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Spin 360, l’arte di comunicare
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Quando tutto è cominciato erano in tre, e tutti non ancora trentenni. Livio Bourbon, fotografo per passione e per istinto dall’eta di 17 anni, divenuto col tempo un vero maestro del reportage (dove la parola maestro deve essere intesa nella sua accezione più estesa, e comprendere anche la capacità di sapere insegnare ai collaboratori); Andrea Brambilla, documentarista, abilissimo nell’uso della macchina da presa, con già alle spalle una buona esperienza di produzioni di livello per National Geographic Channel e Super Quark; Enrico Paronuzzi, mago dell’elettronica, ingegnere dell’immagine virtuale, fonico e sound designer. Perché decisero di chiamarsi Spin360 non è dato sapere. Decisero tuttavia subito che sarebbe stata questo marchio di fabbrica a firmare ogni loro lavoro, perché la base su cui questo gruppo di amici aveva deciso di affrontare insieme il mercato della comunicazione e dell’immagine, era quella di elaborare e lavorare insieme su ogni progetto. Spiega oggi Andrea Brambilla: “Ancora oggi ci presentiamo come fossimo un’agenzia, ma lo facciamo solo per semplificare la vita ai nostri interlocutori. In realtà le agenzie fotografiche o cinematografiche sono degli insiemi di professionisti che operano individualmente e svolgono essenzialmente un’opera di coordinamento nella raccolta e nella distribuzione del lavoro, nella gestione dell’archivio e dei processi amministrativi e così via. La nostra realtà è diversa. Discutiamo insieme le proposte e i progetti, spesso affrontiamo un medesimo tema operando in più persone, in modo da svilupparlo secondo diversi punti di vista e offrire al cliente una reale possibilità di scelta. Favoriamo uno stretto legame, una sistematica interazione tra tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione: fotografia, cinema, suono, elaborazione virtuale dell’immagine, in modo da fare di ogni lavoro anche una nuova possibilità di ricerca. L’obiettivo è quello di coniugare uno stile tutto sommato classico della fotografia e della ripresa con l’elaborazione di nuove possibilità di comunicazione, di suggestione, di fascinazione”. Negli anni questo percorso si è arricchito e affinato, superando anche momenti difficilissimi, segnati da una terribile tragedia. “Quando il 26 dicembre 2004 lo tsunami colpì intere aree dell’Estremo Oriente”, ricorda Brambilla, “la sua furia si portò via anche Enrico Paronuzzi. Enrico si trovava in quelle zone non per lavoro, ma in viaggio di nozze. La sua morte non solo rompeva un legame profondo di amicizia, ma colpiva al cuore anche una profonda e collaudata intesa professionale. Ci chiedemmo a lungo cosa fare, in quale modo andare avanti. Ormai, tuttavia, le basi erano gettate e decidemmo di continuare, lasciando al tempo e al lavoro il compito di colmare quell’incolmabile vuoto”. Negli anni precedenti una straordinaria combinazione di circostanze aveva letteralmente fatto volare altissima la neonata struttura. I tre amici erano stati infatti contattati da Angelo D’Arrigo, classe 1961, catanese di nascita, campione mondiale di volo. Il progetto di D’Arrigo era di sorvolare in deltaplano le più alte vette del mondo, dall’Everest all’Aconcagua, e a questo sogno altri ambiziosissimi se ne affiancavano, come studiare direttamente in volo le rotte dei grandi migratori, dalle gru siberiane alle aquile nepalesi, fino al condor andino. Era possibile fissare micro-camere professionali per effettuare riprese dalle ali di un deltaplano ultraleggero, che avrebbe raggiunto i novemila metri di quota in condizioni ambientali difficilissime? Si poteva montare sulla testa di un condor una macchina fotografica, e comandarla a distanza per documentare direttamente (e per la prima volta), il suo volo? Quali tipi di tecnologie erano necessarie per ottenere risultati di eccellenza? Spin360 sapeva soddisfare questo genere di esigenze? “Non era certo il caso di improvvisare”, spiega Brambilla, “Ma certamente una componente di rischio era presente in una avventura del genere. Dietro D’Arrigo c’erano i grandi della comunicazione e dell’immagine, realtà importanti come Discovery Channel o National Geographic Channel. Ci buttammo nell’impresa e oggi possiamo dire che realizzammo a trent’anni quello che per molti è il sogno irrealizzabile di una vita. Non si trattò solo di produrre materiale, di leggere e riportare i contenuti e il valore di quelle imprese. Fu, per tutti noi, la scrittura di una pagina straordinaria della nostra stessa vita personale e professionale. Pensa solo a un condor andino che viene fatto nascere sotto le ali di un deltaplano d’alta quota in modo tale che in questo uccello tecnologico riconosca la propria madre e, una volta cresciuto, la segua diligentemente in volo. Immagina due anni trascorsi insieme a questo condor, seguendolo in ogni suo progresso. Eppoi il primo volo di D’Arrigo e del condor insieme. E, finalmente, immagini e riprese che nessuno prima di noi aveva fatto e che tutto il mondo attendeva, voleva, cercava». Volare così alto (in senso metaforico) comporta, soprattutto quando si è giovani, contraccolpi duri quando si ritorna con i piedi per terra. “Proprio così”, dice ancora Brambilla. “Fai una cosa per cui tutti ti vengono a cercare, tutti vogliono il tuo materiale. E quando dico tutti non intendo le segreterie di qualche giornale, ma i direttori e i responsabili delle maggiori reti televisive o dei più importanti magazine al mondo. Poi si gira pagina, l’avventura finisce, e sei tu che devi proporre altri lavori, altre idee a redazioni annoiate, capi redattori che si negano, editori che non hanno alcuna intenzione di investire sulla qualità, intellettuale prima ancora che tecnica, dell’immagine. E l’atterraggio è piuttosto duro perché segue un percorso esattamente contrario a quello che accade in genere a una giovane agenzia o a un giovane professionista, che vive prima la gavetta e poi, se ci riesce, il successo”. Nel frattempo l’impostazione sulla quale Spin360 si era fatta le ossa si è non solo confermata, ma fortemente consolidata. Gruppo di eccellenze specializzate in differenti campi, ma in stretta collaborazione tra loro, l’agenzia ha imbarcato professionisti come Matteo Carnevali ed Elena Strada, Marco Giudici e Francesco Dal Sacco: tutti giovani, tutti con precise vocazioni nel campo dell’immagine, tutti con in programma la voglia che Brambilla riassume così: “Fare un lavoro che piace, naturalmente, ma fare in modo che ogni lavoro diventi per ciascuno di noi una esperienza realmente nuova, almeno fino ai 45 anni. Dopo vedremo”. La formula funziona. Pubblicità, comunicazione, reportage: Spin360 lavora a 360 gradi. “A un medesimo cliente”, dice Brambilla, “siamo in grado di proporre una soluzione alle sue aspettative e alle sue necessità da differenti punti di vista, e utilizzando stili e tecnologie differenti. Anche perché ciascuno di noi si sforza di avere un approccio classico con i soggetti da riprendere, ma anche di leggere attraverso di essi una storia, dei contenuti, dei valori. Il risultato non è solo un ventaglio di offerta più ampio, ma anche una sostanziale ottimizzazione dei costi». Anche il mare, le barche, la nautica sono entrate a pieno titolo in questo denso programma di attività, e vedono Brambilla proprio come uno dei protagonisti in campo. “Avevo 21 anni”, dice, “quando feci la mia prima traversata atlantica. Anche in questo caso ho avuto la fortuna di partire da quello che per molti è un punto di arrivo. Fu in quell’occasione che il mio rapporto con il mare divenne indissolubile. Mi fermai quattro mesi a Santa Lucia, guadagnandomi da vivere a 12 dollari al giorno facendo carene. Subito dopo lasciai medicina e decisi di realizzare i miei sogni. Alcuni, come girare un documentario sull’Amerigo Vespucci, sono già realtà. Altri sono nel cassetto; altri ancora nasceranno. La vita non è scritta prima. E nemmeno fotografata, o filmata. L’abbiamo noi, ogni giorno, nelle nostre mani. Ed è ancora tutta da raccontare”.

Testo di Giuseppe Meroni pubblicato sul numero 52 di Arte Navale. Su gentile concessione della rivista Arte Navale.Le immagini sono pubblicate su gentile concessione della rivista Arte Navale. E’ fatto divieto per chiunque di riprodurre da mareonline.it qualsiasi immagine se non previa autorizzazione direttamente espressa dall’autore delle immagini al quale spettano tutte le facoltà accordate dalla legge sul diritto d’autore, quali i diritti di utilizzazione economica e quelli morali.

pubblicato il 26 Agosto 2015 da admin | in Storie | tag: Andrea Brambilla, comunicazione, condor andino, Enrico Paronuzzi, fotografia, Livio Bourbon, tsunami | commenti: 0

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