Estate 1933: tutta l’Italia è in festa. Il transatlantico Rex è stato proclamato Sovrano dell’Atlantico dopo avere battuto ogni record di velocità e tempo nella traversata dall’Europa a New York, superando a sorpresa le nazioni marinare di tutto il mondo. Meno di un anno era trascorso dal viaggio inaugurale, il 27 settembre 1932, una bella giornata autunnale, quando il Rex era salpato da Genova per la sua prima traversata dell’Atlantico. Quella nave, il più grande transatlantico che mai sarebbe stato varato in Italia, aveva attirato l’attenzione del pubblico e della stampa internazionale sin dal suo concepimento, avvenuto tre anni prima. Nel clima di recessione provocato dalla grande crisi del ’29, l’annuncio della messa in cantiere del più grande, lussuoso e veloce transatlantico mai realizzato, aveva fatto il giro del mondo. La notizia era risultata ancora più sorprendente
perché l’Italia aveva avuto fino ad allora navi modeste e spesso di costruzione estera. Pensate soprattutto per il trasporto in massa degli emigranti: 29 milioni di disgraziati che, dall’unità d’Italia agli anni ‘60 del secolo scorso, avevano lasciato le loro case per disperazione, in cerca di fortuna in terre lontane, soprattutto nelle Americhe, in un’epoca in cui il globo appariva ancora immenso e quasi sempre si partiva per non fare più ritorno.
Il Rex era così sceso in acqua dal cantiere di Sestri Ponente, il primo giorno di agosto del 1931, tra enormi festeggiamenti. Il Re Vittorio Emanuele III e la Regina Elena lo avevano tenuto a battesimo alla presenza di una folla enorme di oltre 100mila persone, la più grande partecipazione di popolo che la Superba avesse mai visto. I corrispondenti dei giornali erano accorsi dalle più remote nazioni del globo, addirittura dalla Cina e dal Giappone, facendo a gara nel trasmettere e pubblicare le foto del colossale scafo che entrava in acqua tra i fischi delle sirene, il passaggio a volo radente della prima pattuglia acrobatica dell’Aeronautica italiana e le salve di saluto di una squadra di navi da guerra, le urla commosse, gli applausi e le braccia alzate di quella marea umana. Un altro anno trascorso al molo Giano, nel cuore dell’area industriale del porto, per l’allestimento e il Rex fu pronto per andare in America, a New York, e fare bella mostra di sé accanto alle ammiraglie delle altre nazioni europee, a un tempo ambasciatore dell’industria, dell’arte e del design italiano, simbolo di una nazione che voleva finalmente essere alla pari, o addirittura tenere testa, alle grandi potenze occidentali.
Il transatlantico, il più grande oggetto semovente costruito dall’uomo, il non plus ultra della tecnologia del tempo, rappresentante all’estero della nazione di cui porta i colori, era davvero concepito e vissuto come un affaire nazionale, e non si badò a spese per renderlo straordinario. Il governo intervenne tramite la BCI e l’INA, con appositi decreti legge, per sostenere gli armatori con la stratosferica cifra di 300 milioni del tempo per costruirlo, negli anni in cui gli italiani sognavano, e cantavano, “se potessi avere 1000 lire al mese…”. Le frontiere statunitensi, dopo il crollo di Wall Street del ’29 e la grande recessione, erano ormai chiuse agli emigranti. Diventava necessario inventare qualcosa di nuovo per render proficua la rotta verso New York, sviluppando nuovi segmenti di mercato. Complice la calda rotta seguita dalle navi italiane, che per andare a New York uscendo dal Mediterraneo beneficiavano tutto l’anno della Corrente del Golfo, il Rex non venne concepito come un transatlantico classico, una sorta di enorme traghetto veloce, pensato soprattutto per arrivare a destinazione il più rapidamente possibile. La nuova ammiraglia italiana divenne invece una delle prime grandi unità da crociera della storia, con le dotazioni di bordo rivolte soprattutto alla creazione di un nuovo tipo di passeggero, il turista, colui che intraprende il viaggio per diletto e non per necessità, quando il culto del fitness e del benessere fisico che spopola ormai negli Stati Uniti e vince i pudori di indossare in pubblico un costume da bagno contagia anche il Vecchio Mondo. Una miriade di novità fanno dunque del Rex una nave concettualmente innovativa, progenitrice dei grandi villaggi vacanza galleggianti e da crociera di cui oggi l’Italia è leader mondiale nella produzione.
Gli spazi all’aperto del Rex sono immensi: grandi lidi costellati di ombrelloni, sedie a sdraio e tavolini, due piscine all’aperto (una grandissima da 13 metri per otto, tale da fare invidia alle odierne navi da crociera), verande-bar con servizio ristorante à la carte, tre palestre modernissime, galleria per il tiro a segno, campi da squash, volano e tennis, centro benessere tipo Salsomaggiore, dove ci si potrà anche abbronzare comodamente adagiati sui lettini U.V.A. Per chi poteva permettersi di viaggiare in prima classe, c’era addirittura l’aria condizionata, mai prima di allora installata su un transatlantico, e le suite con balcone privato affacciato sul mare (un must delle unità da crociera di oggi), dove fare colazione godendosi indisturbati il panorama e la brezza tonificante del mare. Per lo svago dei passeggeri era stato pensato l’inimmaginabile: una sala cinema in grado di proiettare pellicole con il sonoro (altra novità mondiale del Rex) e un teatro di quasi 800 metri quadrati di superficie, dove si potevano godere in anteprima gli spettacoli delle compagnie teatrali che si recavano a Broadway per la nuova stagione. La cucina, elemento fondamentale del servizio di bordo, non aveva eguali: i menù di gala superano le trenta portate internazionali. I saloni del Rex erano immensi, lussuosissimi. Nel progetto della Casa Ducrot di Palermo (che aveva firmato i più esclusivi Grand hotel e palazzi del potere a Roma) la sala da pranzo della nave era sorretta da otto colonne di marmo verde, con soffitto a cassettoni a stucchi acquamarina e oro. Il salone delle feste, alto sei metri, era rivestito di panelli intarsiati in noce che si alternavano a damaschi in seta rossa a ricami d’oro, specchiere bordate in onice, bronzi e balaustre in ferro battuto, ed era decorato con due arazzi fiamminghi del ‘700. Il pavimento appariva coperto al centro dal più grande tappeto persiano del mondo (200 metri quadrati di superficie), appositamente tessuto in Anatolia e costato da solo 120 mila lire del tempo.
A Genova e New York le partenze e gli arrivi Rex avevano l’aura del grande avvenimento, dello spettacolo da non perdere, sempre documentati da nugoli di reporter e paparazzi, in attesa per strappare un’immagine diversa dell’ultimo divo o diva. Assiepata sulle banchine, sempre, la folla di gente comune, col naso all’insù per veder transitare sulle passerelle di imbarco e sbarco i suoi beniamini e i grandi della terra. Sul Rex viaggiavano Luigi Pirandello e Marta Abba, Primo Carnera e Tazio Nuvolari (con al seguito la sua Alfa per correre in America), James Roosevelt e Walt Disney, Luigi Barzini Jr. e Rosa Ponselle. Proprio quest’ultima, soprannominata la Caruso in gonnella, fu protagonista nel marzo 1933 insieme al Rex di un avvenimento straordinario: la prima trasmissione in mondoaudizione, organizzata dall’E.I.A.R. (l’antesignana della Rai) e dalla National Broadcasting statunitense. In occasione dell’apertura dell’Anno Santo a Roma, mentre il Rex portava in Italia le maggiori autorità ecclesiastiche americane e un folto gruppo di pellegrini, la celebre soprano cantò l’Ave Maria di Schubert al largo della Corsica, e la sua voce raggiunse in diretta milioni di famiglie in Europa e in America. Fin dal suo primo arrivo a New York, il Rex dominò, per le sue eccezionali caratteristiche, le prime pagine dei quotidiani americani. Un inviato speciale del New York Times, utilizzando telegrafo e telescrivente di bordo, inviò i suoi pezzi quotidianamente, creando viva aspettativa tra il pubblico, soprattutto quello dei tanti italo-americani che non potevano non provare orgoglio per quel lembo d’Italia che solcava gli oceani. Quando la nave sfilò sotto alla Statua della Libertà e risalì maestosamente l’Hudson, scortata dai getti festanti dei rimorchiatori e da un corteo di imbarcazioni, l’emozione divenne immensa. La strada costiera di Manhattan fu paralizzata dalla folla accorsa per vederlo passare; 20mila furono i fortunati che, pagando i 25 cents del biglietto, poterono visitare quel pezzo di Patria, mentre la polizia riuscì a stento ad allontanarne altrettante che nei giorni seguenti si sarebbero messe pazientemente in coda fin dalle prime luci dell’alba per tentare di salire a bordo. Anche in questo caso il New York Times scrisse che non si era mai visto nulla di simile a memoria d’uomo nella metropoli americana.
Nel dicembre 1932 il Rex effettuò il suo primo viaggio di piacere ai Caraibi con 800 turisti americani. L’industria della crociera di massa in quell’area era naturalmente ancora ignota ma il successo fu immediato. La conseguenza fu che, in bassa stagione, tutti i transatlantici italiani cominciarono ad offrire questa forma allora inconsueta di vacanza, garantendo così la sopravvivenza della grande unità passeggeri anche quando, quarant’anni dopo, l’aereo minerà definitivamente la supremazia delle navi come mezzo di trasporto intercontinentale. Il Rex effettuò altre celebri crociere, in Mediterraneo e in Sud America, spingendosi anche a Rio de Janeiro, in occasione del Carnevale. Ma la Riviera galleggiante (come fu soprannominata la nave italiana), non fu soltanto un meraviglioso albergo mobile. Sempre e innanzitutto si dimostrò piuttosto un levriero oceanico, con lo scafo pensato per correre, capace di grandi velocità senza il disturbo di rumori e vibrazioni, grazie alla forma perfetta della sua carena. Fu così che nell’agosto 1933, al comando di Francesco Tarabotto, filò da Gibilterra a New York in soli 4 giorni, 13 ore e 58 minuti, alla fantastica media di 29 nodi, con punte di trenta e più. Per il Rex fu un trionfo: si aggiudicò il Nastro Azzurro ed entrò nel mito. Aveva battuto le ammiraglie inglesi, francesi e tedesche conquistando il titolo di nave più veloce del mondo. Le sue macchine Ansaldo furono spinte al massimo per ottenere quei 144mila cavalli necessari al record: il più potente apparato motore mai realizzato dall’uomo fino ad allora, che polverizzava nelle sue dodici caldaie qualcosa come 1100 tonnellate di nafta al giorno, non tradì le aspettative. Il Rex, sostenuto da una campagna pubblicitaria straordinariamente moderna sulle principali riviste americane del tempo divenne, per l’immaginario del tempo, una nave leggendaria, non solo quella tecnologicamente più avanzata, ma anche la più confortevole e l’unica adatta ai climi caldi.
La fiaba, tuttavia, era destinata a concludersi rapidamente. La sua carriera attiva, infatti, si sarebbe esaurita in meno di otto anni. Nel giugno 1940 l’Italia entrò in guerra e l’ammiraglia finì in disarmo a Trieste. Dopo l’armistizio i tedeschi la depredarono di tutti i suoi corredi e dei suoi arredi. Un anno più tardi, mentre giaceva abbandonata lungo la costa istriana, aerei alleati la colpirono con 123 razzi incendiari. Il Rex si coricò avvolto dalle fiamme in uno smisurato rogo funebre, bruciando per tre giorni.
Al termine del conflitto gli iugoslavi vantarono il possesso del relitto: pur in gran parte distrutto, rappresentava infatti una miniera di metallo e di suppellettili nella devastazione del Dopoguerra. Tutto quanto era ancora utilizzabile fu recuperato: sanitari e rubinetteria finirono nelle case dei paesi lungo la costa, i lampioni in stile Liberty decorarono le passeggiate a mare, le lance furono riutilizzate per il trasporto locale, macchinari e accessori servirono a rimettere in funzione fabbriche e officine, le 48 tonnellate di bronzo ottenuto dalla fusione di tre eliche (ad eccezione della quarta, ancora là, nel fondo melmoso) fu venduto come metallo pregiato col marchio Bronzo Rex; persino le piastrelle e i mosaici sopravvissuti all’incendio trovarono nuovi utilizzi. Nel 1958 lo scafo fu fatto brillare con potenti cariche esplosive e tutto l’acciaio recuperato venne inviato alle fonderie. Tutto questo non avrebbe però minimamente scalfito la leggenda del Rex né il suo mito, grazie anche a Federico Fellini, che lo avrebbe consacrato nella scena centrale del film Amarcord. Ancora oggi del Rex non si smette di parlare. La sua storia, gloriosa, rocambolesca e tragica come quella di un grande personaggio storico, continua ad ammaliare intere generazioni.
Testo di Maurizio Eliseo, foto Archivio Eliseo, pubblicato sul numero 49 di Arte Navale. Su gentile concessione della rivista Arte Navale. È fatto divieto per chiunque di riprodurre da mareonline.it qualsiasi immagine se non previa autorizzazione direttamente espressa dall’autore delle immagini al quale spettano tutte le facoltà accordate dalla legge sul diritto d’autore, quali i diritti di utilizzazione economica e quelli morali.
pubblicato il 26 Febbraio 2015 da admin | in Navi da crociera, Storie | tag: Ansaldo, Francesco Tarabotto, Nastro Azzurro | commenti: 0