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Sono serviti due anni e mezzo di lavoro
per far splendere l’Aurore a Imperia

Era il 1766 quando il marchese de Courtanvaux, membro dell’Académie des Sciences, fece costruire una piccola ed elegante corvetta chiamandola Aurore per intraprendere un viaggio sperimentale nel Mare del nord. Al ritorno, desideroso di avere un ricordo di quel viaggio, fece costruire un modello in scala 1/12. La costruzione di questo modello durò dal 1767 al 1769 in un piccolo cantiere a Le Havre, luogo di costruzione della corvetta originale. Al fine di preservare il modello dell’Aurore, il marchese de Courtanvaux lo fece trasportare nell’Abbazia Reale di Sainte Geneviève di Parigi. Adesso il meraviglioso modello si trova in una sala della biblioteca di Sainte Geneviève, a Place du Panthéon di Parigi. È in questa biblioteca che lo studioso Gerard Delacroix
intraprese le ricerche, consultando manoscritti e registri, per poter pubblicare la sua interessante monografia L’Aurore, corvette 1766-1775, con 17 piani per la costruzione di un modello in scala 1/36 (Editions Ancre c/o Hubert Berti 75 Avenue George V -06000 Nizza, brossura, 132 pagine, formato 24×31). Delacroix chiama l’Aurore una “corvetta di piacere”. Fu infatti concepita come un battello di ricerca, curato nella sua decorazione e con installazioni molto originali. Gli scienziati che a bordo si dedicarono al calcolo della longitudine per mezzo di orologi o guarda tempo, come venivano definiti i cronometri, poterono lavorare in un contesto raffinato, se non proprio lussuoso. Al di là della perfetta ricostruzione del quadro storico in cui si situa il viaggio dell’Aurore (compresi il ruolo di armamento e inventario) la monografia di Delacroix è nota per le sue già citate 17 tavole, accompagnate da una spiegazione dettagliata sull’allestimento e da varie annotazioni. Un vero documento esecutivo per i modellisti più esigenti. La bellezza di quei disegni non poteva dunque sfuggire ad Alberto Cosentino.“Nel consultare quei piani”, ci ha confidato il modellista di Imperia, “sono stato attratto dalla bellezza di questa piccola corvetta, ma ero indeciso sulla scala da adottare per il mio modello. In effetti con l’1/36 della monografia avrei realizzato un modello piccolo. Un modello piccolo è sempre bello, ma non si possono curare i particolari. Esposi i miei dubbi a un amico, anch’egli modellista, Franco Fissore, il quale mi consigliò di raddoppiare il tutto costruendo il modello in scala 1/18”. Il consiglio aveva uno scopo preciso. Quello di realizzare un modello di grandi dimensioni che potesse poi essere lasciato al Museo Navale di Imperia, come era successo per un altro modello di Cosentino costruito nel 1995, un vascello da 74 cannoni lungo due metri. Cosentino ha iniziato a costruire modellini all’età di 9 anni. “Era il 1942, tempi del Fascio. Qui a Imperia”, ci racconta, “c’era una sala dove insegnavano ai giovani a fare modellismo. Io costruivo aeroplani in legno. Poi, quando ho iniziato a lavorare nella piccola bottega di falegname di mio zio, fu lui a insegnarmi l’arte del modellismo navale, facendomi costruire il mio primo scafo con pezzi di legno di scarto della falegnameria”. E fu subito passione. “Purtroppo”, continua Cosentino, “a quei tempi non potevo contare sui disegni. Tutto quello che facevo lo costruivo a occhio, copiando quello che vedevo. Avevo la fortuna di abitare vicinissimo al mare. Poco distante c’era un cantiere navale dove costruivano ancora barche a vela e io passavo il mio tempo libero ad osservare scafi e alberature per poi trasformare quello che osservavo in modelli”. Il primo riconoscimento pubblico per l’accuratezza del suo lavoro di modellista, Cosentino l’ha ottenuto in una mostra allestita in occasione della nascita di un’associazione sportiva. Correva l’anno 1949 e il premio fu una medaglia d’oro per il miglior modello. Oggi, nel suo laboratorio che chiama “il buco” (in effetti non è più grande di un paio di metri quadrati), Cosentino non solo costruisce modelli, ma inventa i macchinari che gli servono per realizzarli, utilizzando materiale di recupero (da buon ligure). Vecchi motori di lavatrici o ingranaggi di elettrodomestici diventano seghetti circolari oppure piccoli torni da usare per la costruzione di alberi e pennoni. In realtà utilizza questi macchinari solo da una decina d’anni: prima faceva tutto a mano grazie a vecchie lime e sgorbiette di un paio di millimetri, che si costruiva da solo e che utilizza ancora oggi per modellare le sculture. Ma torniamo alla bella Aurore. Per la costruzione di questo modello Cosentino ha usato materiali semplici, a volte anche il legno delle cassette della frutta per lo scafo. Per il fasciame ha utilizzato legname un po’ più pregiato come l’abura o il noce satinè, un tipo di noce molto chiaro con poche venature. Il sartiame è stato realizzato utilizzando una piccola commettitrice, anche questa autocostruita, per intrecciare cime e funi nei relativi spessori in scala del modello. Per la costruzione dell’Aurore, Cosentino ha impiegato due anni e mezzo circa.

Testo di Edgardo Facchi pubblicato sul numero 60 di Arte Navale. Su gentile concessione della rivista Arte Navale.Le immagini sono pubblicate su gentile concessione della rivista Arte Navale. E’ fatto divieto per chiunque di riprodurre da mareonline.it qualsiasi immagine se non previa autorizzazione direttamente espressa dall’autore delle immagini al quale spettano tutte le facoltà accordate dalla legge sul diritto d’autore, quali i diritti di utilizzazione economica e quelli morali.

pubblicato il 5 Ottobre 2015 da admin | in Barche a vela d'epoca, Navi a vela & a motore | tag: Alberto Cosentino, Gerard Delacroix, marchese de Courtanvaux, modellismo, Museo Navale di Imperia | commenti: 0

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