marzo 2024 da admin | in Fari, Storie | tag: banchi di sabbia, bateau-feu, Jacopo Brancati, light-ship, nave faro Sandettie | commenti: 0

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Commenti recenti
  • Chiara 20 Maggio 2025 at 10:44 su L’equipaggio intrappolato fra i ghiacci salvato
    grazie a un’impresa ai confini della realtà
    E' stato un peccato mortale aver lasciato "affondare" una rivista del genere, diventata oggetto da collezione per moltissimi veri conoscitori
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