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Chi trova un relitto trova un tesoro?
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In Italia i tesori sommersi li conosciamo soprattutto per i libri di Emilio Salgari. Le avventure del Corsaro Nero e dei pirati della Malesia hanno infati rappresentato per molti di noi e per diverse generazioni una irresistibile attrazione. Più recentemente le avventure dei pirati dei Caraibi, con uno straordinario Johnny Deep, hanno nuovamente avvicinato molte persone a quel mondo e ai tesori nascosti. La loro individuazione è però molto complessa e necessita di approfondite ricerche storiche, mezzi tecnici e, soprattutto, disponibilità finanziarie rilevanti. Molto importante e famosa quella avvenuta nel 1971, dopo anni di ricerche, del galeone spagnolo Nuestra Señora de Atocha,
affondato nel 1622. Fu l’americano Mel Fisher a portare a termine la difficile impresa, recuperando tesori per un valore di oltre 200 milioni di euro, con i quali riuscì a rientrare delle grandi spese effettuate. Il più noto, anche se sicuramente non il più redditizio, rimane quello del Titanic, condotto da Robert Ballard, oceanografo, geofisico e collaboratore della National Geographic Society.

Odyssey nel mare, a caccia di tesori

La società leader a livello mondiale per esplorazioni e recuperi a grande profondità, è la Odyssey Marine Exploration. Negli ultimi anni ha effettuato operazioni di grande successo, con lo scopo primario di recuperare metalli preziosi, gioielli e cimeli di navi affondate. Gli oggetti sono spesso esposti in musei dopo essere stati utilizzati per ricerche storiche o mostrati in programmi televisivi culturali. Il più profondo e importante recupero di metalli preziosi, effettuato da un relitto, è quello del cargo inglese Gairsoppa. Lungo 125 metri, fu affondato durante il secondo conflitto mondiale e giaceva su un fondale di 4700 metri in acque irlandesi, a 300 miglia a sud-ovest di Galaway. Nelle stive trasportava circa 6000 lingotti d’argento corrispondenti a un valore attuale di 150 milioni di sterline e a un peso di 240 tonnellate. La società di recupero Odyssey ha concluso un accordo con il governo britannico in base al quale poteva trattenere, a fronte dell’intero costo delle operazioni di recupero, l’80 per cento del carico assicurato e il totale di quello non assicurato. Nel 2012 sono stati riportati in superficie circa 1200 lingotti.

HMS Victory, un asso nella Manica

Un altro recupero importante, anche dal punto di vista storico, è quello della HMS Victory. Non si tratta però di quella dell’ammiraglio Nelson, anche se il suo disegno ispirò quella del vincitore di Trafalgar. Al momento dell’affondamento, avvenuto il 5 ottobre 1744, era comunque la nave da guerra più potente e tecnologicamente più avanzata dell’epoca. Comandata dall’ammiraglio Sir John Balchin, affondò a causa di una tempesta nel canale della Manica portandosi con sé tutti i 1150 membri dell’equipaggio. Costruita a Portsmouth tra il 1726 e il 1737, è stata la quinta e penultima nave della Royal Navy a portare questo nome. La nave fu individuata nel 2008, sempre dalla società Odyssey che, in accordo col ministero della Difesa, ha recuperato due cannoni. Uno da 12” e uno da 42”. Quest’ultimo, con un peso di 4 tonnellate e una lunghezza di 3.4 metri, era il più potente in quel periodo. Il solo recupero di questo cannone ha fruttato alla società 160mila euro. Probabilmente il vascello stava trasportando in Gran Bretagna una grande quantità di monete d’oro, valutate oggi circa 600 milioni di euro: “Si pensa che a bordo della Victory ci fosse una somma di 400mila sterline che stava portando da Lisbona per i nostri mercanti” scrivera infatti il 18 novembre 1744 la pubblicazione finanziaria olandese Amsterdamsche Courant. Si stima inoltre fossero state imbarcate anche grandi quantità di monete d’oro e d’argento prese dalle navi nemiche catturate da Balchin. Le armi e gli altri reperti saranno esposti nei musei britannici, mentre l’Odyssey riceverà probabilmente la maggior parte di qualsiasi oggetto recuperato.

Anche le Mercedes finiscono in fondo al mare

Se i tesori sommersi sono innumerevoli, a causa delle migliaia di naufragi, anche le difficoltà sono davvero enormi e, in genere, le informazioni scarseggiano o mancano del tutto. Odissey Marine è riuscita a localizzarne alcuni rivelatisi molto fruttuosi, ma molte operazioni sono bloccate dalla non chiara definizione dei legittimi proprietari dei tesori. In effetti i governi stranieri potrebbero richiedere la restituzione anche se i materiali preziosi sono andati smarriti molti secoli fa. Un esempio è quello del veliero Nuestra Senora de las Mercedes, affondato il 5 ottobre 1804 in seguito a uno scontro a fuoco con le navi della Marina Inglese. L’episodio passò alla storia con il nome di Battaglia del Capo di Santa Maria. Il vascello stava rientrando dal Perù con un equipaggio di 337 marinai dei quali solo 50 riuscirono a salvarsi. A bordo c’era un vero tesoro in monete d’oro e d’argento. Odyssey Marine scoprì il relitto in acque internazionali a circa 100 miglia a ovest dello stretto di Gibilterra. Nonostante il veliero giacesse a ben 3000 metri di profondità, si riuscirono a recuperare ben 594mila monete d’oro e d’argento, per un peso totale di 17 tonnellate e un valore di 500 milioni di dollari. L’investimento economico da parte della società fu di quasi 3 milioni di dollari. Il governo spagnolo, tutavia, reclamò la restituzione del tesoro ottenendo una sentenza favorevole da parte della Corte Suprema degli Stati Uniti. I giudici americani decisero che i resti della nave e del suo carico erano di proprietà del sovrano di Spagna e il tesoro fu consegnato a Madrid. Per la Odyssey Marine fu una vera beffa in quanto non riuscì neppure a farsi riconoscere il rimborso delle spese sostenute.

Quando un quadro vale davvero un tesoro

Esistono però possibili retroscena riportati dal giornale il Fatto storico e svelati da WikiLeaks. Sembra, infatti, che alcuni funzionari americani si siano offerti di aiutare la Spagna nella sua rivendicazione in cambio dell’assistenza nel recupero del quadro Rue St Honoré Après-midi. Effet de Pluie, di Pissarro, trafugato dai nazisti durante la seconda Seconda guerra mondiale. Il dipinto, a tutt’oggi, è ancora esposto al Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid. In una conversazione con il ministro della cultura spagnolo, César Antonio Molina, l’ambasciatore statunitense a Madrid, Eduardo Aguirre, cercò di collegare la rivendicazione del tesoro ai tentativi del cittadino americano Claude Cassirer, nipote della legittima proprietaria del dipinto prima della guerra, di recuperare tale dipinto. L’ambasciatore sostenne infatti che, sebbene le vicende dell’Odyssey e di Cassirer non fossero collegate, era nell’interesse dei due governi approfittare di qualunque margine di manovra per risolvere entrambe le questioni. Il ministro rifiutò di collegare i due casi, sostenendo la separatezza delle questioni. Ciononostante promise d’incontrare Cassirer per discutere la questione, tant’è che il direttore delle politiche culturali, Guillermo Corral, si disse pronto a studiare “soluzioni creative”, dando il giusto riconoscimento alla famiglia di Cassirer. Attualmente il quadro è sempre a Madrid in attesa, probabilmente, di momenti più tranquilli.

Testo di Tealdo Tealdi, pubblicato sul numero 76 di Arte Navale. Su gentile concessione della rivista Arte Navale. Le immagini sono pubblicate su gentile concessione della rivista Arte Navale. E’ fatto divieto per chiunque di riprodurre da mareonline.it qualsiasi immagine se non previa autorizzazione direttamente espressa dall’autore delle immagini al quale spettano tutte le facoltà accordate dalla legge sul diritto d’autore, quali i diritti di utilizzazione economica e quelli morali.

pubblicato il 1 Aprile 2024 da admin | in I grandi relitti, Storie | tag: Cassirer, Gairsoppa, HMS Victory, Nuestra Senora de las Mercedes, Odissey Marine, tesori | commenti: 0

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Commenti recenti
  • Beppe 20 Giugno 2025 at 10:00 su Mondovela, un mondo di vacanze da sogno
    per chi sogna di trascorrerle navigando
    Aveva ragione la Giuly, davvero bravi....
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