Si chiama Belem ed è bellissima. Tranquilli, non è un errore. Abbiamo scritto Belem e non abbiamo sbagliato l’ultima lettera. Non stiamo nemmeno pensando alla cittadina brasiliana che sorge sul Rio degli Amazzoni, fascinosa come poche secondo chi l’ha visitata, o della torre simbolo della città di Lisbona, Patrimonio dell’Umanità. Il Belem è una nave, il più antico tre alberi tutt’ora navigante in Europa e fra i più prestigiosi velieri al mondo. La sua è una storia che merita di essere raccontata. Tutto iniziò nel 1896, quando Fernand Crouan, un armatore di Nantes, pensò di dover irrobustire la sua flotta impegnata nei commerci verso le Indie occidentali. Diede così ordine al cantiere Dubigeon di Nantes di costruire per lui un veliero tre alberi in grado di trasportare velocemente cacao e zucchero dal Nuovo Mondo per la fabbrica di cioccolato Menier
un’azienda gestita da uno degli imprenditori più illuminati del XIX secolo. Uno che a Noisiel-sur-Marne realizzò un’utopia capitalistica, ma questa è un’altra storia. Di terra. In mezzo al mare, nel frattempo, il Belem fendeva le onde trasportando materie prime dal Nuovo al Vecchio mondo, ignaro del fatto che la Rivoluzione Industriale stesse preparando il pensionamento suo e di tutte le imbarcazioni in legno sospinte dal vento.
Il Belem finì cosi nel dimenticatoio fino al 1914, quando il Duca di Westminster, impressionato dalle sue linee, lo acquistò e lo trasformò in uno yacht di lusso. Da faticatore dei mari a icona di un’epoca marinara il passo fu breve e qualche anno dopo, stiamo parlando del 1921, la nave venne venduta ad Ernest Guinness, l’imprenditore irlandese diventato ricco e famoso per la birra. Fino al 1939, anno della morte di Guinness, Fantôme II, fu quello il nome che il suo armatore volle dare al veliero, navigò per i sette mari, ambasciatore di una marineria dimenticata, ma ricordata da molti con nostalgia. Furono grandi anni, culminati con l’approdo a Montreal, nel 1937, per l’incoronazione di Giorgio VI. Alla morte di Ernest Guinnes, Fantôme II fu nuovamente dimenticato, stavolta nell’Isola di Wight, dove venne scovato dagli emissari della Fondazione Giorgio Cini, istituita dal senatore veneziano Vittorio Cini.
L’idea era quella di utilizzare il veliero come nave scuola per gli orfani dei marinai e dei pescatori italiani dell’istituto nautico Scilla, sull’Isola di San Giorgio. Battezzata con il nome di Giorgio Cini, la nave venne armata a goletta a tre alberi e fu modificata sovracoperta e sottocoperta per diventare una vera e propria scuola galleggiante. Il 19 maggio 1951 una fulgida Giorgio Cini salpò da Venezia per il suo primo viaggio in mare. Ma fu attraccata a San Giorgio Maggiore, rassicurante skyline per i marinaretti dell’istituto Scilla, che il veliero espresse il meglio di sé. Come la Notre Dame di Victor Hugo nella Parigi del XV secolo, la Giorgio Cini fu una figura viva nell’infanzia e nell’adolescenza di tantissimi piccoli sfortunati, rifugio affettivo per coloro che la vita aveva privato degli affetti veri. E alla fine della scuola, quando finalmente la nave veniva liberata nel suo ambiente naturale per le crociere estive, la ricompensa di poter essere a bordo era, per i marinaretti, una gioia senza uguali.
Ma nell’estate del 1967 la Giorgio Cini levò l’ancora per l’ultima crociera. Il primo ottobre dello stesso anno fu messa in disarmo perché non più adeguata alle necessità della moderna formazione marinara. Per l’ennesima volta il fulgore di questo maestoso tre alberi venne offuscato dal progresso, ma per l’ennesima volta il veliero seppe resistere alle avversità del tempo. Dopo una breve parentesi nell’arma dei Carabinieri, che aspirava ad avere una nave scuola prestigiosa, la Giogio Cini ritornò all’antico splendore nella natìa Francia. Al di là delle Alpi le sorti del veliero smossero l’orgoglio nazionalistico dando vita a una mobilitazione per trovare i fondi necessari al rimpatrio. Si adoperò anche l’Union Nationale des Caisse d’Epargne e la transizione andò a buon fine. Il 15 agosto 1979 la Marina francese prese in carico il veliero al largo delle acque territoriali italiane. Dopo quattro anni di restauro, la ex Giorgio Cini, ribatezzata nuovamente Belem, è tornata a svolgere le funzioni di nave scuola, trasportando nei porti di tutto il mondo la storia della marineria.
Testo di Goffredo Arsuffi, pubblicato sul numero 81 di Arte Navale. Su gentile concessione della rivista Arte Navale. Le immagini sono pubblicate su gentile concessione della rivista Arte Navale. E’ fatto divieto per chiunque di riprodurre da mareonline.it qualsiasi immagine se non previa autorizzazione direttamente espressa dall’autore delle immagini al quale spettano tutte le facoltà accordate dalla legge sul diritto d’autore, quali i diritti di utilizzazione economica e quelli morali.
pubblicato il 28 Giugno 2017 da admin | in Barche a vela oltre i 15 metri, Storie | tag: Belem, cantiere Dubigeon di Nantes, Ernest Guinness, Fantôme II, Fondazione Giorgio Cini, Vittorio Cini | commenti: 1
Per noi ex marinaretti rimane sempre la nostra giorgetta, l’ho rivista nell’aprile 2014, che tristezza, un grande amore venduto, bella ma senza cuore. Belem… un bel belin!