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Italsub, immergerci nel lavoro è un’impresa
che portiamo a termine benissimo da 30 anni

Immerso nel lavoro: un modo di dire diffusissimo per descrivere una persona completamente “sprofondata” nell’attività che sta svolgendo. Per Massimo Garbarino, imprenditore genovese, non è solo un modo di dire: lui, conosciuto sui moli e sulle spiagge di tutta Italia, e non solo, con il soprannome di “ ambin”, nel lavoro si immerge davvero visto che la sua impresa, l’Italsub, da oltre 30 anni realizza opere marittime e lavori subacquei lungo le coste. Realizzando un vero e proprio mare d’interventi. Passando, come esordisce, da “operazioni di routine quali ormeggi, gettate di cemento, moli e quant’altro, ad attività molto più interessanti e impegnative, come il recupero di scafi affondati e riprese video e fotosub, senza dimenticare forse i lavori più affascinanti in assoluto: gli scavi archeologici sui fondali”. Interventi che in molti casi hanno conquistato le prime pagine dei giornali e con i quali, prosegue sorridendo, “si potrebbe scrivere un libro”. Impresa del resto realizzabilissima, semplicemente  immergendosi nel passato per  far “riemergere” dalla memoria i ricordi più belli e impegnativi, e proprio per questo più emozionanti. Capitoli straordinari di una storia unica, come, per esempio “quello sull’intervento effettuato nel porto di Rapallo dopo la catastrofica mareggiata del 2018 che ha fatto affondare centinaia di barche. Fra i tanti recuperi portati a termine mi è impossibile dimenticare in particolare quello dell’“Eutopia”, una bella imbarcazione di oltre 40 metri immersa nella sabbia del fondo marino, fino alla linea di galleggiamento. E’ incredibile ma sembrava proprio che fosse ancora in navigazione. Un’operazione davvero molto complessa: per poter far sollevare lo scafo da una grande gru è stato necessario far passare delle cinghie sotto allo scafo, largo otto metri e immerso nella sabbia per quattro. Abbiamo dovuto scavare dei tunnel sotto la barca, utilizzando delle sorbone, ovvero gli attrezzi utilizzati per asportare o scavare sott’acqua, in pratica dei grandi tubi, preferibilmente zincati con una camera d’aria che permettono di aspirare e portare in superficie l’acqua e tutto quanto contiene.Un lavoro da minatori. A dirlo sembra semplice, ma sott’acqua, a quattro metri di profondità, nel fango e con visibilità nulla è piuttosto complicato”. Interventi che può eseguire solo chi ha un’esperienza profondissima, quanto la passione per il mondo sommerso…. “Un amore per le immersioni nato quando avevo solo 22 anni”, prosegue “Gambin” tornando a immergersi nei ricordi che lo portano fino a un “bar a Parma dove casualmente lessi su un giornale che a Genova Duilio Marcante faceva dei corsi per sommozzatori, con la foto in cui si vedevano i sub che si immergevano nonostante nevicasse. La cosa mi colpì e decisi di provare, anche perché mi era subito sembrato un lavoro affascinante e misterioso, perfettamente in sintonia con il mio carattere avventuroso. Dopo il primo corso mi sono specializzato sempre di più e ho acquisito anche il brevetto di Ots, operatore tecnico subacqueo”. Pronto per tuffarsi in una nuova avventura : il diving… “L’idea di aprire un centro d’immersioni mi è venuta parlando con un amico, Franco Forte. Lui aveva un albergo a Zoagli e parlando mi disse: “portiamo un po’ di gente sott’acqua e ci guadagniamo qualche lira”. All’epoca c’erano meno complicazioni burocratiche. Per prima cosa aprimmo in un box una stazione di ricarica bombole; portavamo fuori due o tre sub per volta. Poi, visto che la cosa funzionava bene, creammo Zoagli Divers”. Un’iniziativa risultata subito vincente in un’epoca in cui “i diving center e le stazioni per ricaricare le bombole erano pochissimi”, con il successo certificato da un vero e proprio record di bombole caricate in un fine settimana: “ne caricammo la bellezza di 360″. Impresa  semplicemente eccezionale considerate la difficoltà, con ” i compressori dell’epoca che erano più piccoli: dei Bauer K13 che facevano 10-12 metri cubi d’ora e ci costringe levano a farli funzionare giorno e notte. Cercando di sfuggire alle ire degli inquilini del condominio che ci tenevano letteralmente sotto tiro….”  Inquilini però pronti, in più d’un caso, a chiedere un autografo ai “clienti famosi” del diving: come “Mike Bongiorno, Toto Cutugno, Marco Predolin e altri che non hanno fatto il corso ma sono usciti in barca con noi per immergersi o semplicemente per fare una nuotata”. Clienti “v ip”  che frequentando il centro di Massimo Garbarino potevano avere anche l’occasione di incrociare una “collega”, “la simpaticissima Natalia Estrada che abitava proprio sopra il diving center”. Storie e personaggi che riaffiorano da un mondo che non c’è più, diversissimo da quello di oggi. Un’epoca in cui era perfino possibile fare “esperimenti” che oggi sarebbero impossibili. E che hanno permesso al diving di Zoagli di conquistare un primato nazionale: essere il primo, vero precursore, dell’impiego delle miscele Nitrox per l’utilizzo da parte dei sub amatoriali. “Avevo seguito con molta attenzione quello che succedeva negli Stati Uniti e avevo capito subito che c’erano delle prospettive anche in Italia”, ricomincia il racconto di Massimo Garbarino. “Utilizzando aria arricchita di ossigeno si potevano aumentare i tempi delle immersioni e proporzionalmente diminuire i tempi delle decompressioni in fase di risalita. Ma la via da aprire era molto complessa. In Italia non c’erano studi in merito. Feci un’analisi ponderata di quello che potevo fare o meno con questo o quel sistema, per cui mi studiai bene la situazione. Visto che non era mai stato registrato nessun incidente con percentuali superiori al 47 per cento di ossigeno nell’aria, iniziai a fare dei test. Feci arrivare un camion dalla Sio, dei pacchi di bomboloni lunghi 10 metri circa, carichi esattamente con quella percentuale di ossigeno. Poi”, aggiunge senza riuscire a trattenere il sorriso, “ricordo che sandai in un terreno ben distante dalle case dove poter fare i miei test. Ero a 200 metri di distanza, ma semplicemente per precauzione, perché ero sicuro che non ci fosse pericolo. Ma visto che poi, nell’attività di ogni giorno, avrei dovuto caricare le bombole sotto a un palazzo, avevo voluto destare, a distanza di massima sicurezza, tutte le situazioni più estreme in cui avrei potuto trovarmi. Utilizzai  persino dei vecchi compressori, che pompavano più olio di idrocarburi rispetto al normale. Per precauzione cambiai tutti gli o-ring con quelli ossigeno-compatibili alle bombole, agli erogatori e tutto quello che entrava in contatto con l’ossigeno. Mi regolai come se stessimo lavorando con l’ossigeno puro, mentre nella realtà avrei sempre lavorato in tutta sicurezza utilizzando una percentuale d’ossigeno, del 47 per cento da abbassare al 36 o al 32 per cento”. Capitoli di una storia che sarebbe impensabile scrivere oggi, ma “era davvero tutta un’altra realtà: erano gli inizi degli anni 80 , in cui si poteva essere pionieri, aprire nuove rotte senza troppi intoppi, anche se facendo sempre grande attenzione”. Attenzione “miscelata”, per forza di cose, in assenza di dati scientifici e studi sui quali lavorare, a una buona dose di “empirismo”…. “Come facevo a calcolare la percentuale di ossigeno che immettevo nell’aria che caricavo? Utilizzavo un analizzatore ospedaliero, recuperato in qualche ospedale o laboratorio medico, adesso non mi ricordo dove l’avevo comprato. Il vero problema è stato trovare la “rotta” giusta per portare quella miscela, che all’interno dei bomboloni era al 47 per cento, a una percentuale del 32- 36 per cento , per essere utilizzata nelle bombole subacquee a uso sportivo. Per studiare meglio il problema andai anche alla Comex, a Marsiglia. C’era un apparecchio che costava 52 milioni di lire , appena “leggermente fuori dalla mia portata”. Rido ancora adesso quando penso all’espressione che devo aver fatto quando mi è stato detto il costo…. . Allora mi scervellai e trovai una soluzione, direi l’uovo di Colombo. Collegai il primo stadio di un semplicissimo erogatore al pacco bombole, quello famoso della Sio di 10 metri. Poi su un compressore normale, dal secondo stadio, quello che normalmente il subacqueo mette in bocca, attaccai il tubo di aspirazione del compressore. Ripompavo dal bombolone direttamente nelle bombole subacquee. Risolsi il problema da 52 milioni con un erogatore che all’epoca costava 50.000 lire”. Impresa che può realizzare solo un imprenditore che abbia nel Dna anche l’invenzione. E “inventore” Massimo Garbarino lo è in effetti stato e continua a esserlo, come testimonia proprio una sua recentissima creazione: un “mollone”, un ammortizzatore d’ormeggio di nuova concezione capace di portare un’ondata di novità sul mercato. “Smettere di di occuparmi dei lavori subacquei mi risulta impossibile e di conseguenza continuo a dare sfogo alla mia inventiva sviluppando soluzioni nuove. Ora mi sto dedicando proprio alle molle sugli ormeggi delle barche per attutirne il movimento con un nuovo ammortizzatore che ho chiamato “Smol”: molle che nonostante le piccole dimensioni hanno una resa superiore alla gran parte degli ammortizzatori d’ormeggio attualmente in commercio, di dimensioni anche tre volte più grandi. La novità di questo sistema è che lavora in trazione anziché in compressione, sfruttando i punti di forza del materiale. E’ prodotto dal nostro reparto “officine nautiche Italsub” e sarà a breve disponibile in commercio con una confezione che conterrà due ammortizzatori.”. E con all’interno una brochure che racconta le caratteristiche e le novità del prodotto. Una spiegazione sintetica, come quella che Massimo Garbarino usa per raccontare un ultimo “capitolo” della sua affascinante storia: l’idea di mettere una statua della Madonnina sott’acqua a Zoagli. “Un’idea venuta a Franco Forte e a me, con il semplicissimo scopo di creare un’attrattiva in più per i subacquei che in genere andavano a immergersi nelle acque di San Fruttuoso per vedere la statua del Cristo degli Abissi. A Zoagli c’era una nota scultrice, Marianne Hastianatte, a cui chiesi aiuto per realizzare la statua. Lei in cambio mi chiese di farle da modello per alcune sue sculture. Naturalmente accettai e la statua divenne una realtà. Prima ne posammo una piccola in bronzo, e qualche anno dopo una versione più alta di un metro e sessanta. Nel 2024 abbiamo fatto il nuovo basamento in cemento e la statua continua ad attirare subacquei e turisti” Chi ha eseguito i lavori subacquei? Che domanda: l’Italsub…. Azienda timonata da 30 anni da un uomo che ama lavorare. Amore e lavoro: gli stessi ingredienti indicati da Sigmund Freud, fondatore della psicoanalisi, a chi gli chiedeva una “ricetta per difendere l’uomo dai mali oscuri che affiorano dal profondo”. Ricetta preparata da uno che di profondità se ne intendeva. Come Massimo Garbarino….. Per informazioni: info.italsub@gmail.com

pubblicato il 12 Giugno 2025 da admin | in Personaggi, servizi in mare, Storie | tag: Italsub, lavori subacquei, Massimo Garbarino, migliori imprese per lavori sott'acqua | commenti: 0

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Commenti recenti
  • Davide 29 Maggio 2025 at 12:17 su Crociere senza veli: in 3000 salpano
    a bordo della Carnival Freedom
    Perché l'equipaggio non sarà anch'esso in costume adamitico?
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