Il mare come non lo avete mai visto

Articoli presenti nella categoria 'Storie'

Gorghi, i mostri pronti a inghiottire
il mare creando spettacoli da brividi

Chiunque abbia letto Una discesa nel Maelström, l’allucinante racconto scritto nel 1841 da Edgar Allan Poe, non può non essere rabbrividito figurandosi l’enorme gorgo che si spalanca nel Mar di Norvegia, a poca distanza dalle scogliere della leggendaria isola di Vurrgh. Il medesimo leviatano inghiotte il Nautilus del capitano Nemo nelle ultime pagine di Ventimila leghe sotto i mari, capolavoro di Jules Verne, ed è citato da Herman Melville nel suo immortale Moby Dick. Ma quale fondamento di verità si nasconde tra le pieghe della finzione letteraria? Poe e i suoi colleghi trassero ispirazione dalle dicerie suscitate dalla celebre Carta Marina, la prima mappa della penisola scandinava, stampata nel 1539 in base ai disegni e alle annotazioni dell’ecclesiastico svedese Olaus Magnus. In questo documento il Maelström viene descritto come una corrente ben più potente di quella di Cariddi. Altra fonte d’informazione, apparentemente più attendibile, fu una descrizione vergata nel 1715 

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Italsub, immergerci nel lavoro è un’impresa
che portiamo a termine benissimo da 30 anni

Immerso nel lavoro: un modo di dire diffusissimo per descrivere una persona completamente “sprofondata” nell’attività che sta svolgendo. Per Massimo Garbarino, imprenditore genovese, non è solo un modo di dire: lui, conosciuto sui moli e sulle spiagge di tutta Italia, e non solo, con il soprannome di “ ambin”, nel lavoro si immerge davvero visto che la sua impresa, l’Italsub, da oltre 30 anni realizza opere marittime e lavori subacquei lungo le coste. Realizzando un vero e proprio mare d’interventi. Passando, come esordisce, da “operazioni di routine quali ormeggi, gettate di cemento, moli e quant’altro, ad attività molto più interessanti e impegnative, come il recupero di scafi affondati e riprese video e fotosub, senza dimenticare forse i lavori più affascinanti in assoluto: gli scavi archeologici sui fondali”. Interventi che in molti casi hanno conquistato le prime pagine dei giornali

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Michelangelo, il transatlantico
sfuggito all’apocalisse in Atlantico

Un’onda apocalittica, mostruosa, assassina. Il colpo vibrato alla Michelangelo dall’Atlantico in tempesta fu descritto via radio ai cronisti di mezzo mondo coi termini più drammatici, ma nessuno riuscì a farsi un’idea realmente adeguata della sua violenza fino a quando la nave giunse a New York, al termine di quella sfortunata traversata della settimana di Pasqua del 1966. Era passata da poco l’alba del 16 aprile, il profilo del ponte da Verrazzano e la statua della Libertà affioravano e sparivano tra sbuffi di foschia, quando la Michelangelo, bandiera a mezz’asta e un telo di fortuna a coprire la ferita sotto al ponte di comando, apparve ai reporter che le erano andati incontro sui guardacoste. 

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La nave nera riemersa dopo 4000 anni
e subito riscomparsa negli abissi

Far rivivere il passato, riportare a navigare sulle onde del mare una barca di più di quattro millenni fa. A lanciare la  sfida, quasi impossibile, è stata la squadra di archeologi e studiosi che ha deciso di ricreare, sulla base di testimonianze scritte e di geroglifici, Magan, una nave dell’età del bronzo.  La storia di questa fantastica operazione comincia nel 1984, quando l’archeologo Maurizio Tosi, dell’Ismeo, l’istituto studi medio orientali, si trova a esplorare il territorio vergine del sultanato di Oman, regione della Penisola arabica, tra l’Africa e l’India, che si affaccia sull’oceano Indiano.

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Andrea Doria, ecco tutta la verità su
un disastro sommerso da troppi misteri

L’Italia affacciata sulla seconda metà del XX secolo appare un luogo di grandi speranze. Ogni aspetto della vita sociale attraversa un periodo di profonde trasformazioni e riscatto civile, dopo le distruzioni e le sofferenze causate dal grande conflitto mondiale. Uno dei settori industriali in maggior fermento è rappresentato dalla cantieristica navale. Infatti i collegamenti commerciali con il continente americano acquisiscono una valenza prioritaria per la rinascita economica dell’Europa e, in tale contesto, la lungimirante politica dei primi governi democratici dedica una particolare attenzione allo sviluppo di nuove costruzioni navali.

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Belem, la nave che ha cambiato faccia
tre volte restando sempre bellissima

Si chiama Belem ed è bellissima. Tranquilli, non è un errore. Abbiamo scritto Belem e non abbiamo sbagliato l’ultima lettera. Non stiamo nemmeno pensando alla cittadina brasiliana che sorge sul Rio degli Amazzoni, fascinosa come poche secondo chi l’ha visitata, o della torre simbolo della città di Lisbona, Patrimonio dell’Umanità. Il Belem è una nave, il più antico tre alberi tutt’ora navigante in Europa e fra i più prestigiosi velieri al mondo. La sua è una storia che merita di essere raccontata. Tutto iniziò nel 1896, quando Fernand Crouan, un armatore di Nantes, pensò di dover irrobustire la sua flotta impegnata nei commerci verso le Indie occidentali. Diede così ordine al cantiere Dubigeon di Nantes di costruire per lui un veliero tre alberi in grado di trasportare velocemente cacao e zucchero dal Nuovo Mondo per la fabbrica di cioccolato Menier 

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L’incredibile faro di Bell Rock, una delle
sette meraviglie del mondo moderno

Dalle livide acque del Mare del Nord, al largo delle coste di Abroath, nella contea scozzese di Angus, si erge una delle cosiddette Sette meraviglie del mondo industriale: il faro di Bell Rock. Costruito tra il 1807 e il 1810, la sua storia ha i toni dell’epopea. In questo tratto di mare, a circa 18 chilometri dalla terraferma, uno scoglio a pelo dell’acqua ha minacciato per secoli le navi dirette verso l’insenatura di Edimburgo, il Firth of Forth. Un luogo sinistro, subdolo, sempre pronto a reclamare le vite di innumerevoli marinai; le rocce, affilate come denti di sega, affiorano in superficie solo per poche ore durante la bassa marea, per poi celarsi in famelica attesa.

pubblicato il 27 Settembre 2025 da | in Fari, Storie | tag: Bell Rock, Bishop Rock, faro di Eddystone, faro di Skerryvore, Firth of Forth, HMS York, John Rennie, Robert Stevenson | commenti: 3
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L’isola che non c’è è esistita davvero
ma è vissuta solamente cinque mesi

Il 22 giugno 1831 i siciliani avvertirono uno strano tremore della terra, poi ripetutosi anche nei giorni successivi: da Trapani a Palermo fu un susseguirsi di piccoli terremoti che a Sciacca aprirono crepe nei muri delle case e causarono la caduta di tegole e calcinacci. Il 28 di quel mese, il capitano della nave inglese Rapid segnalò di aver visto un misterioso “fuoco lontano, in mezzo al mare”; cinque giorni più tardi, alla Secca del Corallo – oggi nota come Banco Graham – il mare prese a ribollire, mentre alcuni pescatori che stavano raccogliendo una gran quantità di pesci venuti a galla, svennero per le esalazioni. Il 5 luglio si avvertirono forti scosse sismiche a Marsala e appena due giorni dopo il comandante della nave Gustavo, Francesco Trifiletti, fu il primo a vedere la nuova isola sorta dal mare, mentre “sputava in cielo cenere e lapilli”. La completa emersione avvenne tra il 16 e il 18 luglio. Situata circa 16 miglia a sud-ovest di Sciacca,

pubblicato il 22 Settembre 2025 da | in Storie | commenti: 0
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Navi faro, se migliaia d’imbarcazioni
sono sfuggite al naufragio il merito è loro

Quando nel giugno 1989 il “bateau-feu” (nave faro) Sandettie ritorna nel porto di Dunkerque, il terzo per importanza dei traffici marittimi francesi, è accolto dalla popolazione come un eroe. Sui moli e in città si rende omaggio alla nave che per 41 anni ha prestato servizio sui banchi di sabbia più pericolosi della Manica. Il 1989 è l’anno del bicentenario della Rivoluzione ma è anche l’anno che segna la fine di un secolo e mezzo di vita e avventure dei “bateaux-feu”, le navi faro francesi.

pubblicato il 22 Settembre 2025 da | in Fari, Storie | tag: banchi di sabbia, bateau-feu, Jacopo Brancati, light-ship, nave faro Sandettie | commenti: 0
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Tonnara di Favignana, qui pescate
le più incredibili storie di mare

L’ex stabilimento Florio di Favignana, un gioiello di archeologia industriale, non solo era il luogo dove venivano custodite le attrezzature, le ancore e le barche della mattanza, ma era anche una delle più fiorenti industrie di lavorazione conserviere del tonno e rappresentò anche la storia della famiglia Florio. Il complesso, grazie alla sua architettura con grandi archi e i soffitti altissimi, ricorda le cattedrali.

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